Top e Flop, i protagonisti di giovedì 6 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 6 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di giovedì 6 aprile 2023

TOP

GLI EURODEPUTATI DEM

Elly Schlein (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Il 2024 sarà un anno cruciale per Elly Schlein ed il Partito Democratico perché ci sarà il voto alle Europee. Inutile stare a girarci troppo intorno, quello dell’anno prossimo è un appuntamento fondamentale per i dem perché sarà il primo vero test elettorale del “nuovo corso”.

E sotto le forche caudine di questa verifica di consenso non ci dovrà passare solo la ricetta super prog del Nazareno e della sua segretaria. No, perché le Europee sono sempre state lo specchio riflesso anche della forza delle correnti interne di ogni Partito. L’epoca in cui se uno veniva trombato alle politiche poi si andava a riciclare a Bruxelles è finita da tempo. Gli spot decisionali Ue sono sempre più fondamentali nella vita degli Stati membri e quelle del 2024 saranno le prime Europee che avranno avuto come preambolo “gestionale” e sacca di decantazione una guerra su suolo “patrio”.

Tutti ottimi motivi per trasformare i Partiti compositi come il Pd in camarille di pistoleri fratricidi. Motivi che però pare siano andati beatamente farsi benedire nel nome di una coerenza che sa tanto di coesione, anche a contare le divisioni interne. Un esempio per tutti? Il capogruppo Brando Benifei, bonacciniano di ferro, non ha avuto problema alcuno nel fare squadra nella definizione dei ruoli politici all’interno degli eurodeputati dem.

E mentre la Schlein andava a corteggiare i socialisti Ue i giudizi sulle leader carpiti da AdnKronos ad un insider sono stati tutti positivi. “Clima positivo. Lei è molto interessata ai dossier che stiamo seguendo dai migranti al green deal alla commissione Covid. Ha chiesto e ascoltato molto. E poi, a differenza di altri, conosce molto bene i meccanismi europei, il che non è irrilevante“.

E in tema di assetti non c’è stato neanche il duello all’Ok Corral fra le aspiranti guide politiche della pattuglia dem. Chi? Pina Picierno per la gestione unitaria Camilla Laureti, mosca bianca e fedelissima della Schlein sin dall’inizio. Da quando cioè sulla Schlein non ci avrebbe scommesso neanche lei stessa.

La dialettica.

GIANLUCA QUADRINI

Gianluca Quadrini e Luigi Vacana

Ingombrante, invadente, debordante, spesso snervante. Ma il soggetto è così. E non si discute, Nemmeno si può prendere in tocchetti. Tutto, tutto in blocco, con difetti e pregi. Perché anche quelli ci sono, dentro all’infinità di cose che stanno in Gianluca Obelix Quadrini. Se non fosse stato per lui, la Provincia di Frosinone ieri si poteva scordare la vice presidenza dell’Unione Province del Lazio. (Leggi qui: Il capolavoro tattico che porta Romoli – Di Stefano sul tetto dell’Upi).

È stato lui a presidiare dal primo minuto Palazzo Valentini a Roma che ieri ha tenuto l’assemblea chiamata a rinnovare i vertici di Upi Lazio. Accompagnato dal vicepresidente della provincia Valentina Cambone e da una valigia di deleghe che hanno provato a contestargli. Ci hanno provato. Credendo alla leggenda che Quadrini sia un arruffone. Gli ha sciorinato la norma, la dottrina sul Tuel e mezza Cassazione degli Enti Locali. Basta?

No. Quando ha capito che era in atto una manovra a tenaglia ha fatto due telefonate. Mettendo in campo il sindaco di San Donato Valcomino e capogruppo Pd alla Provincia Enrico Pittiglio: un altro che a livello di strategie d’Aula ha pochi rivali; mobilitando il vicesindaco di Gallinaro e già vicepresidente della Provincia Luigi Vacana, facendolo catapultare a Roma con un’altra valigia di deleghe e voti.

Il risultato amministrativo è che il tandem con il presidente della Provincia di Viterbo ha portato il presidente di Frosinone Luca Di Stefano alla vicepresidenza Upi.

Ma il dato più importante è un altro: Luca Di Stefano non ha avuto i voti dei consiglieri provinciali della Lega, di Fratelli d’Italia, dell’ala Pd che fa riferimento ad Antonio Pompeo e del suo vice Alessandro Cardinali.

Ora si può procedere con l’assegnazione delle deleghe in Provincia.

Direttore d’orchestra

FLOP

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti

Del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si può dire tutto, meno che non sia uno che non pianifica. Giorgetti è nato per organizzare ed è uno dei manager prestati alla politica con maggior senso della misura, nell’applicare le misure e nell’equalizzarne l’efficacia con la spendibilità di ciò che serve per attuarle. Chiarito questo però va rilevata una cosa evidente: spesso, troppo spesso, il tecnico prestato alla Lega fa a cazzotti con il leghista in comodato d’uso alla politica.

Giorgetti ultimamente sembra parlare solo il linguaggio bigio di un Mario Monti nel pieno del dopo-peperonata. Mesto, cauto, pronto a mettere paletti economici ad ogni cosa. Qualcuno la chiama concretezza, altri la inizia a vedere come una perdita di appeal comunicativo.

Ne ha dato riprova schietta quando in tema di energia e caro bollette ha detto che “il governo consapevole del perdurare, seppur in misura attenuata, dell’emergenza legata al costo dell’energia e del gas in imminente scadenza delle precedenti misure ha allo studio un provvedimento di emergenza”.

Insomma, la primavera e la Pasqua saranno all’insegna di una nuova iniziativa dell’esecutivo a sostegno dei cittadini. E questo va benissimo. Poi però Giorgetti frena lo slancio: ”Devono tener conto delle risorse disponibili e avranno durata temporale differenziata, anche in attesa del nuovo quadro economico che emergerà dal documento di economia e finanza, del perfezionamento del dibattito su Repower Eu”.

Ma mica è finita eh? Poi “delle misure che potranno essere finanziate nell’ambito di tale iniziativa, nonché degli adeguamenti delle misure al Piano nazionale di ripresa e resilienza già esistenti, che saranno negoziati con la commissione Ue”.

Insomma, ci sono tante e tali di quelle pregiudiziali che Giorgetti sembra come quella mamme che alla fine danno il permesso ai figli per il campeggio notturno. Ma li caricano di tante di quelle raccomandazioni che meglio sarebbe stato se si fossero attendati nel cesso di casa con la vasca a mimare il laghetto. E noi Giorgetti ce lo ricordavamo si cauto, ma non così tremebondo.

Ansiogeno.

ANGELO VERONESI

Al centro, Angelo Veronesi

i fatti vanno scissi. E visti sotto due aspetti diversi: in punto etico ed in punto giuridico. Soprattutto: collocati nel loro contesto storico e sociale. Altrimenti non si può giudicare la vicenda che ha portato l’ex sindaco di Monte San Giovanni Campano Angelo veronesi, alla condanna inflitta nelle ore scorse dalla Corte dei Conti.

Partiamo dalla fine: Angelo Veronesi ed il suo dirigente dei Servizi sociali sono stati condannati a risarcire 20mila euro alle casse comunali. Ma non li hanno rubati: in tasca ci si sono messi nemmeno un solo centesimo. I magistrati contabili li hanno condannati dicendo che la gestione dei sussidi alle persone bisognose non si fa come hanno fatto loro. E fin qui, in punta di diritto c’è poco da discutere.

Come l’hanno fatta la gestione? Esattamente come la facevano i sindaci d’un tempo: ignorando le procedure “tanto poi le carte si mettono a posto”, talvolta compilando le domande al posto dei cittadini, agendo in fretta ed il più delle volte “per conoscenza diretta”. Un sindaco sa chi nel suo paese ha davvero bisogno: spesso si tratta di gente che una penna nemmeno è in condizione di tenerla o per dignità nemmeno presenterà mai la domanda. Veronesi ha agito come facevano i sindaci fino a tutti gli Anni 80: con i Segretari Comunali disperati nel dover trovare un ordine e soprattutto una spiegazione a come erano state fatte le cose.

Ma oggi non ci sono più né i Coreco, né le Scael dove approdavano gli atti amministrativi messi in discussione. Si va in Procura. E piaccia o no, per il Codice quel modo di fare equivale ad avere allestito un sistema parallelo al di fuori di Isee, stati di famiglia e carte bollate. È per questo che Veronesi è stato condannato. Perché nei fatti gli aiuti vennero assegnati senza la pubblicazione di un avviso e la successiva graduatoria, né la verifica dei requisiti necessari per ottenerli. In pratica, un sistema parallelo del tutto al di fuori delle procedure.

Un tempo si agiva così. Oggi vige il rispetto della corretta prassi amministrativa. E poco conta il fatto che una parte dei contributi sia andata a famiglie che ne avevano pienamente diritto e li avrebbero avuto lo stesso anche se fosse stata seguita la corretta procedura. Quel modo di essere sindaco non si può fare più.

I tempi sono cambiati.

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