Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 13 gennaio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 13 gennaio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 13 gennaio 2023

TOP

FIM-FIOM-UILM

Foto © Imagoeconomica

Una volta quando si avvicinava una scadenza cruciale si diceva “hic sunt leones”, oggi la frase loop è “hic est Urso”. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy del governo Meloni ha indicato la data da cui partirà il tavolo con i sindacati per discutere di temi per nulla lievi. Quali? Quelli come siderurgia, automotive, elettrodomestico.

Ma di cosa parliamo? Dei comparti sotto scacco della crisi per questo 2023 che appena vagisce. E che dovranno divenire materia di seria e tempestiva analisi il 18 gennaio prossimo. Qualche esempio della roba su cui pende questa spada di Damocle grossa come una mannaia? Acciaierie Italia di Taranto, Jsw di Piombino, Qf di Firenze, Bosh di Bari, Bluetec di Termini Imerese e Whirlpool, tanto per andare in silloge stretta.

E non parliamo di mercanzia da analisi light, ma di faccende da cui possono dipendere grosse fette delle sorti economiche del sistema Paese. Ecco perché, sia pur con declinazioni e sensibilità diverse, l’appello dei sindacati a fare sul serio è da prendere maledettamente sul serio. Se per Fim, Fiom e Uilm ci sono vertenze singole è pur vero che le tre sigle fanno massa critica e chiedono a gran voce una cosa che finora è mancata: una strategia ed un timing per attuarla.

Rocco Palombella della Uilm è stato il più duro: “La situazione è gravissima ed è una bomba ad orologeria, il settore rischia di implodere: in ballo c’è la perdita di migliaia di posti di lavoro“. Per Fim ha detto la sua Roberto Benaglia, più soft ma non certo ignavo: “Facciamo i conti con crisi storiche e abbiamo difronte un orizzonte di incertezza che va affrontato“.

E Fiom? Michele De Palma ha detto la parolina magica: “Programmazione”. Per lui “l’industria metalmeccanica non vive una condizione univoca: ci sono aziende che hanno gestito gli aumenti di produzione e altre che registrano una decrescita dei livelli produttivi, tutte hanno bisogno di programmazione ed è inaccettabile che non ci sia un piano per la siderurgia e per l’automotive, due assi principali per un paese che vuole dirsi industriale“.

Resta lui, il ministro Urso, che oggi è arrivato a Kiev con Carlo Bonomi e si appresta a pelare una delle gatte più grosse degli ultimi decenni sotto input di gente che sa bene cosa accade e benissimo cose va fatto per evitare che accada di nuovo. Di nuovo e in peggio.

La sveglia.

ANTONIO TAJANI

Antonio Tajani (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

La furbizia di citare il trattato di Ottawa del 1997 ci stava tutta ma non era detto che facesse capolino e la sicurezza nel dire che lo scudo italo-francese per Kiev è un jolly imprescindibile pure. E sui due temi il titolare della Farnesina Antonio Tajani ci si è districato bene, da vecchio marpione bazzicante gli uffici che contano in Ue quale è.

Il vicepremier ha dovuto dribblare due ostacoli, entrambi infidi: il primo era quello subdolo per cui i ritardi tecnici nell’approntamento dello scudo missilistico elaborato da Roma e Parigi per l’Ucraina. Poteva essere inteso come titubanza politica e non come farraginosità realizzativa.

Tajani ci ha messo una pezza che per una volta non è stata peggio del buco. Ed ha detto: “Lo scudo di difesa aerea per l’Ucraina è un progetto italo-francese. Ci sono problemi tecnici da risolvere, legati ad aspetti militari, ma non c’è nessuna frenata e stiamo lavorando per fornirlo“. Insomma, il ritardo è al più roba da generali lenti ma non certo da politici arretranti: “Gli Stati maggiori sono all’opera ma ci vuole tempo”.

Il secondo dribbling Tajani lo ha fatto sulle mine anti-uomo trovate in Ucraina che secondo Mosca erano state prodotte in Italia. Lì ha dovuto giocare duro, anche a fare la tara alla verve produttiva di un Paese come il nostro. Che, prima del trattato di Ottawa che metteva al bando i “pappagalli verdi”, ci vedeva in cima alla classifica horror dei produttori di pregio, specie con la Valsella.

Le accuse russe sulle mine italiane in Ucraina sono fake new, notizie false. Mentono sapendo di mentire”. Poi il recap: “L’Italia dal ’97 non produce più quelle mine. E’ vero che in passato era stato venduto il brevetto, infatti dai numeri che appaiono sulle mine le cui foto sono state pubblicate sul sito dell’ambasciata russa si vede che si tratta di mine prodotte in Estremo oriente su una vecchia licenza. Ma l’Italia rispetta il diritto internazionale e dal ’97 non produce mine anti-uomo né le vende“. In ritardo. Ma per fortuna.

Sant’Antonio.

FLOP

ALESSANDRA SARDELLITTI

Carlo Calenda con Alessandra Sardellitti

La sua autonomia di pensiero è nota. Al punto che spesso è difficile intrupparla all’interno di uno schema politico. Perché come gli eretici fiorentini, il primo posto verso il quale cominciavano a puntare il dito era il nuovo convento in cui si erano appena sistemati. E tanto discutevano finché non appiccavano un incendio verbale di dimensioni così grandi da minacciare l’intera chiesa: cosa per la quale o se ne andavano o venivano messi alla porta (qualcuno finì sul rogo ma quella è un’altra storia).

È la stessa cosa che sta accadendo all’avvocato Alessandra Sardellitti, già consigliere comunale di Frosinone per il Partito Democratico e poi assessore provinciale con Antonio Pompeo per Base Riformista, che del Pd è solo una delle chiese. Nelle vene deve avere qualche ascendenza con un Savonarola: perché una volta nel Pd ha cominciato a fare le pulci al Pd. Con un esame di coscienza talmente radicale da ritrovarsi alla fine a votare le proposte in materia di scuola formulate dal sindaco leghista Nicola Ottaviani al quale lei avrebbe dovuto fare opposizione.

Anche in Base Riformista ha iniziato a contestare l’autenticità della linea. E con la sua indipendenza di pensiero ha iniziato a marcare le distanze. Arrivando ad essere l’unica che ha chiesto la testa dell’allora presidente del Consiglio Regionale Mauro Buschini ancora stordito dal caos mediatico della storia nata ad Allumiere: denunciando il silenzio da complicità strisciante che dominava nel Pd su quella storia. Non era silenzio ma prudenza: il sindaco di Allumiere ne è uscito assolto con formula pienissima su richiesta dello stesso Pubblico Ministero e Buschini nemmeno è stato inquisito.

Ora ha trovato momentanea pace all’interno di Azione dove, a livello di Savonarola, con Carlo Calenda starebbero già al completo. Ma anche lì, l’avvocato Sardellitti se vede qualcosa che non va deve dirlo. Come ha fatto nelle ore scorse: postando lo screen di un articolo de Il Messaggero. Il titolo è eloquente: “Valeria uccisa dalla meningite. Il padre: ‘Mia figlia lasciata morire’. Cosa dirò alla sua bambina?”. Il commento dell’esponente di Azione è al vetriolo: La sanità del Lazio. L’eccellenza.

Ora. In politica ci sta tutto. E pure il suo contrario. Ma fino a prova contraria Alessandra Sardellitti è dirigente di Azione, cioè il Partito che ha imposto il candidato Governatore del Lazio all’alleanza Progressista e centrista, nella persona di Alessio D’Amato: che da dieci anni è il responsabile della Sanità nel Lazio. Ed è lui, il suo candidato, a dire di avere reso la Sanità del Lazio un’eccellenza.

Nuovo principio d’incendio eretico.

DONATELLA BIANCHI

Donatella Bianchi con Giuseppe Conte

Il Lazio è una delle Regioni strategiche in Italia. Piaccia o no, questo profilo lo si deve a due differenti stagioni politiche che hanno scolpito, ciascuna per il suo punto di vista delle cose, i contorni di quella che fino a quel momento era solo la Regione con Roma dentro e tutti gli uffici del potere intorno. Invece le due stagioni, quella di Francesco Storace prima e di Nicola Zingaretti poi, hanno dato al Lazio un ruolo ed una dimensione nazionali: nell’economia, nello sviluppo, nel peso politico dei due Governatori.

Per questo, quando un candidato alla guida di una Regione come il Lazio si presenta, ti aspetti che esprima una sua visione. Differente da quella di Zingaretti e di Storace, se incarni il verbo del Movimento 5 Stelle: ma pur sempre di una visione si deve trattare. Invece Donatella Bianchi, candidata di Giuseppe Conte alla guida della Regione nella quale Giuseppe Conte governa (ha in giunta due assessori) si è presentata dicendo «In queste settimane girerò il territorio laziale, ascolterò in prima persona le voci di cittadini, famiglie, imprese e lavoratori. Saranno momenti di confronto per raccogliere le urgenze presentate dal territorio e poter quindi lavorare».

Va bene tutto. Ma se vuoi fare il governatore di una Regione come il Lazio almeno un’idea di come debba essere il Lazio la devi avere. Non devi andare in giro a chiedere alla gente cosa gli serva. Devi andare in giro a dire alla gente come intendi risolvere i suoi problemi. Che devi già conoscere. Avere studiato. Ed ai quali devi avere una risposta.

E se a quella conferenza stampa non c’erano né l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi né l’assessore regionale in carica Roberta Lombardi, qualcosa vorrà dire.

Cominciamo bene.