Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 4 gennaio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 4 gennaio 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 4 gennaio 2023.

TOP

SILVIO BERLUSCONI

Antonio Tajani con Silvio Berlusconi Foto © Imagoeconomica

La differenza fra un Partito a trazione europeista ed uno che l’Europa la deve omaggiare per evitare guai sta tutta nella differenza che c’è fra Silvio Berlusconi ed Antonio Tajani e i due “Mattei”, Salvini e Piantedosi. Il concetto è semplice ma ancora astruso per buona parte del Governo di destra-centro che guida Giorgia Meloni: in Europa ci si sta per essere europei e non per restare in un club uscire dal quale può provocare svantaggi.

È una questione più profonda e di sfumature. Spiace constatare che se Bruxelles fosse una palestra in giro per Palazzo Chigi c’è ancora gente ferma ai manubri da un chilo. Il ruolo della premier si è tra l’altro caratterizzato in queste settimane esattamente per quello che la situazione fotografa. È una mediatrice nata, e vocatissima, fra grip politico e “cazzimma” sovranazionale.

Ma cosa hanno fatto di europeista il Cav e Tajani? Hanno spinto come ossessi per spacchettare il decreto sicurezza. Con cui si era affrontata e normata la questione migranti-Ong che ha messo in agenda le nuove regole di Piantedosi. Spieghiamola: il sunto normativo è che da adesso le navi potranno transitare e intervenire solo per i soccorsi. Ma sotto il controllo e le indicazioni delle autorità territoriali e chi chi sbaglia paga, paga tanto, fino a 50.000 mila euro di multa ed alla confisca del mezzo.

Il decreto esaminato è il prodotto di riunioni tecniche e di tanti confronti politici che non sono stati immuni da tensioni. Perché? Perché ad esempio la Lega avrebbe preferito che già in questo provvedimento sui migranti ci fossero le misure contro le baby gang e la violenza sulle donne. Forza Italia tramite i suoi vertici (il vertice è uno ma Tajani è vicepremier e ministro ed è stato utile forse come mai) ha perorato per una sorta di spacchettamento “per approfondire ogni singolo tema”.

La “manina azzurra” ha spinto anche per delegare il tema migranti all’Ue ed evitare anche rilievi di carattere costituzionale da parte del Quirinale. Qual era lo scopo del due Cav-Tajani oltre che far venire l’ittero a Salvini e un filino di gastrite ad una robusta fetta di FdI? Evitare che una deriva comunque autoritaria prendesse abbrivio di ulteriore rischio senza aver dato a Bruxelles l’impressione di essere coinvolta. Ed a Sergio Mattarella la certezza che si stesse agendo come da Manuale, manuale scritto dai Costituenti, si badi.

Perché poi alla fine l’europeismo può anche non entrarci con l’Europa, a patto che passi per l’idea insopprimibile che la stessa esista e governi le rotte dei singoli stati. E in quest’idea la lunga militanza degli azzurri nel Ppe fa curriculum.

Ruffianata normativa.

PIERLUIGI LOPALCO

Pierluigi Lopalco

Il 2023 ci ha portato di nuovo a parlare di Covid con i toni vagamente inquieti ed inquietanti di chi deve fare i conti con un vecchio nemico, vecchio ed infido. Sugli italiani però (almeno su quelli senzienti) pesa un effetto psicologico per il quale non è stata ancora abbandonata l’idea di un virus per ora sotto controllo. E “carcerato” dalle vaccinazioni.

Che significa? Che la nuova ondata cinese fa paura. La fa perché è cinese e perché è nuova. Due parole che messe assieme fanno risuonare carillon di campanelli di allarme mainstream. Ecco perché proprio in questi giorni che precedono l’Epifania e la ripresa delle attività del Paese serviva che un esperto che facesse chiarezza. Senza scadere o nell’allarmismo d’accatto o nel banalismo da mercato.

Pierluigi Lopalco l’ha detta tutta e bene, disegnando uno scenario dove stare attenti è solo la prosecuzione di una cautela che non avrebbe mai dovuto abbandonarci. Il dato crudo è quello per cui la stima che in Cina si arrivi presto ad oltre “250 milioni di casi di covid è molto verosimile: se è vero che chi arriva dalla Cina è positivo al 50%, vuol dire metà della popolazione cinese ora sta incubando o sta avendo un contatto con questo virus molto contagioso”.

L’epidemiologo e docente universitario ha detto di quale male soffre oggi il Dragone. “Il Paese si trova in una sorta di tempesta perfetta. Senza potere più sostenere quei lockdown pazzeschi in cui si mettevano in quarantena intere città. E dall’altra parte, coi virus della famiglia Omicron si sono trovati liberi di circolare e hanno trovato terreno fertile, con una popolazione completamente suscettibile”. E l’Italia? Noi con l’export virologico cinese non ci siamo trovati benissimo, a febbraio 2020: “Per ora è probabile che questa ondata pandemica sia ancora sostenuta dalla famiglia Omicron, una famiglia di sottovarianti”.

Il timore è quello che Omicron possa sviluppare ulteriori varianti ma ora questo allarme non esiste”. E quindi, i tamponi che stiamo facendo alle frontiere sono il segno premonitore di nuovi guai seri?Il senso di quei tamponi è monitorare la circolazione del virus, non bloccare le persone alla frontiera. Il virus circola anche qui ma noi siamo ben protetti, dalla vaccinazione e dalle precedenti ondate pandemiche. I tamponi insomma sono fatti per individuare precocemente una eventuale nuova variante”.

Messa a fuoco.

FLOP

ENZO SALERA

Enzo Salera (Foto © AG IchnusaPapers)

In politica tutto è lecito. La bugia è addirittura la regola, i patti vengono sottoscritti per avere qualcosa con cui alzare il prezzo in cambio della loro revoca. Non è ambiente né per educande né per orsoline. Ma per squali, cannibali e conigli mannari. C’è però un solo limite: il buon gusto.

Nei giorni scorsi il sindaco di Cassino ha raggiunto l’apice della sua abilità politica: creare dopo decenni di oblio una forte componente politica del Cassinate. Cosa che non si vede in quell’area dai tempi di Angelo Picano ed Anna Teresa Formisano. Enzo Salera è stato abile e scaltro, arrivando ad un passo dal mettere in difficoltà la storica componente maggioritaria Pensare Democratico di Francesco De Angelis e Sara Battisti. Come siano finite poi le elezioni Provinciali di dicembre è noto. Enzo Salera ha scoperto la differenza tra essere uomo di guerriglia e fare le rivoluzioni: per la prima sono sufficienti coraggio e visione, la seconda richiede truppe e mezzi.

Rientrato a Cassino si è rinchiuso nella sua stanza. Circondato dai fedelissimi. Respingendo le colombe che da giorni gli dicono “Le Provinciali sono archiviate. Ora ci sono le Regionali e non possiamo regalare dieci anni di Zingaretti alle destre”. Meditando di non appoggiare il Pd alle Regionali per favorire così l’elezione di un Consigliere del M5S così come avvenne 5 anni fa con Mario Abbruzzese silurato sulla via di Montecitorio. E pianificando la sostituzione in giunta per tutti gli assessori che sono vicini a Pensare Democratico. (Leggi qui: Pompeo e Salera minano le basi del Pd).

Ci sta tutto in politica. La rappresaglia è una delle regole. Ma non invitare alla riunione del Partito in cui pianificare la ritorsione nessuna delle tre donne che rischiano di essere giubilate fa il paio con i mancati auguri in consiglio comunale alla sua presidente d’Aula Barbara Di Rollo che era stata appena proclamata Consigliere Regionale del Lazio.

È una evidente mancanza di coraggio: umano e politico. Invitandole avrebbe potuto dire loro che la politica impone fedeltà e loro non l’hanno dimostrata; ma rischiava di sentirsi ribattere che la fedeltà si deve ad un ideale.

Signori si nasce.

ANTONIO TAJANI

Antonio Tajani (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

Alla cerimonia c’erano l’inviato speciale dell’Unione Europea Elisa Ferreira, il Presidente del Portogallo Marcelo Rebelo, il Presidente della Germania Steinmeier e il Re di Spagna Felipe VI. La Francia ha inviato il Vice Ministro degli Esteri Olivier Becht mentre il Regno Unito era rappresentato dal Segretario di Stato per l’Ambiente Therese Coffey. Rappresentanti di governi con diverso orientamento politico ma uniti nel rendere omaggio al Brasile ed a scommettere nel rafforzamento delle relazioni bilaterali, in occasione della cerimonia di insediamento del presidente Luis Inacio Lula da Silva e del suo Vice Geraldo Alckmin. Erano presenti 73 delegazioni straniere, con la presenza di 17 capi di Stato. L’Italia è tra i Paesi che non hanno inviato alcun membro di governo.

Ad innescare la polemica è il Pd. Secondo il quale “L’unico grande Paese europeo che non ha inviato alcun membro di governo è stato l’Italia“. Falso. Non è stato l’unico. E non ha snobbato l’evento. Come la maggioranza dei Paesi dell’Unione Europea, l’Italia era rappresentata a Brasilia dal proprio Ambasciatore. Vero invece che alcuni Paesi europei hanno sottolineato di più la loro presenza: Spagna, Francia, Germania, Regno Unito… rappresentate dal loro Capo dello Stato o da una figura ministeriale.

Se mandare qualcosa in più di un ambasciatore è scelta politica: che attiene al Ministro degli Esteri e con lui al Governo di cui fa parte. E l’Italia ha legittimamente scelto di non sottolineare l’elezione del presidente Lula. Che politicamente è distante anni luce dalle posizioni politiche oggi a Palazzo Chigi. Se fosse anche scelta opportuna oltre che legittima c’è più di qualche dubbio: proprio per la premessa che ha innescato la questione. E cioè che “il Brasile, una delle più grandi democrazie al mondo nonché il Paese con il più alto numero di italo-discendenti. Lì vivono oltre 35 milioni di discendenti italiani”.

Non a caso, lì l’Italia aveva fino ad un paio di anni fa uno straordinario stabilimento automobilistico Fiat (e poi Fca) che oggi appartiene alla Francia con la vendita fatta a Stellantis.

Ad un evento del genere, un grande Paese manda il suo Capo dello Stato, un Paese con grandi interessi commerciali manda un suo ministro. Un Paese che non ha più niente da dire si appoggia come gli altri ad un Commissario europeo ed all’ambasciatore.

Dimostrazione di gloria passata.

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