Top e Flop, i protagonisti di giovedì 13 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 13 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 13 aprile 2023

TOP

DAVIDE CASALEGGIO

Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista (Foto: Stefano Carofei © Imagoeconomica)

Che cos’è un “insider”? La parola ha significati multipli ma nel linguaggio corrente delle strategie delle barbe finte è una quinta colonna in campo nemico a cui si affida la mission di sabotare i vecchi alleati e di affermare una nuova linea. Ecco, Alessandro Di Battista la patente di insider ce l’ha da tempo. La possiede da quando ruppe con il Movimento Cinque Stelle e divenne un’icona freak ma con i piedi ben poggiati sulla terra. Quella di alcuni valori mainstream molto efficaci.

Ed il mentore storico di “Dibba” è sempre rimasto un altro personaggio che dalla mistica pentastellata è uscito sbattendo la porta: Davide Casaleggio. È il figlio del fondatore Gianroberto, ex patron della piattaforma Rousseau e duellante a colpi di carte bollate con il “nuovo” M5s. Un MoVimento molto contiano e poco grillino. C’è anche lui dietro l’operazione che nel tempo ha portato Di Battista ad affermarsi come vicepresidente di ‘Schierarsi‘, associazione “di cittadinanza attiva” nata “con l’obiettivo di coinvolgere gruppi di cittadini nella costruzione di proposte e progetti per la collettività“.

E cosa si propone la medesima? Alcuni punti sono riassunti in silloge. Sono la summa delle battaglie spadellate sul presente di una certa parte di politica ed opinione pubblica. Come: stop all’invio di armi a Kiev, al Patto di Stabilità e crescita, al MES e ai parametri responsabili dell’austerità economica e sociale. Non è finita: impegno sull’eutanasia, sostegno alla causa palestinese, introduzione del car sharing nazionale e del salario minimo, una legge sull’acqua pubblica.

Lo spiega il sito dell’associazione, che prevede per gli iscritti il versamento di una quota di 20 euro. Vicepresidente Alessandro Di Battista, uomo vicino a Gianroberto Casaleggio e rimasto sempre in contatto con il figlio Davide, da cui ha tratto ispirazione e consigli per molte della sue battaglie da cavaliere senza macchia, senza paura. Ma anche senza feudo.

E Davide Casaleggio ha capito benissimo in questi mesi che per tornare a “governare” le rotte della sua personale visione del mondo, quella ereditata da un padre visionario ma costretto all’accoppiata scomoda con Grillo, era necessario dotarsi con eleganza e discrezione di un “campione”. Che bisognava prenderlo nel novero di quelli che le battaglie le fanno o in solitudine o con truppe fresche.

E con “Dibba”, che buca lo schermo del mainstream, ci ha preso benissimo.

Little guru.

ROBERTO MARONI

Roberto Maroni (Foto: Paolo Lo Debole © Imagoeconomica)

La morte chiude ogni conto. Quelli presenti e quelli passati. Quelli aperti e quelli in sospeso. Fine. I morti si consegnano alla Storia. Sarà lei a pesare ciò che hanno fatto, nel bene e nel male. È l’unico tribunale legittimato a giudicare: con una corte composta dallo stretto familiare necessario, se il de cuius non aveva acquisito particolari benemerenze; con storici, filosofi, psicologi se in vita si è stati Napoleone Bonaparte.

Per questo appare di difficile comprensione la scelta adottata nelle ore scorse dal dottor Giovanni Polizzi, stimato magistrato della Procura milanese chiamato a sostenere la Pubblica Accusa contro l’ex direttore generale di Infrastrutture lombarde SpA Guido Bonomelli.

Storie da Mani Pulite. L’accusa sosteneva che Roberto Maroni quando era Governatore della Lombardia avesse tirato per la giacca Bonomelli per fargli dare un incarico ad un’architetto di nome Giulia. Ognuno fa il suo mestiere e pure il dottor Polizzi lo ha fatto, con scrupolo e coscienza: esercitando l’accusa e dando atto che per Roberto Maroni non si dovesse procedere per estinzione del reo.

Ma c’è modo e modo. Ed in questo giudizio si è sentito il dovere di depositare una memoria conclusiva della Pubblica Accusa facendola valere come requisitoria: agli atti, con valore di intervento del Pubblico Ministero. Ci sta. Mentre ci sta un po’ meno scrivere in quella memoria che “Roberto Maroni ha del resto dimostrato essere uso alle richieste di affidare incarichi a donne a lui legate”.

Non ce n’era bisogno per due motivi. Il primo: Maroni per accuse simili è stato assolto in Cassazione nel novembre 2020 e quindi quello che è scritto nella memoria non è vero. Secondo: perché ai morti si porta rispetto.

Sputtanamento post mortem.

FLOP

ELLY SCHLEIN

Elly Schlein (Foto: Fred Marvaux © Eu Press Service)

Nulla di nuovo sotto al simbolo Pd. Se qualcuno sperava di superare l’eterno quanto inutile dibattito interno issando al timone del Partito Democratico Elly Schlein ora deve prendere atto che le domande sono rimaste le stesse: chi siamo, dove andiamo, chi rappresentiamo, cosa vogliamo. E su queste, dividersi con maggiore o minore violenza verbale a seconda della visibilità che si intenda avere.

Nulla di nuovo perché la confusione, se possibile, è ancora maggiore di quando il Pd era in mano ai cacicchi. Almeno loro una rotta sapevano impostarla, organizzarla, difenderla dagli attacchi interni e degli avversari. Navigando fino a quando ci fosse stato il vento elettorale a spingere, affondando appena il vento fosse calato: sotto i colpi degli ammutinati che non attendevano altro per saltare addosso all’equipaggio stanco. Qui si rischia di affondare senza nemmeno uscire dal porto.

Quello che sta accadendo nel Partito Democratico a Roma è emblematico della situazione. Sarebbe tanto piaciuto al professor Nando Ferrauti ed alla sua passione per i misteri nei più profondi recessi della mente umana. Riassumiano.

Il nuovo Segretario Elly Schlein sceglie di nominare suoi ufficiali dello stato maggiore personaggi dall’impronta chiaramente ecologista con posizioni contrarie ai termovalorizzatori: è il caso di Annalisa Corrado ma anche di Sandro Ruotolo. Bene, finalmente una rotta, legittimo. Ma nessuno però comunica al sindaco Pd di Roma Roberto Gualtieri che per il suo Partito i termovalorizzatori non si devono fare e quindi il motivo per cui i romani lo hanno votato ed eletto è venuto meno.

Non basta. Per fargli fare definitivamente la figura dello zimbello, alcuni autorevoli esponenti Dem si preparano a partecipare con il M5S alla manifestazione contro il termovalorizzatore convocata per mercoledì 19 in Piazza del Campidoglio.

Ma chi l’ha decisa questa linea? Quale Direzione ha stabilito di voler delegittimare il primo sindaco Pd in Italia per importanza? Quale documento politico è stato adottato? È chiaro che Roberto Gualtieri sia stato messo a bollire direttamente dal Pd in una nuova guerra interna che vede ora sotto assedio la sua componente. Ci sta. Perché questo è il Pd. Ed i fatti ci dicono che nulla di nuovo è stato portato.

Per sempre cacicchi.

RICCARDO MOLINARI

Riccardo Molinari

Poco fa fare, quella sul Pnrr è la madre di tutte le battaglie non del governo Meloni, ma dell’Italia. Se non si comprende fino in fondo questo distinguo non si arriverà a capire cose ci sia davvero in gioco: il futuro di un popolo, non certo il presente di un esecutivo. Il dato è netto: se non avremo tutti, come sistema complesso, accesso ai fondi europei spuntati da Giuseppe Conte illo tempore i dolori, dolori veri, saranno per i cittadini e non per i loro delegati usciti vincitori dalle urne del 25 settembre 2022.

Non si capisce bene perciò il senso arrendevole e mediato dell’uscita ultima del capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari. Lui non ci ha pensato su due volte. Fiutando l’aria pessima che aleggia ormai da settimane sul tema, ha ripetuto in modalità pialla: “Si deve valutare anche la possibilità di rinunciare a parte del Pnrr, se non si dovesse riuscire a investirli in progetti realmente necessari, evitando così sprechi e alleggerendo l’indebitamento degli italiani“.

Attenzione, Molinari non è uno stupido e intuendo la portata anche politica dei suoi desiderata ha voluto precisare che è roba che parte da lontano, parte da “Giuseppi” in persona. “E’ un ragionamento che in Lega facevamo già da quando Conte ottenne i fondi del Pnrr. Si tratta sempre di soldi che nessuno ci regala, con vincoli molto forti, e non si è obbligati a prenderli”.

Ovviamente e per bocca di fonti insider anonime ma fermissime, il governo ha subito puntualizzato che no, questa non è la sua posizione. Men che mai quella della Meloni, a togliere qualche piccola ammissione del ministro Fitto. “Le risorse verranno solo rimodulate, ma al momento non c’è alcuna intenzione di rinunciare a parte dei fondi messi a disposizione dell’Italia dall’Europa con il Next Generation Eu”.

Insomma, dire che Molinari ha provato a smarcarsi quando il gioco si è fatto duro non è un eufemismo. E supporre a questo punto che il medesimo non abbia ben capito come rischia di perdersi la collettività che lo ha spedito in Parlamento non pare un’iperbole. Ma probabilmente a Molinari qualcuno dovrebbe spiegarglielo meglio, che in ballo non c’è la Lega, ma l’Italia.

Si smarca malissimo.