I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di sabato 12 novembre 2022
I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di sabato 12 novembre 2022.
LUIGI DI MAIO
Uscito di scena tra fischi e lazzi, travolto dalla sua stessa suicida strategia elettorale, schiacciato dal peso della sprezzante definizione data di lui dal ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov “fare il ministro degli Esteri non significa andare in giro per il mondo ad assaggiare pietanze esotiche”, nessuno avrebbe scommesso un euro sulla resurrezione di Luigino Di Maio. I totalizzatori accettavano già puntate su un eventuale futuro. In pizzeria o come parcheggiatore. Invece no: Luigi Di Maio ha lasciato che sulla sua immagine si giocasse. Ma negli ultimi anni ha studiato e pure tanto, generando un Giggino 2.0.
Al punto che dagli uffici della Commissione europea rispunta il suo nome per un incarico europeo. Di peso e delicato. Quello di Inviato Speciale Ue per la Regione del Golfo Persico. La decisione arriverà a breve. L’ex ministro è nella “short list” composta dal suo nome e da quelli del greco Dimitris Avramopoulos (ex ministro ed ex commissario europeo), del cipriota Markos Kiprianou (ex ministro degli Esteri) e da un ex ministro degli esteri slovacco. Luigi Di Maio è in pole.
A Luigi Di Maio va dato atto di avere studiato. Al punto che il Di Maio uscito di scena con l’arrivo del Governo Meloni è un Di Maio che poco o nulla ha da spartire con quello apparso dal balcone di Palazzo Chigi per annunciare la fine della povertà.
Se l’avesse fatto prima sarebbe stato meglio.
Seconda chance.
NINO CARTABELLOTTA
La Fondazione Gimbe ha dato numeri rigorosi sul Covid che ci ammazzava, faceva ammalare e che ci incuteva terrore per due anni e più. La guida Nino Cartabellotta, uno di quelli “bravi” che non hanno mai fatto terrorismo apocalittico ma che hanno sempre messo in quello che illustravano il rigore cartesiano degli scienziati a tutto tondo al servizio della società.
Ecco, diciamo che proprio in tema di rigore Cartabellotta ha avuto qualcosina da eccepire al Governo in carica. Al di là delle “doleances” che possono anche trovare polpa nel fatto che la Gimbe è fondazione privata e quindi “appesa” ai dati pubblici resta un dato inquietante.
E’ quello per cui l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sembra davvero aver messo il metodo di monitoraggio del coronavirus in soffitta. E forse un po’ troppo prima che fosse giusto spedircelo. Spieghiamola: il covid è endemico e va ad ondate che seguono l’usta biologica delle nuove varianti. E quella sociologica dello stimolo a proteggersi da esso.
Ed una cosa era importante per tenere d’occhio se l’equilibrio si rompesse, i dati sanitari. Ecco, su quelli Cartabellotta non ha fatto sconti ed ha parlato di “strategia oscurantista” del Governo. In pratica oggi il Ministero della Salute pubblica i dati rispetto a un periodo precedente, il che rende impossibile spalmarli sul cosiddetto “Paese reale” perché sono sunto e non fotografia istantanea.
Il pericolo è evidente: se il covid arretra qualcuno magari va in strizza per più del dovuto. Ma se il covid avanzasse qualcun altro non avrebbe il guizzo della tempestività per mettere in guardia gli italiani. Ecco, in mezzo a quei “qualcun altro” c’è la Gimbe di Cartabellotta, che ha detto: “Le evidenze scientifiche si costruiscono con dati di qualità, aperti, accessibili e aggiornati tempestivamente. La pubblicazione dei dati a cadenza settimanale rappresenta un ulteriore tassello della strategia oscurantista del governo nella gestione della pandemia”.
E dargli torto pare difficile davvero.
Non è Cassandra, è Cartesio.
FLOP
GIUSEPPE CONTE
Ha tracciato la sua nuova rotta politica e, per carità, con quella Giuseppe Conte ha indiscutibilmente rimesso il Movimento Cinque Stelle in asse con i desiderata di una base abituata ormai al protagonismo. Non è un caso che i sondaggi delle ultime ore diano il M5s in vantaggio sul Partito Democratico in quanto a gradimento.
Il presidente pentastellato ed ex presidente del Consiglio ha saputo fare una “magia” che da di mandrakata: erodere ai Dem una base di consenso lasciata sguarnita dalla colpevolezza “borghese” del Nazareno. E mettersi in arcione di due temi forti: il Reddito di Cittadinanza e la Pace come valore non solo etico ma anche economico di riflesso.
Insomma, Conte non ne ha sbagliata una? No, qualcuna la sta sbagliando ed il suo errore numero uno è tutto condensato nella assoluta ossessione di far più male al Pd che bene al Movimento. E siccome dalle parti del Nazareno se ne sono accorti quella che era la personale crociata di Conte contro i Dem rischia di trasformarsi in un endorsement al vittimismo di un Partito che proprio le stigmate del martirio cerca.
Insomma, Conte sta sbagliando in punto di strategia perché non vuole abbandonare un nervo scoperto già di suo. E lo sta facendo con gente che il fatto suo in quanto a comunicazione lo sa più di lui.
Ecco una silloge del Nazareno sul leader pentastellato: “Da lui sono arrivati toni e argomenti intrisi di durezza e carichi di rancore e astio. L’impressione è che semplicemente non voglia cercare convergenze e si appresti a una corsa solitaria. E dunque che preferisca che termini l’esperienza lunga e positiva di governo progressista del Lazio e vinca la destra. Ne prendiamo atto anche se pensiamo che sia un errore e crediamo che questo esito vada evitato e che si possa ancora evitare“.
Errore numero uno dicevamo. Perché, ve ne sono altri? Si, e di più empirici: nel Lazio Conte ha alzato i cavalli di Frisia sul termovalorizzatore di Roma e lo ha fatto con il voto per la Pisana alle porte. Non è difficile intuire che con il destra-centro lanciato in scia di una certa Giorgia Meloni la sua scelta possa rivelarsi (ancora una volta) fatale per un risultato politico che rischia di scalzare del tutto il centro sinistra o i prog in genere dalla prima regione del Paese.
Anche perché, glielo hanno spiegato in tutte le lingue: il Lazio non ha competenze sul termovalorizzatore di Roma; il governo Draghi ha dovuto varare poteri speciali per il sindaco Gualtieri proprio perché Zingaretti aveva fatto una legge con cui dire che il termovalorizzatore non si faceva.
Ma a lui, a Giuseppe Conte, questo non interessa. E forse fa bene. Ma per carità qualcuno gli tolga la macumba dei dem: tanto grazie alla crisi di popolo affamato da blandire in Italia con mezze verità ce n’è abbastanza per tutti.
In fissa.
DAVIDE BARILLARI
Doveva essere l’anti Zingaretti, schierato come candidato Governatore del Lazio nel 2013 al termine della rigidissima selezione delle Graticolarie. Che a giudicare dal risultato, qualche sbavatura come metodo è evidente che la avesse.
Infatti, più che per le sue proposte di legge e la sua opposizione da mastino attaccato ai polpacci del centrosinistra, Davide Barillari è diventato famoso per le sue posizioni molto sui generis. Tali da avergli provocato una traumatica rottura con il Movimento 5 Stelle. Che l’ha deferito ai probiviri e con i quali c’è stata la divisione.
Su tutte: il tweet che lo ritrae con una pistola puntata al braccio per indicare la sua contrarietà ai vaccini; la sua decisione di barricarsi in ufficio per non sottostare all’obbligo di Green Pass in Regione: nessuno andò a cercarlo e l’arrocco finì per fame in quanto Barillari né aveva portato le merendine né poteva andare al bar a comprare… non avendo il certificato di vaccinazione. Contro le politiche regionali, lui e la deputata Sara Cunial annunciarono di avere chiesto asilo politico alla Svezia; ad oggi non risulta concesso, la Corona di Stoccolma ha già abbastanza problemi da sola.
La rottura con il M5S si consumò quando ‘clonò‘ il nome del sito Salute Lazio, portale lanciato dalla Regione per supportare i cittadini nei drammatici momenti della pandemia; Barillari ne mise in rete uno dal nome molto simile, tale da poter creare confusione, zeppo delle sue teorie sanitarie alternative. Le polemiche furono tali che lo tolse dal web ma non bastò ad evitare il deferimento.
Bastava questo per poter dire che c’era una gioia legata alla fine dei dieci anni di Nicola Zingaretti in Regione: la fine delle mattane di Davide Barillari. Invece no.
Su twitter nelle ore scorse ha scritto: “Vi racconto io cosa ha combinato Alessio D’Amato, candidato presidente del Pd, dei 5 Stelle e di Renzi. Lo conosco molto bene, so tutti gli impicci che ha combinato con gli ospedali covid e con le nomine in sanità. Farò uscire tutto, costi quel che costi”.
Qualcuno gli spieghi che, non solo in base al Codice, se sapeva queste cose e non le ha denunciate ne è complice. Ma prima, deve trovare qualcuno che lo prenda sul serio. I suoi trascorsi non rendono semplice la cosa.
Già in astinenza da visibilità.