Top e Flop, i protagonisti di martedì 18 luglio 2023

Top e Flop: i fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 18 luglio 2023

Top e Flop: i fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 18 luglio 2023

TOP

RICCARDO PEDRIZZI

Riccardo Pedrizzi (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Sì, il nocchiero sarà ancora lui e ci sono motivi precisi, motivi di merito assoluto. Quei motivi li ha individuati e messi a regime decisionale l’Ucid, l’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti. Che ha confermato in gran spolvero alla presidenza del Comitato Tecnico Scientifico il senatore Riccardo Pedrizzi. Senatore che era stato anche riconfermato da poco alla presidenza del Gruppo Ucid Lazio.

E quella riconferma, secondo le parole dello stesso, gli consentirà di attuare in soluzione di continuità una regola aurea. Quella cioè di non lasciare lotte in sospeso ed in solo predicato di “ci abbiamo provato ma…”. Pedrizzi ha parlato di “un mandato che mi consente di proseguire le battaglie dell’Ucid su tutti i fronti aperti nel corso dell’ultimo anno. Quali lotte?

Dall’impegno sulle politiche sociali attive e sul sostegno alle imprese. E poi “dalla difesa della famiglia alla spinta sulla natalità”. Senza dimenticare la mission etica di vertice. Che è quella del “tema dell’impegno dei cattolici a sostegno dell’azione di Papa Bergoglio nel suo tentativo di mediare le posizioni di Russia e Ucraina per mettere fine alla guerra. Pedrizzi è un sincero militante di certe idee che oggi fanno bene a questo mondo impazzito.

Ha ringraziato “per la fiducia il presidente nazionale dell’Ucid Gianluca Galletti e la segretaria generale Stefania Brancaccio. Perché loro in particolare? Ecco la polpa della mission e della linea di Pedrizzi: “Hanno accolto la mia richiesta di far proprio un documento di sostegno al Pontefice, con l’appello rivolto alla comunità cattolica affinché non sia timida nell’incoraggiare gli sforzi”. Di chi?

Ecco la mina benevola detonata nella palude della politica italiana, europea e mondiale. “Di quella che è a tutti gli effetti l’unica autorità morale impegnata nello sforzo di far cessare le ostilità”.

Crociato senza spadone.

LUCA FANTINI

Luca fantini e Francesco De Angelis

Senza foglie di fico né giri di parole. Pragmatico. Come deve essere un Segretario politico. Luca Fantini ieri sera ha azzerato la Segreteria provinciale del Partito Democratico. Che non è come sostituire gli abiti al cambio di stagione. Perché dietro ogni Segreteria c’è un delicato gioco di equilibri, una misurata proporzione tra le diverse sensibilità interne affinché ciascuna abbia la possibilità di far arrivare il proprio sentiment lì dove il Partito prende le decisioni legate al territorio. (Leggi qui: Fantini azzera la Segreteria e vara la rivoluzione Pd)

Luca Fantini ha dato il via a quel processo di rinnovamento interno del Partito Democratico che lui stesso e la Federazione di Frosinone della quale è il Segretario hanno contribuito a costruire con lo scorso Congresso regionale. Quello che ha eletto Daniele Leodori Segretario e Francesco De Angelis Presidente Pd del Lazio. (Leggi qui: Leodori Segretario, De Angelis presidente: come si legge il Pd nuovo).

Il Segretario Provinciale prende atto di un Congresso regionale nel quale ci si è contati senza scannarsi: l’ultima volta che era accaduto ancora passeggiava per casa con il girello. E quella conta ha dato vita a nuovi equilibri in un Pd plurale, cioè con tante voci unite però in uno stesso progetto politico. Ora Luca Fantini vuole che quel Pd nuovo prenda sostanza anche a Frosinone e provincia. Da qui la scelta di procedere con l’azzeramento e di convocare la stagione dei Congressi.

Ci sarà spazio per le nuove sensibilità, come quella che vede insieme Danilo grossi, Antonio Pompeo e Nazzareno Pilozzi; si prenderà atto della nascita di Rete Democratica. E subito si metterà mano a situazioni potenzialmente esplosive: come quella di Cassino che tra meno di un anno va alle urne.

I cambiamenti o si costruiscono e si subiscono. La Federazione Pd di Frosinone sta nel primo gruppo, come dimostra Francesco De Angelis presidente Pd del Lazio. E nulla di questo era scontato.

La sfida del rinnovamento.

FLOP

DANIELA SANTANCHE’

Daniela Santanché (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

C’è un aspetto della vicenda Santanchè che deve far riflettere più dei guai, veri o presunti, della ministra. Ed è quello dei guai che quella vicenda sta facendo a ciò per cui Daniela Santanchè è stata chiamata a Palazzo Chigi. Spieghiamola: l’imprenditrice di destra è ministra per il Turismo.

E la buriana mediatico-giudiziaria che l’ha investita è arrivata giusto in tempo per “guastare” buona parte della sua mission, che non è roba “sua”, ma “roba nostra” come popolo e come sistema complesso-paese. Che significa? Che nel bel mezzo della prima vera e grande stagione turistica di grandi flussi la sua linea sul tema è zoppa.

Lo è perché da un lato ci sono le infinite opportunità di Pnrr e di un’Italia che è tornata ad essere meta planetaria, dall’altro ci sono le code. Quali code? Quelle mainstream della vicenda della Santanchè, code che spesso, quando la ministra visita spot, tiene convegni e promuove iniziative, fanno “fumus”. In buona sostanza è come se in merito ad un meccanico “chiacchierato” ci si concentrasse più sulla sua nomea che su cosa sta facendo ai motori delle auto.

E in termini di turismo non va bene affatto, perché mai come in queste settimane il tema sarà faccenda da mettere a terra con il massimo di serenità ed incisività. Dovunque la Santanchè vada il pungolo dei media non è più, ove mai lo sia stato, a contare il personaggio, quello di ciò che fa. No, è quello di ciò che le sta succedendo, e a torto o a ragione poco cale. Perché non importa dove vogliano andare a parare i cronisti, ma ciò su cui a parare ormai non vanno più.

Il dato è che Daniela Santanchè sta mortificando la sua mission istituzionale esattamente nei momenti e sugli scenari in cui si sta sbracciando per non abbandonarla. “Come tutti i cittadini mi difendo nei tribunali dove peraltro le cose stanno andando, come voi sapete, bene”. Solo che no, lei non è solo “una cittadina”. E’ una ministra distolta, cioè una ministra in predicato di inefficienza coatta.

Perde grip sulla pista migliore.

ALESSIO D’AMATO

Carlo calenda e Alessio D’Amato (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

È stato l’alfiere della Regione Lazio scaraventata in prima linea nella lotta alla pandemia. Nessuno gli potrà negare che per due anni è stato in trincea combattendo una battaglia fatta di scelte quotidiane, organizzazione, riorganizzazione. Soprattutto, una battaglia che l’ex assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato ha vinto. Anche per questo gli è stata affidata la guida della coalizione di centrosinistra chiamata a raccogliere l’eredita amministrativa e politica tracciata da dieci anni di Nicola Zingaretti. Perdendo.

Nelle ore scorse, con lo sguardo spaesato ed un po’ perso, tipico di chi si sta assestando nelle cose nuove, è stato esibito in Senato da Carlo Calenda che ne ha annunciato l’ingresso in Azione dopo avere lasciato il Pd.

Chiare le ragioni della scelta: “Con il Pd ho sollevato una questione di subalternità rispetto al M5S. Ho pubblicamente detto che non condividevo alcune iniziative intraprese e prendo atto che non ci sono state risposte né chiamate. Lo faccio dolorosamente ma in maniera consapevole. Ecco perché ho scelto di aderire ad Azione” ha spiegato D’Amato.  

Ineccepibile. Incontestabile. Su molti punti largamente condivisibile. Ma le battaglie politiche si fanno dall’interno. Anche a costo di essere minoranza. Pietro Ingrao aveva una posizione che non era quella maggioritaria nel Pci: ma mai gli venne in mente di andarsene per questo. Altrettanto Giorgio Napolitano, che ideologicamente stava all’estremo opposto: ma sempre all’interno. Perché la divisione crea due debolezze ed avvantaggia l’avversario.

Più concreto invece il Segretario Pd del Lazio Daniele Leodori, cioè colui che ha ceduto il passo della candidatura proprio a D’Amato: “Cosa penso del passaggio di D`Amato ad Azione? Ho letto tramite le agenzie le sue dichiarazioni, che mi sono sembrate un pò pretestuose e soprattutto ingenerose verso un Partito ed una comunità che lo hanno sempre sostenuto. Ma forse le vere ragioni di questo passaggio le scopriremo nella prossima primavera“. Tradotto, nulla di ideologico compagni, c’è di mezzo solo la candidatura alle Europee.

Cattiverie gratuite? Leodori ci mette una spiegazione che legittima il suo dubbio: “Siamo stati al governo regionale due anni con i 5 Stelle e non mi sembra che Alessio D’Amato abbia mai manifestato alcun problema o malessere di qualche tipo”.

Core ingrato.