Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 3 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende venerdì 3 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende venerdì 3 giugno 2022

SERGIO MATTARELLA

Sergio Mattarella e Lorenzo Guerini (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Trovarsi, nel continente europeo, nuovamente immersi in una guerra di stampo ottocentesco, che sta generando morte e distruzioni, richiama immediatamente alla responsabilità; e la Repubblica italiana è convintamente impegnata nella ricerca di vie di uscita dal conflitto che portino al ritiro delle truppe occupanti e alla ricostruzione dell’Ucraina“. Pane al pane, vino al vino: senza cerchiobottismo, senza ambiguità per le quali fino a ieri l’Italia è stata purtroppo famosa nel mondo. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del 76° anniversario della Repubblica, non l’ha mandata a dire. Ribadendo la posizione dell’Italia: la Russia è una potenza che ha invaso un altro Paese, ha scatenato una guerra degna dell’Ottocento, genererà gravissime conseguenze economiche mondiali, noi siamo contrari.

È la totale assenza di ambiguità a colpire. Affermando di fronte allo scenario mondiale che l’Italia ha una faccia sola. E se all’interno delle sue forze di Governo ci sono tante voci, fino ad arrivare ad un leader di Partito che tenta di mettere su una diplomazia parallela senza informarne né il Premier né gli Esteri, a lui nulla importa: l’Italia sta dalla parte di chi è stato invaso, al fianco degli altri partner europei. Senza se e senza ma.

Il discorso tenuto prima del Concerto eseguito al Quirinale e offerto al corpo diplomatico, restituisce un minimo di dignità ad un Paese che del cambio di gabbana al volo ha fatto un’arte, per quanto indecorosa sia. E di quella dignità, di quella coerenza, si sentiva il bisogno.

C’è solo un Presidente.

ENRICO LETTA

Letta a Frosinone con Pompeo e Fantini

C’è sempre qualcuno con l’auricolare, o un occhio sul gruppo Whatsapp, che avvisa quando stanno varcando il casello autostradale. Se vengono dati in arrivo in un dato orario, è un po’ come con i concerti: bisogna mettere in conto un’attesa di almeno mezz’ora. Come se valesse davvero sempre quella massima secondo cui l’attesa del piacere è essa stessa piacere: che è del filosofo tedesco Lessing, data in pasto al popolo con varie pubblicità. Vale per le rockstar quanto per Salvini, Meloni, Calenda e Conte: approdati a Frosinone nei giorni scorsi per la campagna elettorale Comunale, Regionale e Nazionale. Perché nel Capoluogo ciociaro si vota il 12 giugno. E poi spazio alle Elezioni Politiche e Regionali 2023. 

Enrico Letta, invece, no: il segretario del Pd è arrivato a Frosinone mezz’ora prima di quanto previsto dalla tabella di marcia. Direttamente nella centrale Piazza Garibaldi. È la politica che, in fin dei conti, troppi hanno dimenticato: il Segretario che scende in strada e va a parlare con la gente, senza preannunciare il suo arrivo. Proprio per sentire odori e umori della strada.  È sceso dall’auto all’improvviso e con le mani ha fatto come per rassicurare: «Sono soltanto io, tranquilli». Si è palesato davanti al presidente della Provincia Antonio Pompeo e al segretario del Pd ciociaro Luca Fantini

Hanno poi risalito via Minghetti, circondati dall’anello mediatico, fino ad arrivare all’istituzionale Bar Tucci per l’Aperitivo Dem. Foto con tutti, chiacchierate con residenti e passanti. E poi lo spritzetto con Memmo Marzi e gli altri amici del Pd: Astorre, Buschini e Battisti, Martini e Pizzutelli. C’è anche chi si è commosso a farsi un selfie con l’ex Premier. È accaduto, del resto, anche con Conte lungo via Aldo Moro. Ma si è sentito urlare più che altro “bellissimo”. Con Salvini e Meloni si crea una sorta di backstage per i fan. (Leggi qui Letta tra la gente: «A Frosinone si fa la storia»). 

Al di là dei contenuti del comizio ed al di là della battaglia elettorale a Frosinone: Enrico Letta con quella mezzora di anticipo ed il suo essere andato ad gentes ha restituito alla politica la sua dimensione umana strappandola alla dimensione virtuale dei selfie e dei social. Dopotutto è l’erede di quel Partito che una vita fa disse No al senatore Angelico Compagnoni da Ceccano che proponeva l’acquisto di una Fiat 600 per gli spostamenti tra Ciociaria e Capitale, lasciandola poi a disposizione del Partito. “No compagno, dovete viaggiare sui mezzi pubblici e sentire cosa dice la gente, capire quali sono i suoi bisogni, cosa si aspetta da noi” fu la spiegazione.

L’elemento umano della politica

FLOP

NANCY PICCARO

Nancy Piccaro

Il problema non è amministrativo. È politico. Non è tanto il sindaco Nancy Piccaro ma il modello con il quale ha vinto le scorse elezioni comunali. Quanto accaduto a Roccagorga conferma che vincere le elezioni è un traguardo, governare il Comune è un traguardo ben diverso. Per raggiungere il quale non basta il consenso e non servono a nulla i voti. Serve soprattutto la capacità di tenere unita la squadra, mediare, conciliare. In una parola: capacità politica.

I numeri parlano chiaro, la sindaca ha portato alle urne un modello vincente. È uscita dalle file della sinistra ed ha aggregato tutto il possibile: della sinistra scontenta, del centro, della destra. I numeri le hanno dato ragione: ha vinto. (Leggi qui Roccagorga crolla, arriva il commissario e finisce il tempo di Nancy).

Ma quel genere di vittorie, basate sui numeri, hanno il respiro corto. Perché quel tipo di alleanze nasce solo quando si uniscono tante ambizioni, senza un progetto condiviso che sia capace di tenere tutti uniti nel nome di un sindaco che ha la funzione de catalizzatore. Le evidenze dicono che il Comune non ha approvato il Consuntivo entro i termini ed ora verrà commissariato.

Al di là del caso di specie, Roccagorga è la conferma di una evidenza antica: non basta vincere, si deve governare. E le alleanze vincenti andrebbero costruite sulla base di questo principio.

Modello vincente ma per poco.

ROBERTO CALDEROLI

Roberto Calderoli (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Abbiamo deciso, per rompere questo muro di silenzio sui referendum sulla giustizia, di mettere in atto un’iniziativa forte ma non violenta, uno sciopero della fame che partirà da questa notte a mezzanotte“. E ancora: “O crolla il muro del silenzio o andrò avanti fino al giorno 12 o finché resterò in piedi. Credo che dobbiamo dare un messaggio forte“. Ecco, se uno sente una frase del genere gli viene un magone grosso come una casa. Gli viene perché anche quelli che Marco Pannella lo vedevano come un piallatore di zebedei alla fine si sono tolti il cappello di fronte a quello per cui Pannella aveva voluto lottare riducendosi a volte come uno scheletro con il codino bianco.

Ed è esattamente lo stesso motivo per cui se a fare una cosa del genere, facendosi arruolare a co.co.pro. etico nelle file dei Radicali, è Roberto Calderoli, la cosa un po’ stona. Chiariamola subito: la Lega ha ragioni sacrosante nel lottare per l’affermazione dei temi referendari di cui è “coportatrice sanaassieme ai Radicali. Ce le ha lei e ce le ha Calderoli che per manifestare il suo pensiero può scegliere anche di fare il Fiore di Loto in mutande a Palazzo Madama dove vice presiede l’assemblea.

Quello che al limite un filino stona sta nascosto nelle pieghe del buon vecchio antico “est modus in rebus”, chiariamola. L’eclatanza delle proteste dei Radicali ed in particolar modo di Marco Pannella era in un certo senso “suffragata” e ben messa a fuoco dal battage barricadero e dal micidiale folklore di polpa e mai di buccia degli attivisti. Quella cioè era gente che ti dava sempre l’impressione non di fare cose estreme e fuori canone, ma di fare esattamente quello per cui partito, ideologia e storia personale degli iscritti erano nati e si erano accovacciati a guardia del mondo.

Quando iniziative “forti” come quello dello sciopero della fame le fa una persona degnissima e con degnissimo diritto a farlo ma con un retroterra istituzionale, arcigno e magari anche un po’ da casermaggio allora l’effetto naturale arretra ed emerge l’iperbole. E accade che il tizio che vuole fare come Pannella dà esattamente quella impressione là: quella di voler fare come Pannella dimenticando che per fare come Pannella devi essere come Pannella. E nella faccenda dei referendum Carrroccio e Radicali sono solo occasionali compagni di tratta, non certo sodali sempiterni. Perciò magari (ma è un parere eh?) il Calderoli che mangia un panino mentre afferma le sue ragioni è meglio del Calderoli che stringe la cinghia per lo stesso motivo e ci passa per emulo a progetto.

Ad ognuno il suo.

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