Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 27 gennaio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 27 gennaio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 27 gennaio 2023.

TOP

GUIDO CROSETTO

Guido Crosetto (Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

Il “ministrone” della Difesa del governo Meloni si becca il bonus per due motivi, uno solido e a tre dimensioni ed un altro bizantino. Il tema è quello che lui ha meglio apparecchiato sul tavolo della sua mission istituzionale, vale a dire le armi a Kiev che deve sbertucciare Mosca e che ormai deve farlo in controffensiva.

Ma la guerra dell’Ucraina per essere Santa ed Europea deve essere difensiva perché in Europa le cose di Bisanzio le conoscono ed applicano meglio di tutti, perciò andava data una spiegazione ortodossa al nuovo pacchetto di armi che l’Italia manderà con attaccati i gagliardetti giallo-blu.

E Crosetto l’ha spiegata bene: “Il sesto decreto per fornire nuove armi all’Ucraina è in preparazione, ci sarà, penso sarà condiviso da quasi tutto il Parlamento, darà all’Ucraina la possibilità di difendersi dagli attracchi aerei”. Poi il ministro ha spiegato bene sennò gli danno del guerrafondaio e in un Continente che è in guerra ma non deve dirlo, non sta bene: “Vuol dire missili che abbattono altri missili. Sono dei sistemi che hanno questo scopo“.

Il bonus Massimo Ottimo Bizantino però Crosetto lo ha calato in casa d’altri, con la Germania cioè. Perché? Piccolo meme: Berlino voleva inviare i suoi possenti Leopard II a Kiev ma poi ha fatto retromarcia parziale spiegando che non sarebbe arrivata dalla Germania un input a mandare in escalation il conflitto. Alla fine è arrivata la prima tranche di 14 tank.

I Leopard II sono probabilmente i migliori tank al mondo (Merkava ed Abrams scansatevi) e darne a Kiev significa mettere Kiev in condizioni di picchiare durissimo. Sulla posizione inizialmente un po’ gambera della Germania perciò Corsetto è stato diplomatico e non ha affondato: “Ho rispetto per le altre nazioni, ogni Paese è autonomo. L’attuale maggioranza tedesca era stata eletta per tagliare le spese di Difesa, fanno il maggior aumento in 70 anni”.

Poi una chiosa sorniona buttata lì a caso, o forse con piena cognizione di causa di un ministro che sa cose e che si sente con il suo omologo crucco Pistorius: “Sono convinto che alla fine farà quello che deve fare“. E la Germania alla fine lo ha fatto davvero, quel che andava fatto. Come? Spiegando che i Leopard non li manderà ma se a chiedere al paese produttore di inviarli a Kiev fosse, chessò, la Polonia che pure ha i Leopard comprati da Berlino e che ama la Russia come l’orchite, nessuno si opporrà.

E tutti saranno felici: la Germania che ha venduto la guerra spacciandola per pace, la Polonia che ha ancora Katyn in testa e che offre guerra e basta e Kiev che vuole giocare a chi ce l’ha più grosso in una guerra sempre più di Zelensky. E pure Crosetto, che è stato bravo a capire e lesto a far capire che aveva capito.

Si difende bene.

GIOVANNI LUIGI BOMBAGI

Giovanni Luigi Bombagi

Sono i primi gesti ad essere fondamentali. Da come ci presentiamo, come salutiamo, trasmettiamo un’immagine di noi. O di chi rappresentiamo. Un’entrata in scena estroversa e sorridente darà di noi l’immagine di una persona gioviale ed incline alle soluzioni che così è più facile trovare grazie al clima disteso. Viceversa, una presentazione seriosa, compassata, prudente, trasmetterà segnali di riserbo che bisognerà prepararsi ad affrontare e scalare se si vorranno avere buone relazioni.

Il modo scelto dal commissario prefettizio Giovanni Luigi Bombagi che accompagnerà Ferentino alle elezioni Comunali è il migliore che ci si potesse aspettare. Il primo atto firmato dal neo commissario è stato l’avvio dei lavori per il recupero e l’agibilità di due ville confiscate alla criminalità organizzata in località Bagnatore, nella zona della Roana.

«Siamo solo all’inizio di un iter ma sogno di poter riconsegnare le ville ed affidarle entro questi pochi mesi che sarò alla guida di Ferentino. Poter mettere la bandiera dello Stato e dare queste strutture al servizio della collettività sarebbe veramente un fatto bellissimo».

È quel profumo di legalità a dare un tono ancora più piacevole alla cosa. L’impressione della presenza dello Stato, il rispetto delle regole, sono elementi che producono a cascata reazioni positive. E non che a Ferentino ce ne fosse bisogno: la città non è un Bronx, tutt’altro. Ma è un segnale che il commissario non era tenuto a dare, si sarebbe potuto limitare alle cose più banali. Invece no: ha fatto capire che con lui c’è lo Stato e lo stato le cose le fa, anche se sono scomode.

Si presenta bene.

FLOP

DONATELLA BIANCHI

Donatella Bianchi (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Quello che va compreso con chiarezza, prima di partire, è il punto di arrivo. Altrimenti si corre il rischio di sbagliare percorso, rimanere a piedi, non raggiungere la destinazione. Quella della candidata del Movimento 5 Stelle Donatella Bianchi è stata chiara dal primo minuto: compiere la vendetta di Giuseppe Conte sul Partito Democratico. All’atto pratico: consegnare la Regione Lazio al centrodestra.

Che i margini per una vittoria del M5S non esistessero da nessuna parte era chiaro. Lo hanno confermato l’altro giorno i sondaggi del professor Pagnoncelli e lo hanno ribadito in queste ore tutte le altre rilevazioni. Quella realizzata da Swg per conto del Messaggero oggi attribuisce al candidato del centrodestra il 45,6% delle preferenze contro il 33,4% della coalizione dell’attuale assessore Dem alla Sanità; la candidata pentastellata è ferma al 17%. Quella realizzata da Izi per Repubblica dà l’ex presidente della Croce Rossa al 43,3% mentre l’assessore alla Sanità raggiunge quota 34,9%, dunque 8,4 punti percentuali sotto il competitor; Donatella Bianchi è al 19,1% delle intenzioni di voto. 

Sono i numeri sui quali si è sgolato fino all’ultimo minuto utile il Segretario Regionale Bruno Astorre, tentando di far capire che se si fosse proseguito con la formula che in queste ore sta ancora governando il Lazio (due assessori M5S sono in giunta) il terzo mandato per i Progressisti era contendibile.

La vittoria del M5S alle Regionali del Lazio 2023 non è mai stata un’opzione. La scelta di schierarsi fuori dal perimetro del Campo Largo è assolutamente legittima e non discutibile. Ma quello che deve essere chiaro è il target, cioè l’obiettivo della strategia. Che non è quello di vincere. Resta una sola opzione: giocare a far perdere il centrosinistra e spianare la strada al ritorno del centrodestra in Regione. Per alcuni era chiaro fin dall’inizio. Ora lo confermano i numeri. E anche questo è legittimo e non sindacabile. Basta essere chiari. Con gli elettori

Stelle poco chiare.

SILVIO BERLUSCONI

Silvio Berlusconi (Foto Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

È tornato ad essere più che mai la migliore versione di se stesso, cioè la peggiore versione di un se stesso che però sull’anagrafe ha il dazio dei pensieri sinceri e affastellati male. Silvio Berlusconi ha incasellato negli ultimi giorni e fino a 24 ore una fa una clamorosa serie di considerazioni-sponda sul suo cavallo di battaglia sempiterno: quello di potare le unghie alla magistratura.

E dopo aver usato l’anniversario della morte di Bettino Craxi per riesumare la mistica del martire ammazzato dalle toghe bracche da piuma adesso è intervenuto a gamba tesissima sulla questione Nordio-Meloni. Recap: il ministro della Giustizia aveva chiosato l’arresto del mafioso Messina Denaro con quell’urticante “i mafiosi non parlano al telefono”. E lo aveva fatto per puntellare la sua sforbiciata alle intercettazioni. Bontà del tema a parte la cosa era andata in iperbole. E la Meloni si era ritrovata la patata bollente di sostenere la linea di un suo ministro senza necessariamente sostenerne le fregnacce a margine.

Berlusconi, che è più bracco dei giudici che avversa, non ci ha pensato su due volte e si è infilato nella faccenda mettendosi dalla parte di Nordio. Attenzione, anche qui serve un preambolo: molto spesso le azioni del Cav vengono emulsionate dal loro tono avventato e si attribuisce loro invece un sottofondo strategico sottile, da Vecchio Saggio Marpione Studiato.

Ecco, non è così, non più e non sempre almeno. Il fatto è che Berlusconi i giudici e i Pm li “odia” davvero e quando si parla di loro fa come i tori con la muleta, solo che non ha ancora capito che se non violi la legge la legge non viola la tua serenità, almeno per massimi sistemi, e perciò attacca tutto meno che se stesso.

Non possiamo trattare tutti i cittadini come se fossero sospetti mafiosi o sospetti terroristi. Anche per questo sosterremo con convinzione le proposte sulla giustizia annunciate dal ministro Nordio, che trovano un significativo consenso anche oltre il perimetro della maggioranza“.

Insomma, da Arcore nulla di nuovo se non il fatto che adesso Berlusconi sta per la prima volta dalla parte di un magistrato. E se non fosse per quell’”ex” sembrerebbe tutto vero. Vero e bellissimo.

La fissa.

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