Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 21 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende martedì 21 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e cosa hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 21 giugno 2022.

TOP

ROBERTO GUALTIERI

Roberto Gualtieri (Foto: Andreo Panegrossi © Imagoeconomica)

Mercoledì sarà a Cassino e parteciperà alla Consulta dei Sindaci del Cassinate in tema di Rifiuti. Roberto Gualtieri sarà in sala Restagno a Cassino dalle 17:30. Per la prima volta un sindaco di Roma capitale avverte la sensibilità di confrontarsi con i sindaci dei territori che gli hanno fatto per anni da pattumiera.

Verrà per rassicurare che Roma non intende usare ancora la Ciociaria come discarica. Anche perché – pur volendo – non ci sono più spazi disponibili da quando è stata chiusa la discarica di Roccasecca” come ha evidenziato il sindaco di Cassino Enzo Salera. Inoltre, riceverà l’appoggio dei sindaci al suo progetto per la costruzione di un termovalorizzatore nella Capitale. “In questo modo Roma sarà autonoma e le province non dovranno più sopperire alle sue carenze” hanno detto.

Al di là di ogni contenuto: Roberto Gualtieri dimostra lo spessore del sindaco di Roma, talmente grosso da non temere di ridimensionarsi andando ad un’assemblea in programma a Cassino. Ne evidenzia la sensibilità: nessuno dei suoi predecessori aveva mai sentito la necessità di ringraziare per l’assistenza assicurata a Roma nel gestire la sua emergenza.

Questo sindaco è differente.

BEPPE GRILLO

Beppe Grillo (Foto Paolo Cerroni © Imagoeconomica)

È il più lucido nel branco di sprovveduti che anima il dibattito all’interno del Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo è furente per gli stracci che volano tra i suoi e finiscono dritti sui giornali.

I bene informati assicurano che ieri avrebbe espresso tutto il proprio disappunto: per i toni usati e per i titoli che parlavano di una possibile espulsione di Luigi Di Maio. Una guerra interna che non piace al garante del Movimento.

Perché? “Così ci biodegradiamo in tempi record” si sarebbe sfogato il fondatore dei 5 Stelle. proprio il termine espulsione usato contro l’attuale ministro degli Esteri lo avrebbe mandato su tutte le furie

Grillo è convonto invece che le esternazioni fatte da Luigi Di Maio a Gaeta durante il Blue Forum andassero ignorate, non cavalcate in tempi comunque complessi.

Quanto al dossier Ucraina, assicurano fonti vicine al leader Giuseppe Conte, i contatti tra Grillo e l’ex premier sarebbero continui, concordi sulla necessità di una de-escalation militare e su una riflessione che coinvolga il Parlamento su nuovi invii di armi a Kiev.

Illuminato e si vede.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto Sara Minelli / Imagoeconomica)

In mezzo a tante cose che ha capito a metà, Giuseppe Conte ne ha capita una per intero ed ha agito di conseguenza. Non ha espulso, non ancora almeno, Luigi Di Maio dal Movimento Cinquestelle per l’insanabile frattura sulle scelte atlantiche dell’Italia nella guerra in Ucraina. Il presidente lo ha “solo” sfiduciato eticamente, lanciandogli un penultimatum forte più di ugola che di atto. I presupposti c’erano tutti e, al di là di torti o ragioni che di certo non appartengono del tutto ad alcuno dei due contendenti, Conte è pur sempre un leader di partito.

Uno che cioè non può certo farsi passare la mosca sotto il naso se un esponente gallonato dello stesso sconfessa apertamente la sua linea politica. Insomma, il problema non è armi si o armi no all’Ucraina, quello è problema che sta su un piano diverso di quello attuale. Il problema è che i pPartiti sono un po’ come il generale Patton, loro la democrazia la devono difendere e diffondere, ma non sta scritto da nessuna parte che al loro interno debbano praticarla. Perciò la posizione governativa oltranzista di Di Maio era di fatto incentivo fortissimo all’esecuzione in pubblica piazza di “Giggino”.

Ma Giuseppe Conte è uno che pian piano sta imparando: da premier emergenziale all’ennesima potenza aveva fatto cose ottime, ma da capo di Partito vive un sempiterno apprendistato di cazzimma.

A modo suo è andato a meta: Di Maio per ora non sarà espulso. Ed in quattro ore di summit notturno con i 14 componenti del Consiglio e con i “falchi” che parlavano di “corpo estraneo” a spingere come ossessi è stata ribadita la linea mediana. Quella cioè della mozione anti armi. Verrà portata domani a Draghi, ma senza la testa sul vassoio di uno degli uomini chiave di Draghi, il suo primo rabdomante del gas che non sia russo.

Cp’è però un fatto: in questo modo il MoVimento continua a decidere di non decidere. Sfiducia ma non sconfessa, contesta ma non espelle. Si ferma sul solito confine: quello tra il dire ed il fare. Un confine sul quale non ha avuto esitazioni Mario Draghi: ieri ha mandato a dire al suo predecessore “Lo sapete che non è una questione di forma”: quella mozione mette in discussione la stabilità del Governo. E quindi la sua credibilità internazionale. Così è Conte che rischia di bruciarsi.

Cartellino giallissimo.

GIUSEPPE ZENTI

Libera Chiesa in libero Stato”: non ebbe dubbi il conte Camillo Benso di Cavour quando si trattò di prendere Roma usando i bersaglieri ed espropriare i beni del ricchissimo Stato Pontificio. Nella sua visione laica delle cose, la Chiesa doveva curarsi delle anime, lo Stato di tutto il resto. Un concetto che ha cercato di ricordare in queste ore monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, città chiamata alle urne per scegliere il suo sindaco. Ma lo ha fatto dimenticando quel confine che è parte integrante dell’Italia unitaria.

Ha mandato una lettera ai suoi parrocchiani scaligeri, scrivendo tra le altre cose che «è dovere dei sacerdoti far coscienza a se stessi ed ai fedeli di individuare quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio. E non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia». Una chiarissima indicazione di voto partita dall’altare. Oltretutto con un tentativo di nascondere la mano dopo avere lanciato il macigno. Infatti monsignore spiega che il compito dei sacerdoti e degli ordinati in genere «non è schierarsi per partiti o persone. Ma è segnalare presenze o carenze di valori civili con radice cristiana».

Che si faccia politica dagli altari è cosa fin troppo ovvia. Ogni predica lo è ed è giusto che così sia: perché la Chiesa ha una visione del mondo che propone alle persone; una visione basata sulla Parola, sull’amore, sulla rivoluzione portata avanti da Gesù di Nazareth. Ecco: è proprio su questo che ha inciampato il vescovo Zenti, a pochi passi dalla pensione. Su quelle tematiche la Chiesa ha compiuto enorme passi in avanti: ponendo l’amore prima di ogni cosa, passando insomma da una visione rigida del Vecchio Testamento con i suoi 10 Comandamenti a quella più moderna riassunta da Cristo con 2 soli Comandamenti che sono il cardine del Nuovo Testamento. Ma quella lettera non lo dice.

Lettere dal passato remoto.