Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 5 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 5 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di mercoledì 5 ottobre 2022

TOP

RICCARDO MASTRANGELI

Il sindaco Riccardo Mastrangeli con il ceo Tecnobus Paolo Marini

Non era facile accettare la sfida che sta nella successione a Nicola Ottaviani. Perché il sindaco diventato da pochi giorni onorevole ha introdotto un modo di gestire il capoluogo del tutto diverso: povero di dibattito politico, ricco di opere avviate. E nel quale il dissenso interno era considerato apostasia e come tale punito: con la decapitazione politica. Il suo successore Riccardo Mastrangeli sta provando a disegnare qualcosa di diverso.

Intanto un minimo di dibattito lo ha introdotto e la scimitarra con il ceppo sono momentaneamente nello sgabuzzino. Altrimenti non si spiegherebbe il dibattito interno sulla riduzione di Solidiamo, la misura simbolo dei due governi Ottaviani: rinunciare ai gettoni di presenza per destinarli a borse di studio ed attività per anziani. Ora vorrebbero dimezzare borse e anziani per tenersi qualcosa di più in tasca: Riccardo Mastrangeli li sta lasciando parlare.

Nel frattempo sta costruendo la sua visione di città. E nel prossimo bando per la Mobilità Urbana ha previsto mini bus full electric: come nei centri storici di Roma e Firenze o delle grandi capitali. Per non inquinare. «L’amministrazione Ottaviani dieci anni fa si ritrovò con una flotta alimentata a Diesel. Con il tempo ha introdotto i motori Hybrid ed a metano. Noi adesso introdurremo l’elettrico, per abbattere lo smog».

Il sindaco lo ha annunciato durante la cerimonia di riapertura della Tecnobus, l’azienda che per prima in Italia nel 1985 ha realizzato e commercializzato un minibus interamente elettrico. Si trova sul suo territorio. Ed il suo è stato un modo concreto per dire io ci credo. Credere nella ripresa, credere nel rilancio, credere in una nuova mobilità. Che prendono forma dal suo territorio. E non a parole.

Concreto come Ottaviani ma più green.

AMBROGIO SPREAFICO

Il vescovo Ambrogio Spreafico (Foto: © Stefano Strani)

Non è uno che va molto per il sottile. E se ti deve dire una cosa non ricorre ai soffici linguaggi curiali con i quali è possibile dire tutto senza fare male. Te la dice dritto per dritto e se ci resti male tanto meglio. Anche dall’altare. Come ha fatto nelle ore scorse.

Nel corso della sua omelia ha dato una strigliata alle pecorelle del gregge andate ad ascoltare il loro pastore. Ma una strigliata così vigorosa che più di qualcuno all’uscita dalla cattedrale s’è ritrovato con le meches e la permanente.

Il vescovo Ambrogio Spreafico, insigne biblista ed a lungo presidente della conferenza che riunisce tutti i rettori di tutte le università cattoliche, se n’è uscito dicendo «A volte siamo talmente impregnati di noi stessi, che ci comportiamo come se gli altri non esistessero. Ci sono persone che parlano, urlano, camminano, guidano, senza accorgersi di non essere gli unici abitanti del pianeta terra. Per cui ti urtano, gridano, si arrabbiano, sparlano degli altri, si lamentano, come se non esistessero che loro. E riversano sugli altri la loro insoddisfazione. Cari amici. L’io assoluto non esiste. Noi siamo sempre connessi, nonostante a volte non ci piaccia, anche quando siamo soli, anche quando non siamo connessi sui social. Gli altri esistono e li devi ascoltare».

È un colpo sotto la cintura. Una doccia gelata. Non esistiamo solo noi. E siamo connessi con il resto dell’umanità anche quando non siamo incollati allo smartphone. Significa che facciamo tutti parte del mondo e ciò che facciamo noi ha conseguenze sugli altri. Ciò che fanno gli altri ha conseguenze su di noi. 

Il vescovo Spreafico

Monsignor Spreafico ha ricordato che «siamo esposti alla crisi climatica. I poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti … Gridano i nostri figli. Minacciati da un miope egoismo. Gli adolescenti chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta». La generazione dei cinquantenni sta bruciando il futuro dei loro figli. Spreafico su questo non concede assoluzioni: per lui chi pecca contro la Terra pecca contro Dio. Perché non abbiamo un’altra Terra.

Dall’altare ha aperto gli occhi ai fedeli su «un creato dissestato dall’egoismo umano. Non possiamo stare tra gli indifferenti, perché non faremmo neppure il nostro vero interesse». Di più ancora: «A volte noi ci tiriamo indietro, come se non ci interessasse. Diventiamo sordi! Che importa a me? Non è certo colpa mia se le cose stanno così! E allora continuiamo nell’indifferenza a non prendere posizione, a non schierarci. Ma davanti alla violenza e alla smania di possesso si deve prendere posizione. Invece continuiamo a pensare che prima devo risolvere il mio problema, e poi magari mi occuperò anche di questo. Ma non è così che funziona la storia, perché siamo connessi e il male di uno ricade su tutti, l’indifferenza di uno fa male a tutti».

Due calci in culo dall’altare.

FLOP

CHRISTIAN SOLINAS

CHRISTIAN SOLINAS

Di Christian Solinas avevamo parlato poco tempo fa alludendo al fatto che il suo endorsement da “fedelissimo fra i fedeli” a Matteo Salvini poteva essere un azzardo, a contare che se Salvini avesse preso batoste elettorali lui sarebbe tracimato via sotto l’onda d’urto dei governisti. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 23 settembre 2022).

Non è successo, nel senso che si, alle urne Salvini le ha “prese” sulle gengive e di piattone ma i governisti (per) ora stanno buoni e seguono la mistica poco padana del “polpo che si cuoce con la sua acqua”.

E se per Solinas dunque l’eventuale resa dei conti politica è roba ancora da venire spunta un altro dato che al governatore della Sardegna di certo non lo farà gioire. Premessa serena ma ferrea: qui si esamina la somma emotiva di due “cappellate” presunte, non il merito di una indagine il cui merito sarà figlio solo della eventuale maturazione della prova in tre dibattimenti tre.

Quale indagine? Quella sulla scorta della quale il Gup del Tribunale di Cagliari Ermengarda Ferrarese ha stabilito che l’indagato Christian Solinas diventi l’imputato Christian Solinas e compaia il 15 dicembre prossimo in aula per rispondere di abuso d’ufficio.

Piccola silloge giudiziaria del caso: per la Procura Solinas avrebbe avallato le nomine di due dirigenti che in base ad una legge regionale non avevano i requisiti per ottenere gli incarichi che ebbero. Solinas a maggio disse serafico alla Pm che non spettava a lui verificare i requisiti e il Gup ha beatamente spedito tutti in aula a verificare in punto di diritto chi abbia “ragione”.

Ma il punto è matematico, non giudiziario o politico, e la “summa” di due momenti in cui a Solinas le cose non sono andate in maniera proprio impeccabile dà la cifra di una situazione in cui il governatore sardo non gode di quella saldezza di intenti che di solito si riserva a chi non ha ambasce con la legge (la giustizia è un’altra cosa). E soprattutto a chi ha puntato sul cavallo giusto prima di un appuntamento d’urna.

Stressato sono.

PAOLO GRIMOLDI

Ha deciso di fare come Aragorn con Gandalf ma trascurando il particolare che il suo, di Gandalf, ha 81 anni, e malgrado gli si auguri in sincerità di passare il secolo, non ha bastoni magici per riesumare le sue skill politiche. Paolo Grimoldi è un leghista storico anche a fare la tara alla sua età non certo veneranda.

E’ deputato uscente e non rieletto a Monza e come molti ha un magone grosso come una casa contro Matteo Salvini. Ma Grimoldi ha anche un’altra caratteristica: è l’uomo sul campo che Umberto Bossi ha scelto per lanciare la sua Opa al contrario sulla Lega del Capitano. Perché al contrario? Perché con il Comitato del Nord il redivivo senatur vuole tornare alla Lega primordiale che con il sogno dell’autonomia fece breccia in milioni di militanti.

Bossi, che a differenza di Grimoldi e “grazie” all’abilità di conto di Roberto Calderoli è stato rieletto al Senato, ha detto che con la sua corrente non vuole fare altro che riportare in auge gli interessi del Nord. Insomma, non si rompe e non si strappa, magari si erode ma da dentro, in mood quinta colonna.

E l’uomo sul campo per attuare questa strategia è Grimoldi, che però in lizza con Salvini ci si era messo e che se fosse stato eletto in una Lega anche solo over 11% probabilmente non avrebbe battuto ciglio. L’ex segretario della Lega lombarda ha detto: “Mi ha chiamato e mi ha chiesto se lo aiuto a far tornare la Lega quello che la Lega è sempre stata“.

E ancora: “Bossi è arrabbiato perché in campagna elettorale abbiamo sentito parlare solo dello Stretto di Messina e non delle infrastrutture del Nord, la Pedemontana, e poi c’è il problema di chi ha pagato i contributi e non può andare in pensione”. Tutto molto bello, tondo e leghista, padanissimo oseremmo, tuttavia il dubbio sorge: se la mission del Grimoldi di oggi è aiutare Bossi a far tornare la Lega quella che è sempre stata perché il Grimoldi di ieri ha accettato di candidarsi con quello che la Lega la vuole diversa da come è sempre stata?

Terra di Mezzo.

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