Top e Flop, i protagonisti di martedì 11 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 11 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 11 aprile 2023.

TOP

TULLIO FERRANTE

Tullio Ferrante (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Lui è l’uomo di punta dei “Fascina boys”, di quella frangia di parlamentari di Forza Italia cioè che è avanzata di due caselle da quando Silvio Berlusconi ha deciso di rivoluzionare il Partito. Tullio Ferrante è un giovane deputato azzurro con le migliori skill del pianeta, allo stato attuale e secondo il barometro di Arcore.

Amico di lunga data della “quasi moglie” dell’ex premier, sottosegretario ai Trasporti e quinta colonna da sempre dei parlamentari forzisti di un’ala che sta a metà fra l’ortodossia del Cav e la morbida linea dell’ala di Antonio Tajani. Più governista del Governo e non sempre attaccata alle giacche del fondatore. Le sue parole in ordine alla rivoluzione che il Cav ha imposto al Partito prima del suo grosso guaio sanitario dicono tutto e niente ma sono un termometro politico perfetto della nuova spinta che Berlusconi ha voluto dare alla “sua” squadra. Questo prima di dover abdicare dal suo ruolo e fare i conti con la caducità delle nostre esistenze.

Le recenti nomine rispondono ad esigenze di rinnovamento ed efficientamento del partito, in vista delle prossime elezioni europee”. Poi il pistolotto al capo, quello non manca mai. E con Ferrante ha preso i toni elegiaci da “padre nobile” che da un po’ mancavano:Come giustamente rilevato dal nostro presidente Berlusconi è un Partito che ha sempre avversato qualsiasi forma di immobilismo, fattore nocivo in politica. Pertanto, le nomine rafforzano il partito, conferendo allo stesso nuova linfa“.

Insomma, non è il Cav che per puntare meglio alle Europee e non fasi togliere lo scettro aveva selezionato una prima linea di fedelissimi, ma è il Partito che pur essendo un’azienda è talmente duttile da seguire i flussi della storia. Una cosa nobile ma poco verosimile. Ferrante ha capito benissimo che fra rinnovamento necessario e novità di facciata la sola linea da scegliere e proporre ai media era quella della “fedeltà funzionale”.

Di una cosa cioè che nel nome dell’efficacia di azione mascheri bene un serrate i ranghi attorno al leader passando per il suo grimaldello emotivo, vale e dire la sua compagna.

E alla fine vincerà lui, perché nel mentre la nuova frangia dei “Fascina boys” si assesterà comoda al comando di Forza Italia lui sarà cresciuto ma restando anche a Palazzo Chigi.

Rampa di lancio.

VITTORIO SGARBI

Il coraggio va sempre elogiato. Soprattutto se spinto da una convinzione profonda e da un amore smisurato. È questo a fare del Sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi non un cacciatore di poltrone ma un instancabile monaco laico la cui devozione è l’Arte. E per amarla meglio, servirla con ancora più passione, accetta di fare il sindaco dove l’arte trabocca ma i visitatori latitano: colpa di una comodità che s’è impossessata dei circuiti culturali. Per dirla tutta: se Trisulti fosse stata in pianura e raggiungibile con la Circolare numero 3 col cavolo che avrebbero pensato di regalarla a Bannon per farci l’università dei sovranisti mondiali.

A Vittorio Sgarbi del sovranismo interessa in modo marginale. Lui va in estasi appresso a Tiziano, Tintoretto e, magna perversione, quei musei a cielo aperto che sono alcuni borghi italiani. Come Sutri in provincia di Veterbo della quale dal 15 maggio non sarà più sindaco. Come Arpino in provincia di Frosinone, della quale dal 15 maggio spera di essere sindaco. (Leggi qui: Piacere Sgarbi, voglio fare il sindaco).

Per serietà non voleva tenere i piedi in due scarpe. A fargli cambiare calzoleria è stato un centrodestra che ne ha usato l’abilità e la capacità attrattiva. Per riprendere ora il pieno controllo del Comune viterbese. Ci pensa Arpino. Che proponendo a Vittorio Sgarbi di fare il sindaco punta ad uscire da quella dimensione provinciale che mai avrebbe potuto superare se non avesse un Sottosegretario alla Cultura con la sua fascia tricolore.

E l’ordinaria amministrazione? Le buche, la Tari, le lampadine che si fulminano ai lampioni. Qui va accesa una luce su Massimo Sera, erede designato dal sindaco uscente Renato Rea. Se avesse ragionato con l’io avrebbe bloccato l’operazione. ragionando con il noi ha fatto un passo di lato, offrendosi di fare il sindaco ombra e lasciando a Vittorio Sgarbi il privilegio di rappresentare in Italia e nel mondo un paese con le opere del Cavalier D’Arpino, con i libri di pietra, con chiese e monumenti a volontà, con il ‘certificato di nascita’ di Cicerone e Gaio Mario.

Gioco di squadra.

FLOP

EUGENIA ROCCELLA

Eugenia Roccella (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Siamo andati in comparazione fra le numerose dichiarazioni che Eugenia Roccella ha rilasciato nell’ultimo periodo sulla maternità surrogata e non siamo stati mai in bilico sul fatto di quale fosse stata la più agghiacciante.

La tentazione è stata forte di andare sul recente-recentissimo per rispettare il mood di una rubrica che sul timing ci fonda la sua natura. Ma qui converrà andare in deroga, fare un’eccezione e cogliere la mela dal ramo più lontano dal tronco per farla diventare la mela da esporre.

Dove? Nel paniere delle cose che un ministro della Repubblica non dovrebbe dire, limitandosi a pensarle. Secondo la legittima maturazione del suo pensiero su ogni tema della vita organizzata della specie umana. Diciamocelo, quel “gli ovociti delle donne nere costano molto meno di quelle bianche, anche quindi con connotazioni evidentemente razziste’” sembrava destinato a stravincere. Ma ci sono cose più sottili e peggiori che possono venir fuori dalla bocca.

Cose che se le dice un ministro della Famiglia non ti fanno pensare alla famiglia, ma al familismo ortodosso. In realtà la Roccella il peggio di sé su una questione che entro pochi giorni sarà cassata sull’otto volante del mainstream italiano lo ha dato quando ha fatto capire che lei non ha nulla contro la filiazione delle coppie omo, ma in Italia esiste un solo modello normato di famiglia. Che è quello della mamma e del papà. Perciò: poco da fare.

Ragioniamo: una ministra che dice che non si deve cambiare una legge non perché quella legge sia abbastanza comprensiva di tutti i tipi di cittadini ma perché c’è già una legge che definisce quello che la legge da fare dovrebbe cambiare, è confusa.

Perché è come se dicesse che bisogna continuare a portare le scarpe più strette di due numeri perché la sola fabbrica che le fa ha quei modelli di plantare. E la sola idea di allargare la linea produttiva della fabbrica per risolvere il problema non sfiora nessuno. Questo si chiama, è il caso si dire, ragionare con i piedi.

Speriamo rinsavisca.

NICOLA OTTAVIANI

Nicola Ottaviani (Foto © Stefano Strani)

L’allenatore è sempre la sintesi della squadra. E se anche il terzino la sera precedente ha rotto le regole e mangiato la peperonata che gli ha appesantito le gambe in campo l’indomani, sempre dall’allenatore si va a reclamare. Come nel caso di Nicola Ottaviani: allenatore – giocatore per dieci anni di quella formazione che ha governato il Comune di Frosinone. Lui prendeva le decisioni, lui ispirava la rotta, lui la tracciava e la faceva percorrere.

La sua fu una scelta tecnica e non politica quando decise di rescindere il contratto con la Delta Lavori, impresa di Sora che però lavora dal Brennero allo Stretto nel campo delle grandi opere stradali: ponti, trafori, superstrade, svincoli, sono tutta materia loro. Rescisse perché c’era in piedi l’indagine sul modo in cui quei lavori erano stati affidati dall’amministrazione del sindaco Michele Marini.

Marini ci si giocò la rielezione, complice l’atteggiamento di un Pd che non fece squadra ma all’inizio lo scaricò. Venne rivoltato come un pedalino, lui e tutta la famiglia fino alla terza generazione. Emerse che se qualcuno aveva preso soldi a) non era lui b) non erano per lui. Semplicemente perché aveva una macchina più scassata di quella con cui aveva cominciato a fare il sindaco e sui conti suoi e di tutta la terza generazione non c’era un soldo che non fosse tracciabile.

Ora al Comune di Frosinone bussa la Corte dei Conti. Perché ci sarebbe da pagare il conticino alla Delta Lavori: alcuni milioni di euro per quella rescissione, finita in un contenzioso. Che il Comune ha perso. La magistratura contabile ha detto, in sintesi, che se il capoluogo vuole altri soldi per i lavori sulla Monti Lepini deve prima mettere in sicurezza il debito con l’impresa sorana. Come lo paghi, con cosa lo paghi, come lo iscrivi a bilancio.

A prescindere dall’aspetto tecnico ne emerge uno politico: Michele Marini fu messo in croce, peggio: venne impalato e pure senza unguento. Non era un delinquente e l’appalto poteva non essere rescisso. Farlo fu un eccesso di prudenza. Che ebbe l’effetto di distruggere un Pd che a distanza di oltre dieci anni inizia solo ora a rimettere in piedi le macerie. Nella guerra politica ci sta. Ma ora ci sono i conti da mettere in sicurezza.

Il Nicola eccessivo, il Michele sacrificale.