Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 28 gennaio 2022

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende in questo venerdì 28 gennaio 2022

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende in questo venerdì 28 gennaio 2022

MAURO VICANO

Un calcio solo, ben piazzato: gli è bastato a ribaltare il tavolo sul quale per mesi si sono sviluppate discussioni sterili quanto inutili, incapaci di sviluppare anche una sola possibile candidatura a sindaco di Frosinone. L’ex Direttore Generale della Asl di Frosinone Mauro Vicano quel tavolo lo ha fatto a pezzi e portato in soffitta ieri mattina annunciando la sua candidatura a sindaco di Frosinone.

Ha dato la totale disponibilità al dialogo ed al confronto. Ma partendo da un presupposto: lui si candida a sindaco di Frosinone. Che lo vogliano o no, che gli lancino tra le scarpe mortaretti giudiziari o meno. Come civico. Ma è solo apparenza: perché alle spalle ha Fabrizio Cristofari, il potentissimo presidente dell’Ordine dei Medici e candidato 5 anni fa dal Pd “Quella che fu la sua lista ora confluisce in una delle mie civiche”; ha accanto Angelo Pizzutelli, capogruppo Dem uscente, uomo da mille preferenze.

Mauro Vicano ha avuto il merito di dire con chiarezza a tutto il centrosinistra che da ieri il tempo per le chiacchiere è finito. Perché «Da ottobre ad oggi si è discusso ma nulla è cambiato». E siccome nemmeno un nome di possibile candidato era stato pronunciato da quel tavolo «ho voluto dare una scossa. Affinché ognuno si assumesse le responsabilità». Anche perché non è con le chiacchiere che si vincono le elezioni. «Ognuno deve essere consapevole che, in base alle proprie scelte, può precostituire le condizioni di una sconfitta». Ed a chi aveva posto il veto alla sua candidatura: «Vengo dal Partito Socialista, dopo il suo scioglimento mi sono iscritto al Pd, sono stato capogruppo di questi Partiti e dell’Ulivo. Per la mia militanza, lezioni di come si sta nel centrosinistra, non le accetto da nessuno».

Signor sindaco

MATTARELLA-DRAGHI

Mario Draghi e Sergio Mattarella

Nel caos dilettantesco generato dai Partiti che non riescono a trovare il bandolo della matassa per il Quirinale spiccano loro due. Sergio Mattarella continua a ricevere tanti voti e questo fa capire come non sia definitivamente fuori dai giochi.

Episodi come l’applauso, spontaneo e prolungato, alla Scala di Milano dimostrano quanto sia alta la popolarità del Capo dello Stato, che in questi anni ha saputo parlare al Paese nei momenti più bui e nel vuoto assoluto di Partiti falliti che lui ha commissariato con la nomina di Mario Draghi.

Il Presidente del Consiglio ha capito che la rivolta dei peones invidiosi potrebbe tenerlo lontano dal Qurinale, ma che allo stesso tempo si potrebbe arrivare ad un tale punto di non ritorno che non ci sarebbe alternativa al suo nome. Inoltre a livello internazionale tutte le segreterie e le cancellerie guardano a lui come unico punto di riferimento. Che sia al Quirinale o a  Palazzo Chigi poco importa. 

Trenta metri sopra il cielo (nero) della politica.

MAURIZIO LUPI

Maurizio Lupi (Foto Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Nel centrodestra è il più lucido e lo ha dimostrato esprimendo un concetto semplice ed efficace. Facendo notare che i veti prolungati e accidiosi contro l’ipotesi Draghi possono rivelarsi politicamente fatali.

Perché se poi Mario Draghi viene eletto al Quirinale, il centrodestra dovrà subirlo e non intestarselo. Se invece rimane a Palazzo Chigi, a quel punto potrebbe tirare le conclusioni politiche e marginalizzare il centrodestra. Ad un anno dalle politiche, si andrebbe comunque avanti con il pilota automatico.

È ormai apparso evidente come sia Matteo Salvini che Silvio Berlusconi faticano a sopportare lo strapotere di un fuoriclasse come Draghi. Anche se non si possono escludere cambi repentini di linea, magari dello stesso Berlusconi. Però Maurizio Lupi pone un problema vero: il centrodestra potrebbe uscire sconfitto da questa partita per il Colle. Per poi pagarne il prezzo al Governo, con la marginalizzazione.

Voce (unica) che grida nel deserto.

FLOP

FEDERICO ALTOBELLI

Lo scorso autunno è sceso in campo e si è ‘contaminato’ con la politica: l’avvocato Federico Altobelli ha quasi condotto il centrosinistra al ballottaggio nelle elezioni Comunali di Sora. Per paradosso, a rallentare il suo possibile successo sono stati proprio quelli che lo hanno scelto come candidato; ma questa è un’altra storia.

Il fatto è che in Politica, come in qualunque altro settore, non ci si inventa: è un male tipicamente italiano quello di ritenere che chiunque possa fare l’allenatore della Nazionale di calcio o il Presidente del Consiglio dei Ministri. Come anche i fatti di Sora dimostrano. Dai banchi dell’opposizione, Federico Altobelli ha rimproverato nei giorni scorsi alla maggioranza di essere sorda alle proposte dell’opposizione che lui rappresenta. Invece è normale che sia così: la maggioranza governa, l’opposizione controlla. Se avesse voluto condividere il governo, quantomeno aprire una linea di dialogo, gli sarebbe bastato assecondare la strategia della maggioranza per eleggere il Presidente d’Aula: mettendosi di traverso ha chiuso ogni possibilità di dialogo.

Ora il passaggio a Forza Italia, voltando le spalle all’Udc che appena pochi mesi fa lo aveva creato. Ci può stare. Non se è finalizzato ad un’alleanza che finisca a ridosso di quel governo che proprio lui ha contrastato dai palchi, convincendo meritatamente migliaia di persone a votarlo.

La gatta nella fretta…

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Andrea Giannetti / Imagoeconomica)

Fino a mercoledì sera sembrava aver trovato il bandolo della matassa strategica. Poi ieri ha scoperto che la tela che aveva faticosamente tessuto di giorno era stata disfatta di notte.

Cosa è successo? Matteo Salvini non vuole Mario Draghi al Quirinale perché questa è la strategia di Giancarlo Giorgetti. Non solo: è la strategia di tanti Governatori del Carroccio e di molti parlamentari. Salvini ha provato a mediare con Draghi per avere rassicurazioni sul ruolo e sul peso della Lega nel futuro governo. Ma l’ex banchiere centrale non ha trattato, semplicemente perché non può farlo.

A questo punto Matteo Salvini ha iniziato a sfornare un nome dopo l’altro, finendo per “bruciarli” tutti. All’interno del centrodestra a disfare la tela ci sta pensando Giorgia Meloni. Più si va avanti, più il ruolo di regista di Matteo Salvini si appanna.

Ribaltato in una notte.

LUIGI DI MAIO

Luigi Di Maio (Foto: Vincenzo Livieri / Imagoeconomica)

Nel Movimento Cinque Stelle il ministro degli Esteri è l’unico che sta lavorando dall’inizio per Mario Draghi. Ipotesi che però è avversata dal fondatore Beppe Grillo e dal capo politico Giuseppe Conte. Però forse è arrivato il momento in cui Di Maio deve far capire al Movimento la differenza tra il contare e l’essere semplicemente a ricasco. Pure a costo di provocare una spaccatura.

Il Movimento, nonostante i tanti abbandoni, rimane la forza politica più numerosa in Parlamento. Però non sa che farsene perché non riesce a indicare un nome o a mettere in campo strategie che durino più di venti minuti.

Il ministro degli Esteri sta diventando il nuovo Dottor Sottile della politica italiana, ma adesso deve decidere se intende ritagliarsi un ruolo politico di capo del Movimento oppure no.

Eterno incompiuto.