Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 2 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 2 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 2 dicembre 2022.

TOP

STEFANO BONACCINI

Stefano Bonaccini (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Aveva una sorta di “peccato originalee gli è convenuto emendarsene. Senza cilicio, schietto e ruvido come la barba che ha scoperto piacergli tanto e cogliendo al volo l’occasione di una intervista su una testata che con le cose del Nazareno ha molta dimestichezza.

Stefano Bonaccini non poteva più permettersi, non dopo la sua candidatura ufficiale per il dopo Letta, di passare per quello “che tanto è più renziano di Renzi”. Perciò il presidente della Regione Emilia Romagna (chiamiamoli per una volta così e non governatori ché con noi quella roba non c’entra una ceppa) si è tolto il sassolino leopoldiano dalla scarpa.

Serviva che Bonaccini dicesse qualcosa di “forte” contro il suo ex mentore? Lui lo ha fatto ma senza “scapocciare” con il lessico forte degli insicuri. Così ha voluto rassicurare tutti che in giro ci sono idee nuove per nuove botteghe e non retromarce truccate da scatti in avanti. E Bonaccini, che in quanto renziano tutto è meno che grullo: ha colto l’occasione per tracciare la rotta del Pd come lo vede lui.

Ed ha indicato le Europee del 2024 come da data-tornasole per verificare una cosa molto importante. Quale? Se il Pd sia capace di tornare a vincere, oltre che attrarre, vincere in urna. Perché non è detto che le due cose siano consequenziali, come sanno bene ad esempio i Radicali.

Dopo il pistolotto su una “opposizione credibile e seria” su Repubblica Bonaccini ha calato due assi: uno di tattica ed uno di strategia. La Tattica: “Non sono mai stato iscritto a nessuna corrente e non chiederò e non accetterò il sostegno di nessuna corrente. Finiamola di chiamarci col cognome degli altri“.

Poi la Strategia: Renzi? Lui “ha deciso di abbandonare da tempo il Pd e di creare un partito di moderati“. Come a dire: “Lui se n’è andato, io sono qui, la finiamo di dire che sono roba sua?”. E Bonaccini lo ha capito benissimo, che il riformismo non è roba da appalto unico al Terzo Polo. Lui lo rivuole indietro per quelli che lo hanno inventato. E che dopo averlo inventato hanno perso il foglietto con la formula.

Senza che il gallo canti tre volte.

ANTONIO POMPEO

Antonio Pompeo

Tutto è perfettibile, ogni cosa può essere realizzata meglio. Ed ognuno è certo che lo avrebbe fatto. La questione è che questo si chiama ‘senno del poi‘: ragionamenti fatti dopo, quando cioè altri hanno già affrontato i problemi, li hanno studiati, tentato una soluzione e magari scoperto che non era la migliore ed allora hanno tentato di aggredire il problema percorrendo un altra via. Dire a quel punto cosa si potesse fare meglio è il minimo dello sforzo. Non a caso le fosse traboccano di ‘senno del poi‘ mentre quello che occorrerebbe ma scarseggia è il senno del prima.

Al presidente uscente della Provincia di Frosinone Antonio Pompeo va dato atto di essere entrato nel palazzo di Piazza Gramsci due mandati fa: e di averlo trovato vuoto. Nel senso fisico del termine, Svuotato di competenze dalla riforma Delrio e per questo vuoto di uffici, di personale, di scrivanie. Finanche di fascicoli: che nel frattempo erano stati trasferiti in Regione. Salvo tornare indietro quando a Roma hanno detto “Qui abbiamo già abbastanza da fare, grazie”.

In quel ritorno indietro, dei fascicolo, delle competenze e quindi anche di una parte delle scrivanie, c’è il lavoro di Antonio Pompeo. Che di fronte a quel vuoto non è rimasto a fissare le pareti. Ma ha lavorato per restituire una dignità alle Province. La sua, quella di Frosinone, e le altre in Italia. Ne ha fatto una ragione di vita: prima all’Unione Province del Lazio e poi all’assemblea nazionale.

Gli sarebbe stato più facile fare come molti altri: passare un’oretta al mattino, mettere due timbri ed una firma e tornarsene nella sua Ferentino. Invece oggi la Provincia di Frosinone ha competenze strategiche in materia di Ambiente, Energia, Sviluppo, Pnrr. Tutte cose che prima di Antonio Pompeo e del suo ingresso in piazza Gramsci, non c’erano.

Si poteva fare meglio? Tutto è perfettibile. Si poteva fare di più? Ha lasciato cose indietro? Certo, come chiunque lascia ai suoi successori alcuni temi irrisolti. Ma non lascia certo la Provincia vuota, senza competenze né scrivanie che gli era stata lasciata. Non esce da una Provincia buona solo a tagliare nastri e baciare bambini. Ed in molti territori italiani invece questo è avvenuto.

Provinciale? Si grazie.

DON ANTONIO MAZZI

Novantatré primavere e sentirle poco, al punto di fare le stesse cose che faceva mezzo secolo fa. Se ti chiami Antonio Mazzi e fai il prete di strada, puoi riuscirci tranquillamente. Perché è la gioia che generi ogni giorno con le tue azioni a tenerti giovane, attivo ed in prima linea.

Con giaculatorie e salmi ha la cognizione che impone il mestiere, ma con il salvataggio delle anime ha dimestichezza quotidiana. Ne ha strappate più lui dalle grinfie del leviatano che chiunque altro. E tutte anime giovani. Come ci riesce? Semplicemente ascoltando e non giudicando. E guardando il mondo con occhi diversi. Quali? Quelli che gli consentono di dire, con il sorriso sulle labbra ma arrabbiato dentro, che le scuole di oggi sono superate perché non puoi mettere un ragazzone di 1,80 dietro ad un banco misurato per i ragazzi del ’47 e pretendere che stia immobile lì dietro per cinque ore ad ascoltare.

Di quelli che avevano abbandonato gli studi ed erano finiti in strada ne ha raccolti a migliaia: alcuni li ha perduti, alcuni li ha salvati, tutti quelli che ha portato nel suo recinto hanno scoperto un mondo diverso. Un giorno, non sapendo cosa fargli fare, li ha fatti camminare: nasce così Exodus, un cammino a piedi nel quale ognuno è responsabile di sé stesso ma si sente coinvolto nell’incolumità dell’intera carovana.

Trent’anni fa quel prete così fuori dagli schemi, arrivò a Cassino e trovò un abate che aveva altrettanta capacità di vedere nel profondo delle cose: gli mise a disposizione un terreno che la Provvidenza gli aveva donato. Lì hanno salvato altre centinaia di corpi e di anime.

A 93 anni, circondato anche dai ragazzi di Cassino, don Antonio Mazzi è stato fatto Cavaliere di Gran Croce. Bello, ma poca roba rispetto alle croci che ha saputo portare durante quelle 93 primavere, aiutando in tanti a non sentirne il peso. (Leggi qui: Don Mazzi, l’eterno ragazzino di 93 anni).

Un altro giullare di Dio.

FLOP

ANTONIO TAJANI

Antonio Tajani

Il mantra è buono purché con lo stesso non si ecceda e l’impressione è che Antonio Tajani sia ancora in bilico fra essere nuncio di un governo che vuole la patente di credibilità atlantica ed essere un europeista convinto a scafato che sa mediare, anche nel lessico.

Il titolare della Farnesina infatti non è un “peone” di Bruxelles, è un europarlamentare di lungo corso ed un politico di corso lungo che sa benissimo quanto e come le iperboli possano far danno in dati momenti. Momenti come questo, in cui le ragioni dell’Ucraina sono sacrosante come non mai ma in cui gli step di colonizzazione della Nato sono all’indice della storia.

Molto ma molto dietro in ordine al reale coefficiente di responsabilità ma ci sono. Ecco perché le parole di Tajani al secondo giorno della ministeriale Nato sono state giuste ma non impeccabili. Ha detto il vicepremier: “La Nato proteggerà Balcani e vicini dell’Ucraina“. Bene ma non benissimo, a contare che i Balcani annoverano non solo paesi Nato ma anche paesi non del club e paesi Nato ma non dell’Ue, non ancora almeno.

Cosa significa in lessico geopolitico? Che il ministro di un paese Nato ha detto che la Nato fa bene a cinturare anche quelle zone che per la Russia di quello sciroccato di Vladimir Putin sono sempre state movente per dire “voi non avanzate oltre e io non vi rompo”. Tajani invece, forse ebbro di quel che diceva, come quando altri ad un comizio iniziò ad urlare di essere madre etc etc, ha detto chiaramente altro.

Che “come Nato dobbiamo proteggere tutti i Paesi dei Balcani occidentali e i vicini dell’Ucraina. Ora è importante lavorare insieme perché l’unità lancia un messaggio chiaro alla Russia e cioè che siamo pronti a proteggere queste nazioni“.

Il target principale di quel discorso rovente più che caldo era l’Albania, che aspira ad entrare nei 27 ma che nella Nato ci sta già da 12 anni. E il senso di tutto era: “Mettiamo un recinto di fuoco intorno al matto, così non scappa”. Ecco, invece di concentrarsi sul “non scappa” forse Tajani avrebbe dovuto concentrarsi di più sul “matto”.

Antò fa caldo.

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