Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 25 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 25 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 25 ottobre 2022

TOP

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti (Foto Andrea Giannetti © Imagoeconomica)

Sarebbe bastato far caso ad un particolare per capire che il suo era un bonus scontato: che cioè nessuno, nella ridda del totoministri per il governo Meloni, ha mai messo in discussione la sua presenza nel medesimo. La genesi dell’esecutivo in carica è stata rapida ma travagliata come poche altre ma lui, Giancarlo Giorgetti, è sempre stato mastice di intenti.

Vuoi perché fosse la kryptonite di Salvini, vuoi perché sia bravo davvero, vuoi perché all’Economia servisse uno di vedute “governiste‘ e non talebano-padane, la scelta su di lui è stata quella di chi ha davanti l’opzione obbligata di un brand.

Il collega in team Draghi Daniele Franco è stato il primo ad essere felice e lo stesso Paolo Gentiloni da Bruxelles non ha nascosto una certa “benevola fretta” nel vederlo all’opera con il governo di destra-centro.

Ma cosa gli toccherà subito a Giancarlo Giorgetti che ama i cavedani del lago di Varese e tifa Southampton? Bollette e gas, cioè due cose su cui essere Giorgetti è una garanzia. Perché quelli come lui, pescatori in acque di limaccia, sanno fare prima di dire, dire senza strafare e non dire se da fare c’è poco.

Casella giusta.

WEBUILD

Webuild

Parlare di Pnrr senza aver la sensazione tattile, concreta ed empirica di quanto esso abbia valore assoluto ha un po’ allontanato dagli italiani la percezione della posta in gioco in questi mesi.

È arrivata la guerra che si è innestata come una talea malefica nel nostro sentire, sono arrivate le elezioni con una campagna elettorale fuori fuso che ci ha confusi. Poi è arrivata la vittoria di Giorgia Meloni ed a suo traino del centrodestra e con essa il sottile risiko concettuale di un Paese che non vuole rinunciare ai suoi fantasmi altrimenti perde una delle sue sponde etiche, a volte di profondità, altre di superficie.

Alla fine è arrivato il teatrino ultimo e ridanciano di un Governo che nasce sotto auspici clamorosamente instabili e, lemme lemme, quatto quatto, Mario Draghi è andato via. E’ andato, dicono, a fare cose più sue in un sistema complesso che ha una stella per simbolo e gli Usa per salvadanaio. Insomma, a noi italiani ce lo devo solo apparecchiare, l’oblio, che ce lo prendiamo a quattro palmenti, siamo popolo lisergico e caciarone e facciamocene una ragione.

Ecco perché quando arrivano notizie come quella su Webuild la più parte di noi, invece che storcere il naso e cercare un omicidio efferato, dovrebbe tirare un sospiro di sollievo. Il Gruppo Webuild ha vinto consorziato un lotto da 616 milioni di euro di valore complessivo. Su cosa? Sulla linea ferroviaria veloce Palermo-Catania. Si tratta di un grosso (ma davvero grosso) progetto di mobilità sostenibile per una regione in cui i collegamenti ferroviari rimandano ad Ombre Rosse con Wayne giovane.

La gara è stata bandita da Rfi e riguarda la tratta Nuova Enna-Dittaino della Palermo-Catania-Messina. Ma chi farà i lavori nel concreto? AdnKronos ha detto che li farà “il Raggruppamento Temporaneo di Imprese che vede come capofila Webuild Italia, in quota al 70% e leader del consorzio realizzatore, insieme con Pizzarotti (al 30%)”. Ed è proprio questa Italia che fa al posto di quell’Italia che blatera che ce lo dovrebbe spiegare, che quando ci son cose da fare e magari vengono fatte il baratro si allontana.

Non di molto, ma neanche di pochissimo.

Fatene ancora.

FLOP

ALESSIO D’AMATO

Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica

Sul piano dell’organizzazione non si discute. C’era lui al timone della Sanità del Lazio quando è arrivato il tifone della pandemia. Ed in poche settimane tutti gli ospedali sono stati rivoltati come calzini e trasformati in una linea del fronte contro il Covid-19 che si è rivelata efficacissima. C’era sempre lui a guidare la Sanità regionale quando è stato necessario passare dalla difesa all’attacco e quindi cominciare a vaccinare tutti. In poche settimane sono nati più centri di vaccinazione che funghi. E pure con più velocità dei porcini nei nostri boschi. Campione di modestia, l’assessore Alessio D’Amato deve averlo dimenticato.

Un’amnesia dovuta forse all’aria elettorale di questi giorni. Nei quali si sta giocando tutte le carte per la sua candidatura alla successione di Nicola Zingaretti sul ponte di comando. I centristi di Azione non hanno mai fatto mistero di volerlo utilizzare come ariete di sfondamento per demolire il Pd ed il suo candidato Daniele Leodori.

Alessio D’Amato deve averlo dimenticato se afferma le cose dichiarate nelle ore scorse. Quelle dette poco dopo il comunicato del Segretario Regionale Cisl del Lazio Enrico Coppotelli che denuncia l’aumento delle persone che chiedono aiuti alimentari.

Cosa ha detto Alessio D’Amato? Che «è un dato assolutamente preoccupante. Occorre mettere al centro l’emancipazione, ovvero creare sviluppo, dare lavoro, dare istruzione e far muovere l’ascensore sociale che oramai è bloccato». Quello studio condotto da ActionAid «fotografa una situazione di disagio che rappresenta un campanello d’allarme importante per tutte le istituzioni».

Tutto bene. Se non fosse che quelle condizioni di emancipazione avrebbe dovuto contribuire a crearle anche lui che è un ‘ministro’ regionale. Le ‘istituzioni’ che dovrebbero allarmarsi… è proprio lui con la giunta di cui fa parte.

È talmente preso dalla campagna elettorale da avere dimenticato chi è e dove sta da anni?

Non è un effetto del vaccino.

ENRICO LETTA

Enrico Letta (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Adesso arriva la faccenda più complicata: la fase che precede i saluti. Perché non può essere dedicata né a preparare le valigie né a svuotare i cassetti. Non mentre il Titanic affonda. Ve lo immaginate il capitano di lungo corso Edward John Smith Jr. con la sua canuta barba da marinaio, riporre camicie bianche e divise blu nel bagaglio personale mentre la gelida acqua dell’oceano Atlantico invadeva i compartimenti del Titanic? È esattamente l’errore che il Segretario uscente Enrico Letta non deve commettere.

I numeri delle elezioni di settembre hanno messo in evidenza due criticità note a tutti. ma che tutti dall’interno hanno finto di non vedere. La prima: il Pd non è un Partito che dialoghi con le masse, nemmeno quelle più piccole; forse parlerà con qualche professionista ed un po’ di imprenditori ma le masse di persone che si candidava a rappresentare proprio no.

La seconda: le correnti lo stanno uccidendo esattamente come uccisero la Democrazia Cristiana; il correntismo in un Partito può e deve starci ma quando c’è un forte collante ideologico a tenere tutto unito; cosa che qui è evaporata poche ore dopo la fondazione. Anzi, a sentire il profetico discorso d’addio del ministro Fabio Mussi nel giorno della fondazione, non c’è mai stato quel collante.

Ora Enrico Letta deve fare quello che fece il comandante del Titanic: coordinare l’emergenza. E reagire. Scuotere un Partito che non lo ha ascoltato ed ha fatto di tutto per assassinare politicamente anche lui, esattamente come tutti i leader prima di lui. Deve avviare il Pd verso la transizione che verrà guidata dal nuovo Segretario.

Perché è evidente che i temi dei Diritti sono centrali ma solo se si parla a gente con la pancia piena. Ma qui le pance sono vuote. Ed i diritti sono chiacchiere e non fatti. Perché in questi anni la parità è stata solo nei numeri, una leader forte e con le sue idee non c’è stata sinistra. Il merito era una delle bandiere di Ds e Margherita mentre ora sono la prima barriera del confronto con le destre.

Se si continuano a perdere consensi una ragione c’è.

Torni a bordo e chiuda il rubinetto.

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