Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 7 febbraio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 7 febbraio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 7 febbraio 2023.

TOP

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni

Fino agli Anni 60 per noi la “pratica svedese” era solo roba galliforme, paleo-suina e buffona da balere. Ma oggi, a parti invertite e luoghi comuni livellati, la pratica svedese di Giorgia Meloni è stata roba serissima su cui la premier si è mossa decisamente bene. Trovando anche il tempo di freddare i bollore dei suoi per il Caso Cospito dopo aver assaggiato il freddo scandinavo essa stessa.

C’entrano sempre le spiagge si, ma non quelle dove si sbircia beltà. Bensì quelle su cui si annusa orrore: le spiagge dei migranti che approdano.

Spieghiamola bene: Meloni è in procinto di presenziare al Consiglio straordinario europeo e deve farlo con Stoccolma che è alla guida del semestre europeo. I presupposti, specie sul tema migranti, sono ruvidi perché se da un lato c’è un’Italia che preme per cambiare molte cose e cambiarle in fretta, dall’altro c’è una Svezia che spinge per non cambiare nulla o per farlo al limite con tempi biblici.

Il rappresentante permanente di Stoccolma a Bruxelles, Lars Danielsson aveva detto “papale papale” al Financial Times che il nuovo patto migratorio non vedrà la luce durante la presidenza svedese: ci si arriverà “non prima della primavera del 2024“. Ecco, la Meloni punta ad oggi. Due posizioni diverse: una premier fresca ma non pivella ed un Paese che sul tema migranti ha le sue vantaggiose sclerosi.

La Meloni insomma aveva tutto lo starter pack per patire e invece è uscita da Stoccolma con un lavorio di grana fine con cui è vero che la Svezia è ancora da annoverare tra i Paesi che non vogliono cambiare le norme attuali ma adesso però sa che ci sono Paesi che vogliono cambiarle. E che uno di essi ha una leader “molto svedese” in approccio, battage e piglio spiccio.

E non perché lei sia bionda e con gli occhi azzurri, ma perché Meloni sa essere arcigna e con gli occhi vispi, tanto da annunciare il viaggio a Kiev e farlo davanti ad un allocchito Olaf Scholz a Berlino. Gli occhi che servono ad una leader che, piaccia o meno, vuole cambiare le cose, in un posto dove a cambiare sono solo le vecchie storielle sceme sulle balere riccionesi.

‘A svedese.

FRANCESCO VINCENZI

Francesco Vincenzi

Sul rapporto strettissimo che c’è fra ciò che cade dal cielo e ciò che manda avanti l’economia di nicchia del Paese noi italiani tendiamo a rifletterci mediamente solo quando di quel rapporto ce ne parla qualcuno. Psicotici del meteo e appesi a iperboli matte come “sciabolata articanon ci rendiamo conto che conoscere il meteo senza credere che si voglia invadere la Polonia è cosa utile.

Una cosa che in termini di deficit idrico per esempio ci ha ricordato in queste ore il presidente dell’Anbi Francesco Vincenzi. L’uomo di punta dell’associazione che raggruppa i Consorzi di Bonifica italiani ci ha ricordato che le quattro piogge cadute nel mese di gennaio non leniranno una carenza idrica che già oggi mette in crisi di portata fiumi come il Po. Non esattamente il torrentello dove da marmocchi si andava a girini.

E il report dell’Anbi non mette affatto al riparo dai rischi di una crisi idrica presente anche nel 2023. In più crea un inquietante scenario di nesso causa-effetto con una frase secca per cui è “a rischio un terzo del made in Italy“. Chi lo dice? Coldiretti, che sui dati Anbi ci ragiona e mette in casella le grane grosse della nostra “Food valley” padana. Quella da cui tiriamo fuori di jolly gastronomici del paese, tipo Grana padano, Parmigiano Reggiano e Culatello di Zibello, tanto per andare di trittico.

Insomma, una rondine non fa primavera e qualche pioggia non fa fine crisi e l’Italia è ancora in pieno deficit idrico. Tutta colpa dei grandi laghi alpini che sono semivuoti e con “la portata del Po più che dimezzata rispetto allo scorso anno”. Il Grande Padre pare un figlio spurio ed è “l’immagine di una crisi idrologica che pare senza fine”. Rispetto al 2022 la portata del Po continua a diminuire, un esempio classico fra i classici? A Torino il segno meno si attesta attorno al 50% mentre in altri punti del fiume supera l’80.

E Francesco Vincenzi l’ha detta tutta, stringata e bene: “La situazione critica del fiume Po si trascina da Dicembre 2020 e condiziona l’economia agricola, nonché l’agroalimentare della principale food valley italiana e riconosciuta eccellenza mondiale”. E Coldiretti gli ha fatto eco funerea ed ha lanciato l’allarme: “Con il Po a secco rischia un terzo del Made in Italy a tavola”.

Cassandra arida.

FLOP

QUELLI CHE VOLEVANO LA FORCA

Il giorno della sentenza

Non è colpa nostra. È che lo abbiamo dentro e nemmeno lo sappiamo. Perché discendiamo da Abramo e siamo stati educati da una cultura che è antica di millenni. Perché a tanto affonda la tradizione del Kippur, il giorno dell’espiazione. È il giorno dell’anno in cui il sommo sacerdote caricava tutti i peccati del popolo su un capro e poi lo mandava nel deserto.

Più che rito religioso è bisogno umano. Per sopportare i nostri errori e ciò che in genere non va intorno a noi, lo dobbiamo caricare su qualcuno o qualcosa. E poi eliminarlo. È un’esigenza talmente connaturata nell’umanità che ne parlano la Bibbia (nel libro del Levitico), il Talmud (il testo fondamentale dell’ebraismo), la Mishnah (altro testo fondamentale per l’ebraismo).

Solo così possiamo comprendere la rabbia forcaiola che ha aleggiato intorno agli imputati assolti nei mesi scorsi dall’accusa di avere assassinato la povera Serena Mollicone, la liceale di Arce scomparsa di casa dopo avere preso il bus per andare a scuola e consegnare la testina di maturità. Ritrovata solo dopo tre giorni: morta, legate e depositata nel bosco che opggi porta il suo nome a l’Anitrella.

I giudici della corte d’assise di Cassino hanno depositato le motivazioni della loro sentenza. Lucide, dettagliate, sostenute da elementi concreti. Sulla base dei quali poteri dire che sono altri gli assassini di Serena e non gli imputati. Che i carabinieri non falsificarono le prove ma c’è invece l’evidenza del contrario. Non spinsero al suicidio un loro collega per impedirgli di parlare. La prova ‘chiave’ la porta che doveva essere l’arma del delitto, il luogo su cui Serena aveva battuto la testa? Non dimostra proprio niente, perché quella porta con ogni probabilità non c’entra niente col delitto.

E tutto il racconto fatto in questi anni? La sentenza lo lascia comprendere: è uscita solo una parte della storia. E quella che non è uscita sta tutta nella sentenza con le sue motivazioni. A qualcuno conveniva così. Creare i mostri, affinché potessimo caricarli di tutte le colpe e mettere finalmente ordine su un delitto di una diciottenne che ancora oggi invece è senza un colpevole.

Sia chiaro. Una Corte d’Appello rileggerà quella sentenza: potrebbe scriverla in modo contrario. E vedere colpevoli dove oggi ci sono innocenti. E non ci sarebbe molto di clamoroso. Ma a condizione che siano colpevoli veri. Perché un colpevole è diverso da il colpevole.

Il capro espiatorio fa parte di noi: ma non siamo più all’epoca delle streghe.

Senza caprone.

FABRIZIO PIGNALBERI

Fabrizio Pignalberi

In psicologia si chiama ‘coazione a ripetere‘. È quel comportamento che porta a fare come i moscerini quando arrivano davanti al vetro, vedono la luce e continuano a sbatterci capocciate senza riuscire a capire che c’è qualcosa di solido e sono loro a non vederlo. Lo stasse sta accadendo a Fabrizio Pignalberi, ostinatamente convinto di poter fare il candidato governatore del Lazio.

Nelle ore scorse il Tar di Roma ha dichiarato inammissibile anche il nuovo ricorso che ha presentato contro la sua esclusione dalla candidatura. Imperterrito ha chiesto l’intervento del Consiglio di Stato. Chiede addirittura di posticipare le Regionali di domenica e lunedì prossimi.

Il fatto è che una parte delle firme portate a sostegno della sua candidatura non solo sono state escluse: ma hanno originato un’inchiesta della Procura della Repubblica di Frosinone che sospetta siano false.

Lui continua a dire che anche senza quelle firme ha comunque prodotto più di quelle necessarie. E qui però c’è il vetro: per poter aspirare a fare il Governatore del Lazio bisogna essere presenti con le proprie liste in almeno tre province del Lazio, ma Pignalberi ora è solo in due.

Ora sarà il Consiglio di Stato ad occuparsene. Mentre la Procura continuerà le sue indagini. Nel frattempo domenica e lunedì si vota. Ma mentre saremo nell’urna, chissà perché, avremo l’impressione di sentire quel violento, continuo, minuscolo ma ostinato cozzare contro il vetro.

La sostanza del vetro.

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