Top e Flop, i protagonisti di martedì 14 marzo 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 14 marzo 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 14 marzo 2023.

TOP

GIULIO TERZI DI SANT’AGATA

Come titolare della Farnesina scelto a suo tempo da Mario Monti fece due cose: arrivò in ritardo a giurare perché il premier lo chiamò mentre era ambasciatore negli Usa e lasciò l’incarico dopo poco tempo e per una faccenda molto delicata.

Quale? Quella che mise Giulio Terzi di Sant’Agata nella difficilissima condizione di gestire la vicenda dei due marò. Il ministro non voleva rimandarli in India dopo il primo rientro e l’esecutivo decise di stare ai patti e li rispedi’ a Kherala per il processo.

Ecco, da allora con Terzi di Sant’Agata, esperto di fama mondiale di relazioni internazionali, e il gigante indiano iniziò un ‘divorzio’ politico che ci privo’ di un personaggio “skillato” forse come nessun altro nei rapporti con un Paese che in questi giorni ha superato la Cina per numero di abitanti.

Da allora Terzi di Sant’Agata è entrato in politica con Fdi, è approdato a Palazzo Madama ed ha sanato quel vecchio sconcio. Come? Promuovendo e creando un gruppo di relazioni interparlamentari Italo-indiano che dovrà suggellare la ripresa dei rapporti con New Delhi avviata già dal viaggio di Giorgia Meloni giorni fa.

I vantaggi? Due su tutti: il trend di crescita dell’India ha superato quello della Cina e l’India è mezza orfana del suo principale fornitore di armi, la Russia.

Ecco, noi metteremo il piede in quella porta semiaperta e Giulio Terzi di Sant’Agata da “esiliato” è diventato uomo grimaldello.

Giulio it’s back.

FABIO PANETTA

Sedici paesi europei con sedici fiscalità differenti, sette milioni di bancari in attesa di rinnovo contrattuale da noi e la Bce che alza i tassi dei mutui, mettendo soprattutto l’Italia in tacca di mira. Italia che in seno alla Banca Centrale europea ha “solo” Fabio Panetta che è bravo ma solo.

Dopo aver citato Lucio Battisti invitando l’organismo finanziario europeo a “non guidare a fari spenti nella nottel’ex direttore di Bankitalia ha scelto la strategia appresa a Palazzo Koch: agire nel silenzio, scavare sotto traccia, lasciando eventualmente alla politica il compiuto di incidere più evidentemente traccia del marcamento stretto di una Bce a cui si vede e si sente che manca una quinta colonna politica italiana in grado di premere sull’approccio mediato, al fianco della pressione tecnica di Panetta.

Panetta è in carica nel Comitato esecutivo dal primo gennaio 2020 e non ha fatto demeritato. Ora gli occorre quell’upgrade di condotta che nel caso dell’Italia post draghiana è la sola speranza che il nostro Paese non soccomba nella massificazione di provvedimenti. Che sono media del da farsi tutti e non tacca di mira sulle istanze di ciascuno.

Panetta ha spiegato che la più parte dei rialzi dei tassi di interesse sui mutui devono ancora palesarsi nel concreto. Ed ha invitato la Bce ad essere meno restrittiva ed a “calibrare”. Ma la Bce non è un organismo per cui vale la pubblicistica dei propositi e dire di essere contro una certa politica non equivale sempre ad agire contro quella politica fino ad ottenerne uno scarrocciamento, utile per gli interessi collettivi che si è stati chiamati ad incarnare con fatti e condotta.

Fabio Panetta in questa fase è stato lasciato solo come l’eroico avamposto a Bakmuth. Confidando nella sua indiscussa bravura. Ma da soli si può resistere fino ad un certo limite. Oltre il quale la questione non è più né tecnica né di finanza: ma di politiche finanziare. Sulle quali sono altri a dover far sentire che c’è la loro presenza alle spalle di Panetta.

Un uomo solo al fronte.

FLOP

MASSIMILIANO VALERIANI

Massimiliano Valeriani (Foto: Paola Onofri / Imagoeconomica)

Bisogna saper perdere. Soprattutto in politica: che è l’arte del possibile. Ed è il dovere di rappresentare in modo adeguato i propri elettori, solo grazie al voto dei quali si è ottenuta l’elezione. Non lo ha fatto Massimiliano Valeriani, fino a pochi giorni fa autorevole assessore nella giunta regionale di Nicola Zingaretti. Con discreti risultati, a giudicare dalla rielezione in Aula.

Ieri c’è stata la seduta di insediamento della XII legislatura in Regione Lazio e Massimiliano Valeriani si è accomodato tra i banchi dell’opposizione. Dalla quale ha assistito al trionfo del Centrodestra e di Fratelli d’Italia in particolare. Non è facile perdere. Ma non c’è nessun diritto di vincere. Tantomeno di vincere facile.

La sconfitta in politica non è quella dei campi di calcio: perdere in politica significa andare a svolgere una missione precisa. Sempre nobile. Quella di vigilare, contrastare, sollecitare, proporre, rappresentare una fetta di società che non si riconosce nel modo di vedere, fare, dire, della maggioranza. Ed occorre decoro anche nello stare all’opposizione.

Il contrario di ciò che ieri ha fatto l’ex assessore Massimiliano Valeriani. Che sui social ha descritto la sua prima giornata di opposizione in Consiglio regionale. “Per me e stato un giorno tosto. Vederli li, tanti e sorridenti con al seguito le tante figure nere di fascistoide memoria, gongolanti e con sorrisi beffardi: mi ha chiuso lo stomaco”.

Si riprende solo all’ultimo capoverso. nel quale scrive “Non sarà facile per loro governare con gli slogan. Ci troveranno sempre lì a ricordarglielo e soprattutto ci saremo in ogni battaglia giusta per non consentirgli di riportare la Regione in quel passato di cui loro sono stati artefici”.

Scivolone da rosicone.

RICCARDO ROSCIA

Riccardo Roscia

Come volevasi dimostrare. La giunta regionale del Lazio è stata definita, presentata, esposta ieri nella prima seduta del Consiglio. E tra gli assessori non c’è l’ex sindaco di Pontecorvo Riccardo Roscia: che subito dopo le elezioni aveva brindato stappando bottiglie di spumante e rilasciando dichiarazioni alla stampa annunciando il suo ingresso in Giunta. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 15 febbraio 2023).

Chiunque avesse un minimo di dimestichezza con la politica sapeva che le possibilità di un assessorato a Riccardo Roscia erano inferiori a quelle di vedere una intera mandria di cammelli passare ordinata nella cruna di un ago. Perché non ce ne erano le condizioni politiche, i presupposti numerici, i requisiti geografici. Molto autorizzava a ritenere che potesse esserci un riconoscimento per l’Udc, nulla a credere che quel ruolo potesse svolgerlo un candidato che ha inciso sull’elezione di Francesco Rocca per lo 0,34%.

Entro l’estate potrebbe esserci l’istituzione dei sottosegretariati anche nel Lazio come in Regione Lombardia. Dall’esterno, nessuno è autorizzato a sindacare sulle dinamiche interne di un Partito: l’Udc potrà decidere di assegnare quell’eventuale incarico e chi meglio ritiene esattamente come Caligola potè decidere di nominare senatore di Roma un suo cavallo.

Ma sempre la logica della politica ed i suoi numeri, stanno a ricordare che nell’Udc ci sono stati candidati con risultati molto più performanti di quelli ottenuti in provincia di Frosinone. Ad esempio Viterbo dove l’Udc ha raccolto il 2,66% e cioè più di Frosinone, oppure Roma con gli oltre 13mila voti.

Nonostante questo, nulla è impossibile. Ma bisogna saper aspettare. Meglio se in silenzio. Per evitare poi di dover spiegare agli elettori. Che ad un certo punto capiscono benissimo da soli.

L’elogio della prudenza.