Top e Flop, i protagonisti del giorno: martedì 9 agosto 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 9 agosto 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di martedì 9 agosto 2022.

TOP

ALBERTO COLOMBELLI

Mario Draghi

Alberto Colombelli è un giornalista e scrittore che accasa i suoi concetti sul Sole24 Ore, e le parole che ha dedicato al Pil dell’Italia draghiana lui le ha scritte sul “pezzo” di questo fine settimana pazzoide. Ma oggi arrivano più potenti che mai e chissà perché.

Già, perché? Perché Colombelli poteva immaginare con soave plausibilità come quella dei Partiti italiani sia torcida rissosa, ma non poteva certo sapere che in sole 30 ore di litigiosità il centrosinistra si sarebbe trovato mezzo orfano di Calenda. E il centro destra avrebbe fatto registrare i primi scazzi fra leader sulla questione dei blocchi navali.

Ma lui, Colombelli, tutto questo non lo sapeva e poche ore prima del giro di giostra regolamentare sulla follia partitica tricolore ha pubblicato su Twitter una cosa. Cosa? I dati sul Pil del secondo trimestre 2022, di quando cioè Draghi era in sella a Palazzo Chigi senza la slow motion da manichino fuoriuscito. Quei dati lui li ha riassunti in un tweet che fa male. Fa male al cuore di chiunque abbia buon senso, senza nicchie partigiane o preconcetti ideologici di sorta.

Semplicemente quei numeri davano già prima del pollaio maiuscolo di questo fine settimana la cifra di quanto si possa essere sprovveduti se a prevalere sono le logiche pelose di una certa politica razzolante e col becco a terra. Del 7,6% e battendo Usa, Cina e Germania: ecco di quanto è cresciuta l’Italia con il governo a guida Mario Draghi.

Ed ecco cosa ci siamo giocati in poche ore di etilismo istituzionale, arrivando a farci tirare le orecchie da Moody’s. Lo spiega bene il tweet in questione: “Quanto è cresciuta l’Italia durante il governo Draghi? Con il più ampio incremento registrato tra i grandi Paesi per i quali sono disponibili dati Pil del secondo trimestre 2022”. E poi, in chiosa amara: “Ovunque si chiedono, ma com’è possibile che (Draghi) sia stato costretto a dimettersi?“.

Ah si, i dati relativi al Pil per il secondo trimestre del 2022 dell’Italia dicevamo: con un + 7,6% il nostro paese precede, anzi, precedeva Corea del Sud (5.6%) Francia (5,4%), Canada (5,2%), Stati Uniti (4,9%), Cina (2,7%) e Germania (2,00%). Ecco.

Tafazzi ci spiccia casa.

SERGIO MESSORE

Il sindaco Sergio Messore (Foto: Michele Di Lonardo)

Alla fine con ogni probabilità sarà lui. Non sarà solo il candidato del Partito Democratico alla Camera dei Deputati nel Collegio di Cassino. Ma sarà soprattutto il ramoscello d’ulivo con il quale far fiorire un dialogo concreto e stabile tra il sindaco della città e la Federazione provinciale.

Enzo Salera da settimane pone con toni ruvidi una questione seria. Il che equivale ad esprimere il proprio interesse per una donna prendendola per i capelli e pretendendo di trascinarla nella propria tana anziché presentarsi con un fascio di rose ed un garbato invito a cena per approfondire la conoscenza.

La questione è la necessità dell’intero sud della Provincia di sentirsi rappresentato dal Partito. E sentirsi coinvolto nelle sue scelte. Un problema vero: dettato non da insensibilità o da un inesistente senso di altrettanto inesistente superiorità. Ma dal fatto che quasi tutti i dirigenti sono espressione dell’area da Frosinone in su. Vero è pure che Enzo Salera ha i suoi modi e pretese non sempre condivisibili: è l’uomo forte del Pd ma il dialogo istituzionale del Partito va fatto non con lui ma con il Segretario cittadino; che piaccia o meno, seppure di sua totale fiducia, esiste ed esercita un ruolo.

Sergio Messore sindaco di Sant’Ambrogio sul Garigliano è con quasi certezza il candidato Pd alla Camera nel collegio Cassino – Terracina. È una scelta intelligente al di là dell’uomo: perché – ha ragionato Enzo Salera – occorre un elemento aggregante che spinga i sindaci ad andare alle urne e portare al voto i cittadini, su un nome che riconoscono.

Quel ragionamento, portato al vice segretario del Lazio Sara Battisti ha trovato subito sponda. È stata lei a rappresentare l’esigenza di Salera al Segretario regionale Bruno Astorre. Che ha dato il suo placet. Portando la questione al tavolo sul quale poi deciderà Enrico Letta come su tutte le altre candidature.

Ma al di là della candidatura, il caso Messore dimostra che se se si vuole dialogare le strade politiche ci sono. Sempre.

Fronda d’ulivo sul Garigliano

FLOP

ENRICA SEGNERI

Enrica Segneri

Ha annunciato il suo addio al Parlamento. La deputata del Movimento 5 Stelle non si ricandida per il secondo mandato. Nel post di commiato ha scritto che  “Non è stato facile per me accettare alcune alleanze al Governo. Non è stato facile votare la fiducia a Draghi. Tutto questo mi è costato molto, soprattutto in termini di entusiasmo nel portare avanti un progetto politico che vedevo con il passare del tempo, purtroppo sempre più arreso a compromessi al ribasso”.

Dice di avere accettato quei compromessi per disciplina di Partito. Una disciplina venuta meno quando si è trattato di votare il provvedimento per l’Ucraina: “Mi sono trovata praticamente sola a votare contro l’invio delle armi. Speravo ci fosse comprensione e disponibilità a lasciare libertà di voto. Invece no, nessuna comprensione, nessun confronto, nulla. Quei giorni furono terribili, la macchina del fango di stampa e tv fu più rabbiosa che mai nel cercare il “filo-putin” del giorno da processare e il mio Partito mi aveva completamente lasciata sola“.

Le considerazioni sono due. La prima. Se non si sta bene in un Partito si esce. La diaspora grillina sviluppatasi durante la Legislatura ha creato una mezza dozzina di alternative in cui molti degli eletti nel M5S si sono poi collocati. Alla Camera c’è spazio addirittura per chi non sta bene in nessun Partito: il Gruppo Misto esiste anche per questo. Invece l’onorevole Enrica Segneri è rimasta. Fino all’ultimo giorno. Condividendo tutto.

La seconda. Il suo disagio lo ha reso pubblico quando le hanno comunicato che se intendeva ricandidarsi doveva sottoporsi al giudizio dei suoi elettori passando per le Parlamentarie. Un segnale chiaro. Se anche le avesse vinte, difficilmente Giuseppe Conte le avrebbe assegnato una postazione eleggibile. Perché in Italia è lecito anche votare in dissenso al proprio Partito. Ma il Partito ha tutto il diritto di sostituire chi dissente con chi invece è con lui in totale sintonia. E non fa sorprese al momento di votare. Soprattutto quelle che fanno finire su tutti i giornali con il sospetto di filo putinismo.

Stellina tramontata.

CARLO CALENDA

Carlo Calenda (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

In politica ogni scelta è legittima. E per questo una delle regole fondamentali è che ‘gli accordi si fanno per poterli poi stracciare‘. Cinico, pragmatico ma efficace. Che però non esenta dalle critiche. Come nel caso di Carlo Calenda e la sua scelta di disdire il patto con il Partito Democratico per presentarsi insieme alle elezioni Politiche del 25 settembre .

Ripensarci è legittimo. Soprattutto se accompagnato dalle motivazioni fornite in diretta televisiva dalla trasmissione di Lucia Annunziata. Prenderle per buone o bollarle come pretesti di bassa bottega è molto questione di tifo e della curva dalla quale si assiste alla partita.

Un dato però non può essere negato. E questo a prescindere dalla curva. Non si fornisce un buon esempio agli elettori quando si sottoscrive un patto e poi si fornisce disdetta entro pochi giorni. Perché è quantomeno da sprovveduti stringere un accordo con chi poi non lo rispetta: si è perlomeno sbagliato a valutare il proprio interlocutore, pesare le sue intenzioni, prospettare scenari comuni.

E uno che sbaglia a valutare Enrico Letta come può anche solo lontanamente immaginare di sedersi ad un tavolo europeo per confrontarsi con gente come gli attuali interlocutori tedeschi, francesi o russi?

A meno che non si voglia ammettere che è stata tutta una pantomima. Un modo per attrarre Letta dentro un accordo e poi disdirlo nel momento in cui i sondaggi non sono stati premianti. Ma questo varrebbe come ammissione di doppiezza e inaffidabilità. Che in politica ci sta eccome. Ma non esenta da critiche. E dalla patente: o di sprovveduto o di inaffidabile.

Disdetto .

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