Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 10 gennaio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 10 gennaio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 10 gennaio 2023.

TOP

LUCA ANTONIO FALLICA

Le impronte sono quelle di Papa Francesco. Ancora una volta. Le ha lasciate in maniera ben evidente nella scelta del 193° abate di Montecassino: esattamente come ha fatto quasi sempre nelle sue nomine di cardinali e vescovi. A sorpresa, quasi mai prevedibili, puntando sull’anima più che sull’uomo in carriera. E così è stato anche nell’individuazione di Luca Antonio Fallica per la cattedra di San Benedetto. (Leggi qui: Perché è il rev. Fallica il 193° abate di Montecassino).

Ci sono cardinali che fino ad un attimo prima non erano nemmeno vescovi. E preti che con altrettanto doppio salto si sono ritrovati arcivescovi. Come loro il reverendo Fallica , fino a mezzogiorno di ieri quando la Sala Stampa Vaticana ha fatto il suo nome, nemmeno immaginava di potersi ritrovare alla guida di una delle capitali europee del monachesimo. «Pensavo di continuare a fare il semplice monaco, dopo essere stato per dodici anni priore della mia comunità. Oggi, la nomina del Santo Padre, mi ha colto di sorpresa» ha rivelato a Il Messaggero.

È un triplo segnale. Scegliendolo, Papa Francesco ha ribadito ancora una volta il suo no ai religiosi in carriera ma a scelte basate sullo spirito. Ha confermato la sospensione della tradizione che lasciava ai monaci di Montecassino la possibilità di scegliere il loro abate: il Santo Padre nei fatti ha respinto la designazione fatta il 16 agosto scorso dal Capitolo di Montecassino che aveva indicato padre Mauritius Wilde. Il terzo segnale è la conferma della visione che Francesco ha del monachesimo: i monaci si ritirano dal mondo per ritrovare Dio, i preti girano il mondo per portarcelo. (Leggi qui: Il segnale di Francesco attraverso Montecassino).

Una scelta che imprime una forte spinta a Montecassino. Padre Fallica è uno che ha scelto il monachesimo dopo la laurea e con altri nove amici ha fondato una Comunità poi entrata nei Benedettini. Come San Benedetto. Proprio quello che ci voleva per Montecassino. Per questo, la sua designazione è stata una sorpresa: ma solo per quelli che non conoscono il modo di pensare di Papa Francesco.

Scherzi da prete… anzi da Papa.

DANILO GROSSI

Danilo Grossi con Enzo Salera

And the winner is… Si scopre sempre alla fine della corsa il nome del vero vincitore. Lo puoi individuare solo quando ha tagliato il traguardo, con il volto madido di sudore, l’espressione contratta dalla fatica, le gambe malferme dopo avere bruciato tutto.

Il vincitore della corsa è Danilo Grossi: spin doctor dell’amministrazione Salera, portavoce regionale del movimento di sinistra Pop, voce fidata della capogruppo di Nicola Zingaretti Marta Bonafoni, assessore della Giunta Comunale di Cassino. Ha vinto lui la corsa che ha rischiato di uccidere politicamente Enzo Salera ed il progetto che tre anni e mezzo fa lo ha portato a conquistare Cassino.

L’unico ad avere capito che quella di Salera rischiava di essere una corsa suicida, due mesi fa è stato Danilo Grossi. Che lo ha detto nell’unico modo che conosce: con la voce che è quasi un sussurro, con parole più pesanti del piombo, con una chiarezza adamantina che non lascia spazio ad equivoci. Alla maggioranza riunita, Grossi ha detto che secondo lui era una sciocchezza appoggiare come presidente della Provincia il sindaco di Arce Gino Germani stingendo un’alleanza con Fratelli d’Italia. Una doppia sciocchezza.

Perché proiettava Cassino nel pieno di una guerra tra componenti dalla quale si era sempre tenuto alla larga. Compiendo invece un abbraccio con l’area dell’ex presidente della Provincia Antonio Pompeo che rischiava di essere mortale.

A Danilo Grossi è bastato fare la sua corsa confidando nei polmoni. Si è lasciato superare rimanendo da solo all’ultimo posto della comitiva. Ed ha aspettato che una curva dopo l’altra gli eventi gli dessero ragione. Poi ha iniziato il recupero: all’annuncio della candidatura di Antonio Pompeo alle Regionali Enzo Salera non è andato; nella successiva riunione di maggioranza c’è stato il gran rifiuto dell’assessore Tamburrini che ha detto No al ticket con Pompeo; ora lo sganciamento è completo: nelle prossime ore un documento fornirà libertà di voto alle Regionali per l’amministrazione Salera con chiari riferimenti a Marta Bonafoni.

Vittoria completa, senza nemmeno sudare.

FLOP

WALTER VERINI

Valter Verini (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

L’essenza stessa della democrazia rappresentativa sta nella sua capacità di generare piani di realizzazione che seguono l’onda di chi si giova del suo meccanismo. In politichese alto e nobile verrebbe scritta così. A volerla considerare in punto di brutale franchezza basterebbe dire che chi vince il giro di giostra decide il colore dei cavallucci.

Ed il fatto che Giovanni Legnini non sia più commissario straordinario per la ricostruzione post sisma de L’Aquila rientra in questa casistica elementare, legittima e legittimamente indigesta per chi via via né deve subire gli effetti.

Legnini è stato sostituito dal senatore di Fratelli d’Italia Guido Castelli e Giorgia Meloni ha messo firma e passato palla di neo nomina alla Corte dei Conti.

Ma allora perché il senatore del Pd Walter Verini ha detto che “il governo non ha voluto ascoltare i tantissimi sindaci, le tantissime associazioni della zona del cratere che chiedevano la conferma di Giovanni Legnini come commissario per la ricostruzione“?

Perché il suo è un discorso di bottega camuffato da proclama di popolo: “Legnini ha lavorato bene in questi anni, in un rapporto costante con quelle comunità e ha avviato un processo di ricostruzione concreto, che si tocca con mano“. E ancora: “Ora il governo ha compiuto una scelta politica e ha nominato un esponente della destra che ci auguriamo faccia bene“.

Ecco, una “scelta politica“. E cosa c’è di male nel fatto che un governo politico faccia una scelta politica? Che stavolta la scelta svantaggia una parte, che non è quella dei cittadini, ma è anch’essa politica. Quella la cui politica ha perso il 25 settembre 2022.

Stacce.

GIUSEPPE VALDITARA

Giuseppe Valditara

Non è stato difficile pensare a Giuseppe Valditara come uno dei potenziali protagonisti in zona di potenziale ombra dell’anno appena iniziato. Non lo è per preconcetto ed ogni smentita sarà gradevole come la pioggia di steppa. Tuttavia i dati, quelli che gli studiosi chiamano i “marker”, dicono che Valditara la sua nicchia di durezza l’ha già occupata a prescindere dai vaticini tipici del periodo.

Partiamo dal contesto: Valditara si occupa di scuola, è il Ministro di un mondo dove si combinano gioventù, sapere e crescita. E in quel contesto il ministro ha già messo i suoi paletti: ha citato l’umiliazione come panacea, ha contrappuntato minacciosamente la mistica del dovere ed ha caldeggiato come un ossesso il reset del Reddito di Cittadinanza a chi non conclude il ciclo di studi e non si forma.

Insomma, a poche ore dalla avvenuta riapertura delle scuole e dall’esordio non più vacanziero del 2023 il ministro Valditara ha già fatto di tutto per disseminare di cocci la strada di un universo già sdrucciolo di suo.

Un mondo che nei mesi a venire dovrà colmare ritardi atavici e grandi gap innescato dalla pandemia. Ma anche un mondo in fibrillazione e pronto al muro conto muro se minacciato su valori basici e con rivoluzioni troppo frettolose e draconiane. Ecco, Giuseppe Valditara non sarà necessariamente un cattivo ministro sul più delicato dei teatri, ma ha fatto già moltissimo per indurre molti a credere che pensarlo non sia del tutto sbagliato.

E magari da qui a qualche mese a pensare di aver avuto ragione nel pensarlo.

Sorvegliato speciale.