Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 21 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 21 ottobre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 21 ottobre 2022

TOP

LUCA TELESE

Luca Telese

Per alcuni non ha il dono della simpatia e per tutti ha il pregio dell’acume e di un amore sviscerato per la cose dette chiare, tonde e ruvide. Le skill di Luca Telese sono faccenda su cui concentrarsi magari in altre sedi, ma in questa sono state utili a mettere in rilievo una cosa importante.

Quale? Quella per cui la differenza fra la politica ed un’agenda da cui spuntare voci sta tutta nella differenza fra il Mario Draghi che abbiamo immaginato ed il Mario Draghi che probabilmente è in giro da agosto.

Partiamo dall’assunto: a L’Aria che Tira su La7 ieri Luca Telese ha detto: “Mario Draghi è immobile davanti alla crisi, una brutta negligenza“. Come? Il premier ottimo massimo che arretra di fronte ai suoi doveri? Non è affatto così, ovvio, ma un particolato di scomoda verità dalle parole di Telese è trapelato.

Secondo Telese Draghi è rimasto troppo e per troppo tempo a “guardare davanti alla crisi e alla rabbia sociale crescente, senza interventi decisi”. Ha detto Telese: “Non credo ci sia un’intenzione omicida ma una brutta negligenza, il governo potrebbe intervenire, come può, per l’amministrazione ordinaria, per tutte le emergenze nazionali”.

Poi l’affondo che è la summa della differenza abissale fra tecnici meticolosi e politici magari non immuni da tare: “Invece l’immagine che abbiamo è quella di Mario Draghi che dice ‘Io ho fatto il mio decreto, ho aggiunto questi soldi, bene il lavoro è fatto’, il tutto un mese”. Ecco, la famosa spunta in agenda.

E Telese l’ha spiegata bene con una metafora che farebbe piacere a tante partite Iva ed a Carlo Bonomi, che il tema lo tocca da tempo e non certo piano: “Io non riesco a capire come si possa restare insensibili, perché il tema rimane quello del danno irreparabile. Quando si chiudono i battenti di un’impresa poi non si riaccende girando la chiave nel cruscotto di una macchina”.

Ecco: giova ricordarlo: le imprese non sono robe che ripartono a comando, affondano. E non riemergono più.

Impietoso Luca.

LUCA DI STEFANO

Luca Di Stefano

Il principio è semplice. Se qualcuno non paga saranno gli altri a pagare per lui. Ingiusto ma funziona così. È una delle voci che contribuisce a far aumentare ogni anno le tariffe di Acea Ato 5: nelle bollette di chi paga regolarmente ci finiscono quelle che non sono state saldate l’anno precedente dai cattivi contribuenti. Perché il servizio ha un costo e per legge ormai da una ventina d’anni è a carico dei cittadini. E vale per tutti i servizi: dall’acqua agli scuolabus, dai rifiuti all’elettricità.

Poi c’è il passo successivo. Ed è andare a far pagare quelli che non l’hanno fatto. Antipatico ma giusto. Soprattutto nei confronti dei contribuenti onesti che versano la loro parte e – come abbiamo visto – anche una quota di quella non onorata dai furbi.

In genere, il fatto che la quota dei furbi finisca diluita nelle bollette successive, fa fare bella figura a tutti: i sindaci non chiedono, i cittadini se la prendono con le tariffe che aumentano sempre, i furbi se la ridono.

Non a Sora dove stanno partendo cartelle esecutive per un totale di circa un milione di euro. Sono tasse per la raccolta dei rifiuti non pagate da circa 5mila sorani che hanno un nome, un cognome ed un indirizzo precisi: quelli stampigliati ora sui Ruoli affidati all’Agenzia delle Entrate per procedere con la riscossione. Il Comune ha proceduto con le comunicazioni dei dati anagrafici.

Le tasse sono quelle degli anni 2013 e 2014. Erano già stati inviati gli accertamenti ma i destinatari hanno fatto finta di niente. Da due anni quegli accertamenti sono diventati definitivi. Ora si passa a riscuotere.

Al di là delle cifre è fondamentale il principio: non avere risposto all’accertamento significa prendersi il servizio (in questo caso la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti) facendo pagare agli altri; nemmeno la decenza di rispondere ‘non pago perché…’

Ed è proprio a questa divisione tra furbi e onesti a dare fastidio: che l’invio delle cartelle non elimina ma almeno allevia. Perché a nessuno piace pagare le tasse: ma pagare pure quelle degli altri è ancora meno sopportabile.

Il ruolo del sindaco.

FLOP

PASQUALE CIACCIARELLI

Pasquale Ciacciarelli (Foto Vincenzo Livieri / Imagoeconomica)

Otto e mezzo: decimo di punto in più o in meno fa poca differenza. A tanto ammonta la media del consenso verso la Lega registrato dai sondaggi effettuati in settimana: da Ipsos a Swg, da Euromedia a Termometro Politico. È un risultato lontano anni luce e milioni di voti da quello che il Carroccio poteva vantare nel periodo d’oro del Papeete. E che poteva far dormire sonni tranquilli a Pasquale Ciacciarelli, consigliere regionale uscente in cerca di riconferma. Ora non più.

Anzi è uno scenario da incubo. Che gli impone ogni giorno post sui social, proponendo la sua foto accompagnata da uno slogan qualsiasi purché capace di sollecitare il malcontento degli elettori.

La tattica è quella di dieci anni fa, quando Salvini raccolse una Lega ai minimi termini e screditata dagli scandali, la Lega passata dallo slogan ‘Padroni in casa nostra‘ a ‘Ladroni in casa nostra‘. Ora è una tattica superata: polverizzata dal voto tributato a Fratelli d’Italia, che è delega popolare piena a fornire soluzione a quel malcontento gridato per anni dai palchi.

Pasquale Ciacciarelli ne ha bisogno perché tra poco verranno definite le liste con i candidati della Lega in provincia di Frosinone. Ed in questi anni i valori padani, la secessione, il nordismo, non hanno attecchito in questi territori. Meno ancora nel suo collegio di riferimento.

Se vuole avere una speranza di essere eletto in Regione gli serve chi porti acqua alla lista della Lega. Innanzitutto quel Gianluca Quadrini che nessuno ha voluto, costringendo l’allora deputata Francesca Gerardi a disdire una conferenza già convocata e poi lasciato praticamente solo nel giorno dell’annuncio ufficiale. Oppure i voti di quel Nicola Ottaviani che qualcuno dei suoi dovrà mettere in campo alle Regionali e che a Cassino non ha potuto apprezzare il calore delle truppe leghiste nelle recenti Politiche dalle quali è uscito comunque Deputato.

Il vero rischio è poi Latina: fu fatale cinque anni fa per Alessia Savo, che prese una marea di voti ma una percentuale meno favorevole di quella registrata a Latina. È per questo che ora Ciacciarelli deve correre: per non farsi superare da Latina, non farsi superare da FdI, non farsi superare dai candidati leghisti seri dei quali questa volta non potrà fare a meno di farsi circondare.

Corri ragazzo, corri

PAOLA DE MICHELI

Paola De Micheli. Foto © Leonardo Puccini / Imagoeconomica

Lei è in lizza, ci crede e fa bene perché tutti hanno diritto di provarci. Ma quello che da Paola De Micheli ci si aspetterebbe è forse un piglio meno “segugio” nello stanare con una puntualità agghiacciante i motivi per cui il “suo” Pd non va bene ora e non è andato bene prima, cioè in campagna elettorale.

Attenzione: il diritto di critica e l’esercizio dello stesso sono cose talmente evangeliche che chi lo tocca muore come un passero sui fili dell’alta tensione, ma il discorso qui è di sfumatura.

Cosa ha detto la De Micheli? Partiamo da dove lo ha detto: a A Coffee Break su La7. E cosa ha detto? Nulla di nuovo, a contare la mistica da rivoluzione dopo la sconfitta di queste settimane: “Pensano solo alle poltrone“. Ecco, quella terza persona plurale da una persona organica al sistema complesso dà la cifra esatta della differenza fra un’autocritica ed un disboscamento mirato per far spazio a nuove coltivazioni.

Ha spiegato meglio la De Micheli: “Per il Pd sono molto più importanti le due commissioni di vigilanza, Copasir e Rai, rispetto alle vicepresidenze di Camera e Senato”. Insomma, una sorta di analisi di opportunità con una puntina di critica feroce ad un Partito che ormai viene additato come un garbato salone cencelliano.

Ma il dato è un altro. E il dato è che la De Micheli, prima a farlo tra l’altro, è in lizza per surrogare a marzo Enrico Letta alla segreteria del Partito. E quella sottile allusione alle “poltrone” come se fossero una cosa sempre e solo da “schifare” sempre denota un po’ di approssimazione.

Perché le “poltrone” spesso non sono solo obiettivi da raggiungere per mettere le chiappe al comodo. A volte sono lo sbocco di un bisogno di dare rappresentanza a chi ci ha votati o di avere comandi per mettere a massa le nostre idee.

E se vale per la De Micheli non è che non debba valere per gli altri. Altrimenti vale anche per lei e per il suo sogno di sedere sulla poltrona più alta del Nazareno.

Non sempre sono comode.