Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 1 febbraio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 1 febbraio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 1 febbraio 2023.

TOP

CARLO NORDIO

Il Guardasigilli Carlo Nordio

Già, il ministro oggi si becca il bonus dell’ubiquità perché ha detto cose sensatissime ed altre meno su una vicenda spinosa davvero. Il caso è quello ben noto di Alfredo Cospito . Nordio le ha dette a proposito delle affermazioni molto ma molto in iperbole di Giovanni Donzelli, proconsole meloniano di grana finissima, numero due del Copasir e fautore di un’accusa alla Camera per la quale alcuni parlamentari del Pd, avendo visitato l’anarchico in carcere, sarebbero “indecisi” a suo dire sul grado di lotta che la sinistra avrebbe in animo contro mafia e terrorismo.

Roba forte. Che non poteva passare sotto tono. Ed a cui il Guardasigilli ha risposto a tono dopo che a Montecitorio era andata in scena una versione idrofoba del dualismo destra-sinistra. Donzelli aveva insinuato come nel ruolo di parlamentari i dem Serracchiani, Verini, Lai e Orlando, avessero per lui instillato dubbi in quanto a dove schierarsi: “Voglio sapere se la sinistra sta con lo Stato o con i terroristi che stanno con i mafiosi“.

Nordio doveva dirla chiara perché il tema è spinoso e non ammette sofismi da latinorum. Perciò chiara, chiarissima gli è venuta: “Escludo in via assoluta che vi siano rapporti tra esponenti del Pd, e non solo del Pd, ma tutti i parlamentari

Poi un piccolo memento per Donzelli: “E’ scritto nella legge che i parlamentari hanno sempre diritto di visitare i detenuti, ovviamente nei limiti della sicurezza e di quello che ne segue“. E la chiosa è stata plumbea e tombale sullo scenario evocato dal pretoriano della “principale” del ministro: “Che poi questo possa essere addirittura un veicolo… beh, è ovvio che non lo è“.

Non neghiamo un sospiro di sollievo.

Redento.

ANTONIO SALVATI

Antonio Salvati

Bando alle ciance. E pure alle simpatie dei tifosi ed alle antipatie degli avversari. Perché l’ex sindaco di San Giovanni Incarico Antonio Salvati è così: o lo si ama o lo si odia. Di più ancora: o lo si idolatra o lo si detesta.

Divisivo lo è sempre stato. Osannato ed eletto a furor di popolo, rieletto ogni volta con percentuali che non lasciano margini all’indugio. Avversato al punto di vedere unirsi a comizi già cominciati (fatto più unico che raro), i suoi oppositori pur di scalzarlo.

Di lui si è occupato il Giudice delle Udienze Preliminari di Cassino. Cioè il magistrato che deve esaminare i fascicoli portati dagli inquirenti e stabilire se ci sia ciccia investigativa per imbastire un processo. Oppure non si debba perdere tempo.

E nel caso di Antonio Salvati il magistrato ha chiuso la faccenda legata alle 105 assunzioni fatte con i fondi comunali nel 2017, a ridosso delle elezioni. Veniva ipotizzato il peculato perché a quegli assunti ed alle loro famiglie poi si poteva chiedere il voto per le imminenti Comunali. Per il capo d’imputazione quelle assunzioni avvennero “non rispettando le leggi e principi di imparzialità e pubblicità imposti per il lavoro nella pubblica amministrazione». Tradotto: avrebbero chiamato chi volevano senza far sapere a tutti l’esistenza del bando.

Accuse condivise con gli ex assessori Roberto Toti ed Antonio Carnevale e con l’ex segretario comunale Andrea Nappi. Tutti sono stati assolti: gli atti amministrativi e le assunzioni erano regolari, come già stabilito dalla Corte dei Conti che nei mesi scorsi aveva archiviato la pratica a carico del Segretario.

Seguiranno giubilo e fischi, succede ad essere divisivi. Ma dopotutto il rais Anwar El Sadat nelle sue memorie durante la detenzione, ebbe ad annotare che è impossibile avere l’approvazione di tutti: in politica, metà ti ama e l’altra metà ti odia. Ma al di là di amore o odio: le carte di Salvati erano in ordine e le sue assunzioni erano legittime.

Divisivo ma innocente.

FLOP

CARLO NORDIO

Il Guardasigilli Carlo Nordio

La vita è fatta di alibi e a volte tutti siamo costretti a ricorrere ad ambiti di comodo che ci salvano. Anche se sono ambiti contro i quali concettualmente ci siamo scagliati. E questo destino amaro, amarissimo, non ha risparmiato neanche il ministro della Giustizia Carlo Nordio che ha detto di no alla revoca del 41bis per Alfredo Cospito.

Preambolino secco: il merito di ciò che Cospito merita, di ciò che ha fatto e del rapporto causa-effetto fra ciò che ha fatto e il suo regime carcerario non attiene questo scritto, qui si valuta come ne sono usciti coloro che avevano facoltà di agire ed attinenza vera. C’è un dato: il Guardasigilli ha detto no alla revoca del 41bis per Cospito e lo ha fatto con due sponde: la prima è stata quella di una nota collettiva del Consiglio dei ministri, come a ribadire che lui, che della Giustizia è titolare, è “solo” l’interprete di una linea collegiale.

In punto di logica ci sta ma su temi così verticali come la Giustizia un ministro dovrebbe essere decisamente più “autocefalo”. La seconda sponda è stata impeccabile, irreprensibile ma anche un po’ meschinella, a contare che rappresenta un paradosso. La nota del Cdm “ha ricordato le ragioni che hanno determinato l’autorità giudiziaria a proporre e confermare il regime detentivo di cui all’articolo 41 bis attualmente in essere a carico di Alfredo Cospito”.

Poi – ecco il punto chiave – “nel pieno rispetto dell’autonomia di valutazione della stessa autorità giudiziaria, ha rilevato che la Corte di Cassazione è chiamata a rendere una decisione in merito nel prossimo mese di marzo”. Che significa? Che per una volta tanto l’autonomia della magistratura fa comodo su un caso da carboni ardenti.

Si, ma Nordio non ha facoltà autonome? Certo che le ha, ma non le ha volute esercitare. O meglio le ha esercitate in negativo sapendo che c’è chi lo farà per lui e che il Governo ha fatto la sua parte spedendo Cospito in un carcere dove se va in coma può essere assistito: “Per la parte di propria competenza, il ministro della Giustizia ritiene di non revocare il regime di cui all’articolo 41 bis e ha precisato che, sentite tutte le istituzioni interessate, si è fatto carico delle condizioni di salute del detenuto, avendone disposto in data odierna il trasferimento nell’istituto di pena di Opera, che è munito degli adeguati presidi sanitari“.

Cospito non è un novello Cristo, ma chi di lui si sta occupando è certamente un Pilato redivivo.

“Sministro”.

FABRIZIO PIGNALBERI

La copertina de Le Jene

Niente da fare. L’Ufficio Centrale Regionale presso la Corte d’Appello di Roma nelle prossime ore dovrà deliberare l’esclusione del controverso candidato Fabrizio Pignalberi dalla corsa per diventare Governatore del Lazio prendendo il posto di Nicola Zingaretti.

I sondaggi gli attribuiscono una posizione subatomica nello scenario dominato dal centrodestra di Francesco Rocca e nel centrosinistra di Alessio D’Amato. Ma la democrazia è partecipazione e Pignalberi nei mesi scorsi ha organizzato tutto per esserci. Forse per cancellare l’onta delle puntate dedicategli dalla trasmissione televisiva Le Jene che ha sollevato severe critiche e non poche perplessità sulla sua condotta professionale e politica.

Ma per partecipare alla democrazia occorrono alcuni requisiti fondamentali. Che dalle ore scorse sono venuti meno. Infatti le liste presentate da Pignalberi a sostegno della sua candidatura sono finite nel mirino della magistratura a Frosinone: sospetta che le firme dei sottoscrittori non siano genuine. E la Commissione Elettorale, per lo stesso sospetto, non ha ammesso quelle liste.

Il candidato ha subito presentato i ricorsi. Nelle ore scorse uno è stato dichiarato inammissibile mentre per l’altro c’è stata la rinuncia. Già in precedenza altri due ricorsi erano stati dichiarati inammissibili dal Consiglio di Stato.

Per candidarsi a Governatore del Lazio è necessario essere presenti in almeno tre circoscrizioni elettorali. E Pignalberi era presente a Frosinone, Roma e Viterbo. Venuta meno la prima, casca la possibilità per tutto il Lazio. Ora scatterà la richiesta di esclusione agli uffici circoscrizionali di Roma e Viterbo. Contro la quale potrà ricorrere. Ma tra poco si vota.

Controverso ed escluso.

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