Top e Flop, i protagonisti del giorno: venerdì 8 luglio 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 8 luglio 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di venerdì 8 luglio 2022

TOP

MATTEO SALVINI

Il Capitano ieri ha ricevuto il capogruppo in Provincia di Frosinone Gianluca Quadrini e con lui si è confrontato per una mezzora abbondante. Facendo deflagrare il Partito sul territorio.

Ricevendo Quadrini, Matteo Salvini ha dimostrato che la Lega è ancora un Partito di territorio. E che forse lo è sempre stato (soprattutto nel Nord) perdendosi poi per strada (soprattutto nel centro e nel Sud); un Partito legato alla base, nel quale le distante con i vertici e la totale incomunicabilità tra testa e coda è dovuta a qualcosa che interrompe a metà strada: forse nella speranza di mantenere l’esclusiva dei rapporti con il cerchio magico. (Leggi qui: “Caro Matteo” “Caro Gianluca”: Salvini conferma la candidatura a Quadrini).

In molti se la sono presa con il coordinatore regionale Claudio Durigon, accusandolo di avere favorito quell’incontro. Contestandogli quale mancanza? La stessa che venne rimproverata a Papa Giovanni XXIII quando iniziò ad uscire dal Vaticano per fare visite negli ospedali e nelle carceri. Gli rimproverarono cioè “di sminuire così la sacralità del Romano Pontefice“.

Invece non è stato Durigon a far saltare la fila a Quadrini. È stata una banalissima telefonata, fatta ad un centralino e chiedendo appuntamento. E Salvini glielo ha dato. È questo l’elemento sul quale la Lega e Salvini stesso dovrebbero riflettere: oggi la Lega tiene il suo congresso in provincia di Frosinone, alle ore 17 in prima e alle 18 in seconda convocazione. Ma nessuno o quasi lo sa. Come se ci fosse il timore di allargare il Partito, aprirlo al dibattito ed al dissenso interno che è sempre elemento di confronto e di crescita.

Matteo Salvini lo ha capito, molti altri no.

Pronto, c’è Matteo?

IVANO MONZANI

Ivano Monzani

Come nasce un eroe? Una volta c’era bisogno di bardi che ne cantassero le gesta e del momento giusto, quello in cui gesto iconico del primo e fisicità percettiva del secondo coincidessero alla perfezione. Oggi con i social e con milioni di sfumature intermedie la faccenda è cambiata. E riflette croci e delizie di questo strambo terzo millennio: se in giro c’è un coglione lo si saprà subito e se nei paraggi c’è un eroe il mondo non resterà a secco dei suoi gesti.

E lui, Ivano Monzani, di essere un eroe non lo sapeva. Non lo sapeva perché a ben vedere nel fare l’addetto alla security del concerto milanese di Fedez e J Ax a Milano non c’è niente di eroico. E invece ci sbagliavamo tutti e Ivano ce lo ha ricordato. Ci ha ricordato che bisogna essere eroi cristallini per badare all’incolumità di millemila teen ager mentre uno che si chiama Paky ti spara nelle orecchie frasi in cui vanno a condensa concetto come “figlio di p…ana” e “Metto pa..e pesce insieme quando me la fo..o”.

Ivano non è un monaco bigotto da eremo, è un vecchio rocchettaro scafato che ama Ozzy Osbourne, i Queen e gli Who. Perciò alle amenità estreme da palco è anche moderatamente abituato, dato che uno dei suoi eroi morde notoriamente teste di pipistrelli. Tuttavia quando ha sentito quelle nefandezze lessicali inserite nel contesto di una “musica” che non capisce ha fatto le facce. Nulla di che, l’addetto alla sicurezza ha sciorinato una mimica grandiosa e perplessa mentre faceva il suo maledetto lavoro. E in pochi secondi ha condensato il pensiero di un’intera generazione, quella dei “boomers”.

E qualcuno ha ripreso Ivano e la sua perplessità con il telefonino. Lo ha sparato in rete come si farebbe con un Metternich 2.0 più bonario. In pochi giorni Monzani è diventato l’eroe del web, il totem di quella parte di utenti dei social che di Internet hanno dovuto imparare l’abc dopo aver creduto che sarebbero morti con le raccomandate, la ceralacca, i Muppets come gif e le chat di gruppo sul muretto davanti al bar di quartiere.

Qualcuno ha scritto in questi giorni che “l’addetto alla sicurezza è il mio nuovo eroe”. E quel qualcuno aveva ragione, perché bisogna essere eroi per fare quella faccia piena di concetti in faccia ad un mondo nuovo. Un mondo che seppellisce di soldi una che ha inventato il “corsivo” ma non conosce Dante. E che ad Ivano magari ha lanciato un centinaio di euro per fare il bovaro di una generazione finto-ribelle che conta i tatuaggi e non i congiuntivi. Non è proprio così e non sono tutti così, ma Ivano ci ha ricordato il rischio dell’effetto, non l’effetto compiuto. E noi oggi Ivano lo amiamo. Come si amano gli eroi. Come si ama il rock e come si amano le cicatrici di una generazione che del mondo non ha cambiato nulla, neanche in peggio.

Stay rock, Iva’.

FLOP

ALBERTO ZANGRILLO

Alberto Zangrillo (Foto © Imagoeconomica)

La riflessione viene affidata alla rete Twitter alle ore 21:41 di giovedì. Il primario del San Raffaele di Milano nonché medico personale di Silvio Berlusconi punta il dito su quelli che approfittano del Covid per ‘marcare visita’ e non lavorare. Scrive Alberto Zangrillo «Accade che lavativi seriali, positivi al test Covid non lavorino per settimane, sebbene asintomatici. Così si distrugge il Paese».

Immediato si è alzato il fuoco di sbarramento. Aperto da chi ha ricordato al primario che molte persone hanno vissuto questa nuova ondata affrontando febbre alta e sintomi non di poco conto. Non a caso è partita la sollecitazione alla IV dose per gli over 60.

La verità, come sempre, sta nel mezzo. Il professor Zangrillo non ha puntato il dito contro chi è stato infettato con la nuova variante di Covid ma contro i lavativi seriali, che ne approfittano per darsi malati settimane e settimane.

Il problema è che lo sanno benissimo anche quelli del fuoco di sbarramento: Alberto Zangrillo non è un negazionista, è un medico e lavora in prima linea, con un certo successo dal momento che ad affidargli la propria salute sono anche persone con la chiara possibilità di scegliere.

Ma proprio per questo è origine di polemiche e discussioni, qualunque cosa dica. Come in qusto caso. E lui lo sa. Chi è nella sua posizione ha un dovere in più: disinnescare in partenza: impedire, nella scelta delle proprie parole, che ci sia chi possa trovare appiglio. Per rispondere sciocchezze.

Ineccepibile la sostanza, da rivedere la forma.

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Leonardo Puccini © Imagoeconomica)

I margini per i giochi di equilibrismo non ci sono. Ed anche Enrico Letta glielo ha ricordato nelle scorse ore. Dettando alle agenzie di stampa: “Rispetto a letture giornalistiche di stamani preciso, per evitare fraintendimenti, che noi rimaniamo alla decisione presa insieme nella Direzione nazionale del Pd il 30 giugno: il governo Draghi è per noi l’ultimo della legislatura“.

Il leader di ciò che resta del Movimento 5 Stelle continua a dire una cosa al mattino per dire poi l’esatto contrario alla sera. Al punto che anche il Pd è arrivato alla determinazione di studiare uno scenario alternativo al Campo Largo. Sostituendolo con liste civiche guidate dai sindaci: gli unici che sui territori hanno un grande consenso. Una necessità di cui Enrico Letta farebbe virtù, avviando nei fatti il ricambio interno.

Il Dl Aiuti è stato una deblace: poco o nulla delle richieste dell’ex premier sono state inserite. Della proposta c’è ben poco, per la protesta ormai Giorgia Meloni a fare incetta.

Poche idee e confuse.