Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 10 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende venerdì 10 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende venerdì 10 giugno 2022.

TOP

GIOVANNI ACAMPORA

Giorgetti e Acampora

Lazio sud chiama Governo. Ed il Governo risponde. La Camera di Commercio di Frosinone è l’ottava in Italia per peso economico. Ed il presidente Giovanni Acampora sta dimostrando che oltre ad avere peso il suo ente ha anche cose da dire. Come sta facendo in queste settimane: confrontandosi con ministri e sottosegretari del Governo Draghi.

 Prima il vice ministro dello Sviluppo Alessandra Todde, poi il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, ora il responsabile dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Mai per piangersi addosso. ma per parlare di sviluppo. Per metterli davanti a chi crea economia e mentre lo fa lotta tra i lacci ed i lacciuoli della burocrazia. (leggi qui Una Camera con vista mare per Giorgetti).

A Giorgetti ha detto che ci sono tante risorse e che il governo ha l’obbligo di mettere le aziende in condizione di investire; a Patuanelli ha fatto il conto degli aumenti energetici e delle materie prime per gli agricoltori ed in entrambi i casi ha raccolto il plauso e l’approvazione dei Ministri. Oggi un altro grande risultato con il rapporto sulla blue economy preso come paradigma italiano dalla Commissione Europea.

Tra un paio di settimane a Gaeta verranno presentati i nuovi dati dell’Economia del Mare ed anche lì ci sono quattro ministri invitati. Quando si muove, Giovanni Acampora fa rumore, è tra i pochi che ha compreso e che divulga il verbo del “fare insieme“.

Barra a dritta, motori pari avanti tutta.

MATTEO SALVINI

L’abbraccio sul palco di Verona

Vero o per opportunità, l’abbraccio di Matteo Salvini a Giorgia Meloni dal palco di Verona è una genialata: sotto il profilo comunicativo con certezza, sotto il profilo politico si vedrà, sotto il profilo elettorale non c’è dubbio.

Accade tutto alle 21.10 in piazza dei Signori a Verona. Lì c’è il palco del sindaco uscente Federico Sboarina. E Luca Zaia è riuscito nell’impresa di far coincidere gli orari della leader di Fratelli d’Italia in arrivo da un’iniziativa tenuta a Padova con quelli del Capitano che ha appena finito un comizio a Monza.

Le immagini dicono che non c’è molto calore tra i due. Che stanno però ben attenti ad evitare battute con le quali alimentare le polemiche. Ma con il passare dei minuti la distanze si accorciano. E ad un certo punto è Matteo Salvini a rompere gli indugi con un gesto non programmato. Stringe Giorgia Meloni, lei è sorpresa ma non si sottrae. Capisce l’importanza del segnale. Lo asseconda.

È ‘pace elettorale’ in nome di Sboarina, su quel palco. Giorgia Meloni ha la battuta pronta: «Avevano detto che saremmo stati come Romeo e Giulietta, garantisco che non faremo la stessa fine».

Vero o di circostanza, quell’abbraccio è stato una grande intuizione comunicativa. Il resto si vedrà.

Parigi val bene… un abbraccio.

FLOP

RENATO DE SANCTIS

Renato De Sanctis lascia l’Aula

la sua elezione al Consiglio comunale di Cassino nella scorsa tornata è stata un successo personale, costruito dal basso, sulla propria credibilità. Con un doppio significato: in quell’occasione Renato De Sanctis ha dimostrato che se si è capaci di sintonizzarsi sulle vere aspirazioni degli elettori promettendogli di portarle lì dove si decide, si riesce ad essere eletti; inoltre ha dimostrato che il Movimento 5 Stelle già nel 2019 era un prodotto scaduto: da solo, con la sua lista civica, lo ha sconfitto ed è entrato sia in Aula che in giunta, con la forza dei temi che invece avrebbero dovuto essere la punta delle lance grilline.

Coerente con se stesso, nei mesi scorsi Renato De Sanctis ha polemicamente abbandonato la maggioranza guidata dal sindaco Enzo Salera, rinfacciandogli una serie di impegni non mantenuti, tra quelli sottoscritti nel momento in cui aveva deciso di appoggiarlo nel turno di ballottaggio. Tra questi c’era l’impegno totale a rescindere il contratto con il gestore idrico.

Poco importa la posizione del sindaco: secondo il quale il percorso indicato dal Consigliere avrebbe esposto il Comune ad una sconfitta giudiziaria certa ed a risarcimenti in sede Civile. Hanno opinioni e visioni differenti, coerentemente stanno ora su fronti opposti.

Nelle ore scorse De Sanctis ha attaccato in modo frontale l’assessore Emiliano Venturi. È l’assessore che proprio lui aveva indicato come rappresentante del suo movimento No Acea. Venturi è rimasto in Giunta anche dopo l’uscita di De Sanctis dalla maggioranza ed il sindaco se n’è fatto carico politicamente. De Sanctis gli rimprovera il mancato rispetto di quei 5 punti che erano alla base dell’intesa.

L’abbandono della maggioranza è un atto di coerenza del quale va riconosciuto pieno merito a De Sanctis, a prescindere da torti e ragioni. Ma l’attacco all’assessore da lui stesso indicato rappresenta quantomeno un errore di valutazione personale: nella scelta dell’uomo dal quale farsi rappresentare in giunta. La critica a Venturi è un’ara a doppio taglio: colpisce l’assessore ma anche lo stesso De Sancits, senza il quale venturi non sarebbe in giunta.

Manca l’autocritica.

MATTEO RENZI

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Dalle elezioni amministrative ha detto che si aspetta solo “sindaci bravi” e fin qui ci sta tutta. Ci sta a contare che forse oggi in Italia nessuno sa andare di sintesi come Matteo Renzi. Poi però il leader di Italia Viva è tornato sui suoi vecchi temi in loop e si è contraddetto in termini.

Perché? Perché se a Renzi gli chiedi di essere spiccio ed efficientista lui risponde “presente”. Ma se nella stessa finestra temporale gli chiedi di estendere quell’efficientismo, chessò, ai Cinquestelle, allora smette di esserlo e dice che loro sono roba destinata a sparire entro il 2023.

Insomma, Matteo Renzi, che a Torino ha citato D’Annunzio ed Agnelli come testimonial della sua visione, è analitico fin quando l’analisi a suo parere è “conforme”. E perciò sbaglia, perché le analisi sono categoria concettuale che non dovrebbe avere ubbie partigiane o etiche.

D’altronde è proprio lui, Renzi, che nel nome dello strutturalismo alle imminenti amministrative è presente in tante e tali di quelle proposte di governo locale da far arrossire prezzemoli, patchwork e frotte di mercoledì. L’impressione è che a furia di presentare il suo Mostro Matteo Renzi sia caduto ancor più nel trappolone delle mostruose banalità ben esposte.

E eppure il suo piglio di politico di razza continua a generare sessappiglio trai i Partiti che un po’ lo cazziano, un po’ se lo contendono in barba a percentuali imbarazzanti.

E questo la dice lunga sullo stato della politica italiana più di quanto non dica sullo stato del bipolarismo del “mostro”.

Starring ma non troppo.