Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 24 dicembre 2021

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di giovedì 23 dicembre 2021. Per capire cosa è accaduto nelle ore scorse e cosa ci attende in questa giornata di venerdì

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di giovedì 23 dicembre 2021. Per capire cosa è accaduto nelle ore scorse e cosa ci attende in questa giornata di venerdì

TOP

SILVIO BERLUSCONI

Silvio Berlusconi

Ravioli al burro e salvia con pomodori freschi, tagliata di filetto di manzo, flan di cavolfiore e carciofi e babà per dessert. Questo il menu che Silvio  Berlusconi ha fatto preparare per i suoi ospiti a Villa Grande, sull’Appia antica.

Al tavolo c’erano Antonio Tajani, Licia Ronzulli, Sestino Giacomoni, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Lorenzo Cesa, Giovanni Toti e Maurizio Lupi.

Ma è stato il “digestivo” a fare la differenza, perché il leader di Forza Italia, pallottoliere alla mano, ha fatto capire benissimo che dalla quarta votazione in poi lui può essere eletto presidente della Repubblica. E che i “franchi tiratori” devono sapere che non saranno ricandidati nei collegi. Perché il voto per il Quirinale è facilmente identificabile.

Dunque, Berlusconi sembra crederci davvero, anche se ha detto che se ne riparlerà nei dettagli a gennaio. Ma ha una certezza: se dovesse essere impallinato come successe a Romano Prodi con  i 101, allora il centrodestra deflagrerebbe. E Forza Italia sarebbe libera di rompere le righe.

Lucido e “cattivo”.

LETTA-SPERANZA-CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Andrea Giannetti / Imagoeconomica)

La notizia sta nel fatto che si sono incontrati. Il leader del Pd Enrico Letta, il capo politico del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte e Roberto Speranza, referente di Articolo Uno e ministro della Salute, tra i più apprezzati politici degli ultimi due anni secondo ogni tipo di rilevazione.

Naturalmente hanno parlato dell’elezione del presidente della Repubblica ma anche di questa particolare fase della pandemia. I due aspetti peraltro sono destinati a legarsi. Per la prima volta nella storia il centrosinistra non parte da una situazione di maggioranza per l’elezione del Capo dello Stato.

I confini sono chiari: da una parte c’è il via libera a Mario Draghi, dall’altra c’è Silvio Berlusconi. Nel mezzo tante altre ipotesi, che però non convincono. I tre hanno deciso di concentrarsi sul metodo senza avventurarsi sui nomi. Ma in realtà, soprattutto Enrico Letta non sta  affatto scartando l’ipotesi di accompagnare Draghi al Quirinale e di valutare un Governo Cartabia.

C’è da tenere conto della spina nel fianco chiamata Matteo Renzi. Però Conte, Speranza e Letta hanno già mandato un messaggio con la loro riunione: Matteo Renzi non fa parte del centrosinistra. Si comincia a ballare.

Gioco d’anticipo.

FLOP

SALVINI-GIORGETTI

Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Il Capo della Lega è tra Scilla e Cariddi. Da una parte non vuole Mario Draghi al Quirinale perché sa che per altri 7 anni la politica non toccherebbe palla neppure giocando da sola. Dall’altra un’elezione di Silvio Berlusconi al Colle renderebbe complicato affidare l’incarico di formare il Governo ad un esponente della Lega.

E sa pure che uno scenario da elezioni anticipate favorirebbe Giorgia Meloni e i Fratelli d’Italia. In tutto questo non commenta le voci che vorrebbero Giancarlo Giorgetti in corsa per il ruolo di premier nel caso Mario Draghi andasse al Quirinale. E questo non fa che confermare la spaccatura all’interno del Carroccio.

In realtà un’elezione di Mario Draghi con Giancarlo Giorgetto a palazzo Chigi sarebbe un capolavoro di strategia per tutta la Lega. Ma c’è da dire anche che negli ultimi mesi Giorgetti nulla ha fatto per cercare di preparare questo tipo di terreno. Nulla ha fatto per ricucire davvero con Matteo Salvini. I due leader di un partito che in questa legislatura è stato due volte al Governo mostra i limiti proprio sul fronte della cultura di governo.

Capponi di Renzo.

DI MAIO-AZZOLINA

LUCIA AZZOLINA. FOTO © FILIPPO ATTILI, IMAGOECONOMICA

Le avventure editoriali dei due big a Cinque Stelle si sono rivelate dei flop. “Un amore chiamato politica” del ministro degli esteri è arrivato a 2.953 copie  comprate, mentre il lavoro dell’ex ministra della scuola Lucia Azzolina  149 copie. Per avere un’idea, Il Portavoce di Rocco Casalino ha da tempo superato le 20.000 copie vendute.

Sicuramente un libro non si giudica solo dalle copie vendute e poi magari può prendere il volo in un momento successivo. Ma i libri scritti dai politici risentono anche della popolarità degli stessi in un determinato momento. Negli ultimi due anni la caduta verticale del Movimento Cinque Stelle è stata evidente. Complicato cercare di risalire la china anche su altri versanti. Magari i pentastellati dovrebbero entrare nell’ordine di idee che prima o poi a votare questo Paese andrà. Inutile quindi preoccuparsi soltanto di rimandare il voto. E scrivere libri non risolve il problema.

Editoria matrigna.