Top e Flop, i protagonisti di martedì 2 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 2 maggio 2023

TOP

MAURIZIO LANDINI

Maurizio Landini (Foto: Marco Merlini © Imagoeconomica)

Ha tenuto alta la barra dell’attenzione su un tema che è diventato più cruciale che mai. Perché oggi quello che dice Maurizio Landini è più importante che mai? Il motivo va chiarito per non ingenerare equivoci. L’arrivo di un governo a trazione destrorsa pura non è affatto una sorta di “avvento cupodi persone, sensibilità ed intelligenze che sul tema lavoro sono insensibili.

Tuttavia è indubbio che la personale visione del lavoro dell’esecutivo in carica è prospettica e liberale. Non sono necessariamente due pecche, ma è chiaro che li dove c’è un team che dice che il lavoro lo si deve costruire è più che mai necessario che ci sia qualcun altro che urla forte una cosa meno popolare e più immanente. Che cioè al di là delle sacrosante autostrade del futuro bisogna ripulire le carrarecce del presente. Da cosa? Da tare che fanno a cazzotti con la magniloquenza dei linguaggio spot.

Tare come il precariato, gli stipendi bassi, lo sfruttamento e le morti bianche e l’impossibilità tutta italiana di fare del lavoro un compagno di vita per affrontare la stessa e non un bizzoso fidanzato che ti illude per un po’ che tutto vada bene.

E che poi ti lasci al punto di partenza nel malefico gioco dell’oca in cui conta solo l’orizzonte esistenziale e pubblicistico dei singoli governi.

Ecco, che ai governati ci pensi anche Landini oggi più che mai è motivo di conforto.

La certezza che lui c’è.

MAURIZIO STIRPE

Maurizio Stirpe (Foto Livio Anticoli © Imagoeconomica)

La vita è piena di paradossi. Come quello dell’uomo che nella sua vita è stato il monumento alla sostanza ed alla concretezza. Proprio lui è stato l’autore della più grande distribuzione di sogni. Sogni di concretezza, si dirà. Ma i sogni sono sogni e poco c’è di più bello quando puoi arrivare a toccarli.

Chissà se si sarà sentito appagato ieri sera Maurizio Stirpe nel vedere per la terza volta una città ed una provincia impazzite per avere portato, nello stupore nazionale, ancora una volta in Serie A il Frosinone.

Al destino il senso dell’ironia non manca: il giorno della grande gioia arriva a pochissima distanza da quello del più profondo e lacerante dolore. Maurizio Stirpe ieri non era nel suo stadio a celebrare il trionfo perché impegnato a metabolizzare il dolore per la scomparsa del fratello Curzio: l’ingegnere, altro uomo della concretezza, l’unico capace di costruire in soli 18 mesi quello stadio che è un’opera di alta sartoria edilizia cucita intorno ad una società, una città, un territorio.

Non si compensano, gioie e dolori. Al più, le prime leniscono i secondi. Non c’è sostanza che possa coprire certi vuoti. Ma guardare un’intero territorio che gioisce, capire che non è soltanto per una partita di calcio né per un campionato, avere consapevolezza che si è costruita una nuova cultura del riscatto e valorizzazione del territorio partendo dal pallone, forse può alleviare.

Il regalo più grande è la dimostrazione di un concetto che con la concretezza ha poco da spartire: non bisogna aver paura di sognare. Come ebbe il coraggio di fare il cavalier Benito Stirpe, papà di Maurizio e Curzio: il giorno della promozione in serie C fu l’unico a dire che il Frosinone sarebbe arrivato in Serie A. E gli uomini della concretezza hanno realizzato quel sogno.

Ora lo scudetto, preside’

FLOP

MARINA ELVIRA CALDERONE

Marina Elvira Calderone (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Con lei resta un punto fermo bislacco: quello per il quale mancherebbero “i lavoratori, non il lavoro“. Ovviamente la ministra Marina Calderone allude sia all’evoluzione del mondo che è indiscutibile che al presunto escamotage di rifiuto dell’ormai agonico Reddito di cittadinanza.

Tuttavia nelle parole della ministra è davvero difficile scoprire la mission in purezza di mettere quanti più italiani possibile nella condizione nobilitante di chi produce in un sistema complesso.

Per lei ci sarebbe “un milione di posti da coprire, ad ogni italiano va data l’opportunità di lavorare“. Messa così sembra che essendo cambiato il lavoro ma non essendo cambiati gli italiani il fatto che il lavoro non ci sia dipenda da questioni di sola idoneità in skill. E non dal fatto che in Italia il lavoro e ancora mal gestito.

Poi la chiosa in appeasement con i duri e puri di Palazzo Chigi: “Prima di guardare al bisogno di cittadini che vengono da altri Paesi noi abbiamo come imperativo quello di far lavorare i tanti italiani che non lavorano“.

Ci starebbe pure, anche se in iperbole, poi però il Calderone-pensiero si è affinato: “Guardo con grande interesse a una stagione di protagonismo dei corpi intermedi nello Stato. Credo che si debba tornare a un forte protagonismo delle associazioni datoriali e delle associazioni sindacali“.

Che cacchio significa? Che per tornare ad avere lavoro gli italiani devono cercarlo di più, i datori ne devono offrire di più e i sindacati devono lottare meglio per preservarlo. E ministro e governo? Perché cotanta saggezza spiccia non è forse abbastanza.

Poi però la ministra si riscatta ed allude profonda alla necessità “di avere lavoro di qualità, di combattere il lavoro sommerso e quel precariato che non fa crescere la società. Non sono contro il contratto a tempo determinato“. Ah, ecco.

Banale.

LAURA CHIATTI

Marco Bocci e Laura Chiatti (Frame da Domenica In – RaiUno)

Fu Plutarco a tracciare una linea di confine anche se, va detto, per molti è solo una leggenda metropolitana in quanto scriveva in greco e la locuzione de gustibus non disputandum est è evidentemente in latino. Ma vera o farlocca che sia la sua origine, reale o inventata la sua attribuzione a Giulio Cesare nel corso di una cena poco saporita, il concetto c’è e resta. E significa che ciascuno è legittimato ad avere i suoi gusti. Compresa la signora Laura Chiatti.

Che ha calamitato il dibattito dopo essere intervenuta nel salotto di Mara Venier a Domenica In con il marito Marco Bocci. Gli attori, anche se particolarmente bravi ed anche se straordinariamente belli, hanno una loro vita quotidiana: insomma, qualcuno il sacchetto dell’immondizia deve andarlo a mettere fuori. Perché non è che se sei bello e famoso, il signore addetto al ritiro passa a domicilio a toglierti il pattume dal secchio. E zia Mara è stata straordinaria nel cogliere il dettaglio capace di riportare sulla terra quei due giovani così belli e conosciuti. Lo ha fatto domandando come si dividessero le faccende in casa: compiti di scuola, pulizie, spesa, cucina, piatti.

«Faccio tutto io» ha rivelato l’attrice. Bene. Male la regia che avrebbe dovuto subito inquadrare le mani e verificare quanto l’azione del sapone da cucina e quello da bucato avesse lasciato segno sulla pelle. Aggiungendo «anche perché non tollero l’uomo che si mette a fare il letto, a passare l’aspirapolvere. Proprio non lo posso vedere, sono all’antica in questo senso con certi ruoli. Mi abbassa l’eros, me lo uccide».

Standing ovation. Del popolo maschile. Anche quello con la panza e che nemmeno un centimetro ha di paragonabile a cotanto compagno della signora Chiatti. Sguardo di comprensione del popolo femminile: come a dire, con un esemplare del genere accanto non gli lascerei nemmeno la forza per sollevarli i piatti.

C’è però un mondo infinito di donne che tra bambini, lavoro, spesa, cucina, pulizia e famiglia nemmeno riescono a passare dalla parrucchiere e le unghie le devono fare con la tronchesina. Ecco, a loro tutela: aggiungere a quella frase anche la specificazione io sono così, ognuna fa come più le piace, ma a casa ci si aiuta. La donna non è una domestica o una sostituta della mamma. Ecco, questo sarebbe stato utilissimo ed efficacissimo. Perché a molti, troppi, non è affatto chiaro.

Per una frase in meno.

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