Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 4 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 4 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 4 ottobre 2022.

TOP

ALBINO RUBERTI

Albino Ruberti © Livio Anticoli / Imagoeconomica

Eccessivo? Con certezza. Competente? Più di chiunque altro. Smart? Velocissimo: nel comprendere il problema e nell’agire. Trasversale? Pochi come lui uniscono la capacità tecnica all’abilità diplomatica. Ma se gli passa la mosca sotto al naso è capace di generare uno sconquasso, salvo poi chiedere scusa (a modo suo) l’indomani mattina.

Con un profilo del genere, il dottor Albino Ruberti, fino a poco tempo fa Capo di gabinetti del sindaco di Roma, era l’uomo perfetto attraverso il quale generare la tempesta perfetta: la procura della Repubblica di Frosinone ora sta valutando chi lo abbia fatto e con quale scopo. Partendo da una premessa: nel chiassoso dopocena di Frosinone finito sui giornali di tutto il mondo perché pretendeva scuse in ginocchio minacciando altrimenti di sparare (con un ombrello) non c’erano reati, non c’erano proposte indecenti, nessuno s’è sentito minacciato (perché i presenti lo conoscevano bene) e infatti l’indomani tutti si erano scusati con tutti per quegli schiamazzi. Fuori luogo ma senza alcun crimine. (Leggi qui: Ruberti, nessun caso: verso l’archiviazione. E nuovi scenari).

In quella storia è altro a non quadrare, bel più della vulcanica sfuriata del dirigente che per quel baccano si è dimesso. A non quadrare è chi ha costruito intorno a quel dopocena fantasiose storie di polizze regalate al fratello dell’onorevole Francesco De Angelis, assunzioni di comodo alla Asl, traffici di rifiuti. Perché nulla è emerso dalle indagini. Anzi. Tutto è stato trovato in regola.

Il sospetto è che dietro a tutto quel caso ci fosse una manina che ha confezionato ad arte un dossier falso. Una manina non nuova a questo genere di operazioni. Nel frattempo il dottor Ruberti (ma pure l’onorevole De Angelis) ha pagato oltre ogni misura una sfuriata certamente eccessiva, ma per nulla legata ad alcunché di ciò che gli è stato attribuito.

Lui ha atteso in silenzio. Consapevole che dopo le elezioni le nebbie si sarebbero diradate. Sta avvenendo. Ha avuto ragione ancora una volta.

L’arma del silenzio.

CARLO BONOMI

Carlo Bonomi, presidente di Confindustria. Foto © Carlo Carino / Imagoeconomica

Ad uno che esordisce dicendo che “a votare sono gli italiani e non le imprese” puoi solo fargli un applauso da farti le mani come zampogne, specie se a dirlo è il massimo rappresentante dell’imprenditoria nazionale. Perché non è stato facile per Carlo Bonomi mettere il senso civico altissimo che deve avere un cittadino prima del senso di stizza fortissimo che deve avere un imprenditore. Questi non sono certo tempi di etica spinta e chi lo negasse mente.

Tuttavia, Carlo Bonomi ha detto altre cose dopo il suo preambolo e dopo un blando “non mi esprimo sul risultato elettorale”. Le ha dette dalla platea casalinga dell’assemblea degli industriali di Varese e le ha dette tanto forti e tanto decise da spazzare via in pochi minuti settimane di fuffa propagandistica da voto: “Noi non tifiamo né per uno né per l’altro. Proponiamo le misure e giudichiamo cosa viene fatto, ma non possiamo permetterci immaginifiche flat tax e prepensionamenti”.

Poi Bonomi ha detto una di quelle cose che stanno a metà fra interessi di categoria ed ovvietà degli obiettivi comuni. Cose che vorremmo sentire più spessi in altri ambiti vellutati: “Non vogliamo negare ai Partiti di perseguire le promesse elettorali ma oggi energia e finanza pubblica sono due fronti di emergenza che non possono ammettere follie per evitare l’incontrollata crescita di debito e deficit“.

Poi l’auspicio neutro ma urgente “Ci auguriamo la formazione di un Governo nei tempi più rapidi possibile”. E non senza un monito a chi oggi cerca di infilare a Palazzo Chigi scherani schierati e non menti adatte alla gravissima bisogna: “Ci auguriamo un Governo con ministri autorevoli, competenti e inappuntabili“.

Detto questo ed un altro paio di cosucce lui, Carlo Bonomi, si è seduto. In attesa che le sue parole arrivassero dove troppo spesso scarseggiano orecchie per ascoltare e menti per riflettere.

Presidenziale.

FLOP

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Negli ultimi giorni ha fatto la talpa che scava intorno al piede della verza grande in orto per portarsi a casa una foglia. Il destino di Matteo Salvini ormai pare essere segnato: è quello di essere il levriero stanco che insegue una lepre in forma come non mai.

E a contare che quella lepre si chiama Giorgia c’è da giurare che l’inseguimento finirà con sei metri di lingua a terra. Usciamo dalla perifrasi ed analizziamo: sulla questione magari un tantino delicata dell’annessione dei 4 territori ucraini da parte di Vladimir Putin è emerso il doppio binario del centrodestra: da un lato una Giorgia Meloni più europeista di Ursula von der Leyen che ha cazziato il Cremlino e non ha riconosciuto l’esito dei “refererendum-farsa”; dall’altro Matteo Salvini che ha semplicemente cazziato Bruxelles.

Dopo neanche un giorno e mezzo il bis: da un lato Meloni che da Milano promette battaglia al caro bollette ma fa capire che se non la investono premier può solo parlare; e dall’altro la Lega che dietro input di Salvini ha fatto sapere che era stato Salvini a parlare per primo del caro bollette e della crisi energetica.

Insomma, i giorni del Capitano del Carroccio sembrano essere ormai scanditi dal tentativo un po’ banale di marcare ogni passo della sua leader esterna per far capire all’interno che la Lega un leader ce l’ha ancora.

E mentre Giorgia Meloni imbastisce quella che l’Huffington Post ha definito la sua “internazionale anti-salviniana” e al Viminale pare ci voglia Tajani lui, Salvini, per stare sul carro di Meloni ed entrare nel governo ma con un minimo di schiena dritta è costretto a fare sia l’amicone che l’anti-meloniano subdolo. Né troppo originale e men che mai troppo sfacciato.

E nel farlo non si accorge che così al Viminale ci andrà solo a riprendersi qualcuno dei suoi cappelli.

Amico fragile.

IL SUCCESSORE DI ROBERTO CINGOLANI

Il ministro Cingolani (Foto: Imagoeconomica)

Una volta ai comandanti sul campo bravi si dava l’onore delle armi, ce lo ricorda lo splendido “I due nemici” con Alberto Sordi e David Niven; e ce lo ha ricordato il Duca d’Aosta in una realtà che è già storia. Sia chiaro, nel suo ruolo di “generale” del ministero della Transizione Ecologica Roberto Cingolani non lo ha sconfitto nessuno finora, se non il siluro lanciato contro Mario Draghi ad agosto, ma il paragone ci sta.

E in ordine al guaio più grosso di tutti che oggi l’Italia ha sul groppone, Cingolani ha fatto la sola cosa che uno come lui poteva fare: ha rassicurato gli italiani. Dicendo: “La situazione per il gas in Italia è positiva”. E prima che qualcuno lo raggiungesse con una roncola ha anche detto: “Stiamo esportando. In questo momento stiamo esportando tra i 18 e i 20 milioni di metri cubi”.

Altro punto su cui Cingolani aveva scommesso ed ha vinto: “Per gli stoccaggi di gas abbiamo preso un impegno europeo di arrivare a fine ottobre al 90%. Ci siamo arrivati a fine settembre e ci sono 40 milioni di metri cubi. Ora vorremmo aumentarli”. Insomma, ci mancava solo che Cingolani ci dicesse che per l’inverno eravamo coperti e il cerchio del sollievo sarebbe stato chiuso e ferreo.

Cingolani invece ha detto una cosa diversa perché c’era una pregiudiziale: “Per questo inverno siamo coperti, al netto di eventi catastrofici tipo un clima molto rigido”. E dopo che Paolo Cirino Pomicino, saggio fra gli stolti, aveva sentenziato che il solo modo per risolvere la questione del caro bollette era “attaccare” la mini borsa bipolare di Amsterdam invece che cazziare solo Gazprom, Cingolani si è dimostrato di un’idea diversa.

No, lui ha detto che bisogna “indicizzare il prezzo del gas agganciandolo a Borse un po’ più stabili rispetto al Ttf che non ha nulla a che vedere con la situazione reale e con i meccanismi di domanda offerta”.

Poi ieri ha chiosato che l’ambasciatore russo a Roma avrebbe fatto bene a dare “spiegazioni sui sabotaggi al Nord Stream”. Insomma, da uscente non ne ha toppata quasi nessuna e al subentrante ha fatto anche gli auguri. Noi al successore di Cingolani glie li facciamo doppi: perché sono tempi grami e perché avrà un fantasma a tormentarlo.

Fatelo Duca.

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