Top e Flop, i protagonisti di martedì 28 febbraio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 28 febbraio 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di martedì 28 febbraio 2023.

TOP

MARIO OCCHIUTO

Mario Occhiuto

Ci sono questioni che danno abbrivio a derive ideologiche inutili. E faccende che danno polpa a problemi etici di assoluto rilievo. Capire in quale casella stia rannicchiata la questione sollevata dal ministro dell’Istruzione Valditara sul pestaggio fiorentino e sulla lettera della preside non è difficile. È e resta un fatto serio su cui riflettere, riflettere e prendere posizione.

Ora, che a prendere posizione in un paese irregimentato come l’Italia siano stati gli schieramenti “canonici”, ciascuno abbeverato alla sua personale fonte ideologica, è un fatto del tutto normale, tanto che è stato il terzo argomento sollevato da Elly Schlein dopo la sua elezione al Nazareno. Ma che a prendere posizione in maniera netta, poco salomonica e molto “salmonica”, sia stato Mario Occhiuto questa è cosa che fa piacere e mette addosso il sottile brivido della libertà come valore condiviso e trasversale, proprio come dovrebbe essere.

Occhiuto non è un pasdaran della libertà concepita e declinata sul fronte di una sinistra che al limite nella vicenda del Michelangiolo potrebbe trovarci anche una maniglia. È un senatore del cubiforme Forza Italia. Senatore che ha detto: “Tutti gli episodi di violenza sono da condannare, sempre, da qualunque parte provengano. Chi usa la violenza ha torto anche quando vuole affermare un’idea giusta e condivisibile. Ha quindi fatto bene la Preside ad intervenire, la situazione lo richiedeva eccome. E poi in Italia fortunatamente c’è libertà di espressione“.

Non è dato sapere che le esternazioni di Occhiuto siano l’ennesimo piolo ficcato un mezzo ai raggi della ruota della bicicletta di Giorgia Meloni. Noi non lo sapremo mai se lui è una quinta colonna in cui si sostanzia la “vendetta” di Silvio Berlusconi contro il tepore con cui la premier aveva difeso il Cav dai contro strali di Zelensky a Kiev. Ma l’effetto è stato comunque clamoroso.

E bello: “Io penso, poi, che quello che la Preside ha scritto è giusto. Forse nell’occasione specifica avrebbe potuto sforzarsi di più per svelenire il clima limitando i riferimenti che potessero in qualche modo inasprire gli animi fortemente ideologizzati. E il Ministro infatti in qualche modo ha trovato inopportune (penso) alcune sottolineature contenute nella lettera in riferimento a quanto avvenuto”. E la chiosa è stata scelta di parte, non politica, ma etica: “Non è opportuno censurare né ovviamente sanzionare (cosa che infatti lo stesso Ministro ha subito smentito) una preside che si rivolge agli studenti dicendo cose sostanzialmente giuste anche se denotano un personale orientamento ideologico”.

Volevamo chiudere con una fase figa ma eravamo impegnati ad applaudire, applaudire due volte: per cosa è stato detto e per chi lo ha detto.

Si, è Occhiuto.

ENZO SALERA

Enzo Salera

Piaccia o no il risultato, il Partito Democratico che esce dalle urne è quello che chiedeva Enzo Salera. E cioè un Partito sganciato dalla propria storia, disancorato da una democrazia basata sulle tessere e sui voti, fluido, dove non occorrono strutture territoriali. Un Pd un po’ sul modello grillino.

Il numero delle tessere registrare a Cassino si conta sulle dita di poche mani. Il numero dei voti portati alle Primarie sono stati molti, moltissimi di più. Lo Statuto del Pd prevede questo ed in democrazia i risultati sono vincolanti. Ed è un risultato che premia quella visione di Partito che fino ad oggi Enzo Salera aveva visto bocciata dai voti: sulle Provinciali, sulle Regionali, all’interno del Pd provinciale.

Le conseguenze non tarderanno ad arrivare. Prima ci sono da sbrigare le Comunali di metà maggio, poi gli effetti si vedranno sui territori. A partire dai Congressi che definiranno i nuovi assetti su Roma e nel Pd del Lazio. Solo dopo si capirà come cambierà il Pd e se quel cambiamento porterà qualcosa di concreto: il primo tagliando è alle Europee.

In attesa, Enzo Salera si gode il risultato su Cassino.

Elly Salera.

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Ci sono partite nelle quali la palla non va dentro, tanto che la porta avversaria sembra stregata. Ci puoi tirare da lontano, da vicino, di testa, di pallonetto, pure a porta vuota: non entra. Altre in cui fai una specie di rimessa da centrocampo e la palla finisce in rete. È questa la fase nella quale si trova Giorgia Meloni: le va tutto bene, anche il Congresso del Partito Democratico.

L’elezione di Elly Schlein è una manna insperata. Perché radicalizza a sinistra il Pd e crea spazi in un centro al quale adesso sarà lei a spalancare le porte. È la polpa di un Pd che aveva votato Stefano Bonaccini ed è stato messo in minoranza dal voto successivo aperto a tutti: compresi quelli con il faccione del duce tatuato sul petto.

Prima di poter stappare lo spumante per l’ennesima volta, Giorgia Meloni dovrà aspettare le prime scelte fatte dal nuovo Segretario. Alcuni come Beppe Fioroni nemmeno le hanno attese e se ne sono andati, altri come il Partito dei sindaci sta aspettando di capire ma Giorgio Gori ha già messo in chiaro che non resterà a qualunque costo e con lui tanti altri sindaci.

Perché una strutturata come Giorgia Meloni, figlia della gavetta fatta nelle sezioni, della colla vegetale girata a mano e dei manifesti attaccati di notte sa bene che una cosa è governare e un’altra è parlare come gli studenti dei licei occupati: frase usata nelle ore scorse dialogando con Bruno Vespa. È per questo che ha telefonato alla nuova leader Dem facendole gli auguri: perché per Fratelli d’Italia non poteva esserci avversario migliore.

Perché, piaccia o no, questo è un paese Atlantista e borghese: dove l’odio verso la borghesia e le sue comodità nasce solo dalla volontà di prenderne il posto: come i grillini arrivati a Roma che dopo due mesi già avevano gettato l’apriscatole e si erano infilati nella scatoletta.

Il nuovo Pd rischia di essere l’ennesimo goal per Giorgia Meloni. Segnato da centrocampo ed a porta vuota.

È l’anno suo.

FLOP

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni

Mica tutte le ciambelle escono col buco. E infatti alla premier tocca oggi la doppia posizione nella stessa rubrica. Perché commette lo stesso peccato che imputa alla fresca nei Segretario nazionale del Partito Democratico. Quale? “Una cosa è governare e un’altra è parlare come gli studenti dei licei occupati”. E nelle ore scorse la premier l’ha buttata giù fin troppo facile: sapendo di dover accarezzare la pancia degli elettori moderati che da sempre sono la maggioranza in questo Paese.

Pance scombussolate dall’ennesima mattanza di donne e bambini che pensavano di essere finalmente fuggiti da un mondo fatto di fame, bombardamenti, torture, stupri, polizie morali. E sognavano di arrivare in un mondo più umano. Pagando con la vita quel legittimo desiderio.

Cosa ha detto Giorgia Meloni? “L’unico modo per affrontare seriamente con umanità questa materia è fermare le partenze e su questo sì serve un’Europa che oltre a dichiarare la sua disponibilità. Agisca e in fretta. Ed è la ragione per la quale oggi stesso ho inviato una lettera al Consiglio europeo e alla Commissione europea per chiedere che venga immediatamente reso concreto quello che abbiamo discusso all’ultimo Consiglio europeo”.

Da una coraggiosa e di rottura come lei ci si sarebbe aspettato qualcosa di diverso da un’insieme di ovvietà, tanto banali quanto inutili a risolvere il problema. Perché quelli morti sulle coste del crotonese non sono villeggianti che hanno preso il vaporetto economico e per questo sono affondati. Ma sono disperati in fuga per i quali quella tinozza era l’unica speranza. Al punto da stivarcisi dentro in 150 con il mare mosso.

Disperati in fuga da talebani, pasdaran, wagner in affitto; in fuga da bombe occidentali lanciate su talebani, pasdaran e wagner di cui sopra ma non facendo distinzione ammazzano miliziani e disperati civili; in fuga da studenti ai quali l’Afghanistan è stato lasciato di notte ed incuranti delle rappresaglie dopo averlo sedotto per anni con l’illusione dell’occidente; in fuga da teocrati che legittimano stupri ed impiccagioni se si indossa il velo in maniera poco precisa.

Venivano da quelle terre i disperati morti sognando la Calabria. E per “fermare le partenze” bisognerebbe fermare talebani, pasdaran, wagner in affitto, teocrati e talebani e polizie morali.

Non è roba fattibile, non è roba credibile, neppure per l’Europa, neppure con una lettera inviata al Consiglio Europeo. Ma è solo roba per quietare le pance disturbate da tutti quei cadaveri di disperati che ora il loro paradiso lo hanno trovato: ma non in terra di Calabria. Non in terra.

Tra poco toglie la fiamma e ci mette lo scudo crociato.

EMMA BONINO

Emma Bonino

Blindare un simbolo per evitare che qualcuno colonizzi le finalità di cui è totem è un atto tutto sommato legittimo ma non molto elegante. Non lo è perché non tiene conto di un dinamismo storico che per ovvi motivi coinvolge anche i sistemi complessi dei Partiti, che in linea teorica della storia dovrebbero seguire l’usta.

Il congresso di +Europa si è concluso da poche ore e il senso che ne è andato in silloge, al di là dei risultati concreti, è che Emma Bonino questo messaggio non lo ha capito.

Capiamoci noi in preambolo: fosse stato +Europa un Partito guidato da un retrogrado burosauro le cose sarebbero state considerate in maniera più soft. Ma considerare che a fare quadrato come i contadini romani abruzzesi chiamati alla leva da Caio Mario sia stata un’icona di modernità ed una che ha precorso i tempi da sempre, fa vedere la faccenda sotto un’ottica un po’ più miserella.

Il dato è che i vertici storici di +Europa, la stessa Bonino con Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi, eletto Segretario con tanto di tweet zuccheroso-protocollare di Calenda, hanno fatto le barricate coi mobili buoni lasciati dal terzopolista per contrastare la scalata del partito da parte di nomi nuovi. Quali nomi? Gente che aveva il diritto di provarci, sennò si finisce nell’eugenetica di Partito e ci si incasina in un dedalo di questioni concettuali inutili. Nomi come l’ex sindaco di Parma ed ex grillino Federico Pizzarotti, eletto Presidente dopo una sofferta presa d’atto. O come Piercamillo Falasca e, attenzione, ex radicali doc come il già tesoriere Valerio Federico.

La blindatura del simbolo, “un cerchio con scritto +Europa in carattere stampatello di fantasia con il simbolo + sovrapposto alla lettera Eè sembrata una forzatura senescente per evitare che quel Partito andasse avanti per una strada che forse lo gridava da tempo, che c’era bisogno di cambiare.

E che ve ne fosse bisogno al di là di quel nome così moderno, attuale ed evocativo con la parola “Europa” e il simbolo matematico per far capire che in Italia di Europa tutto sommato ce n’è pochina. Ma la Bonino non lo ha capito ed è rimasta per troppo tempo con il cerino della testardaggine in mano ed a difendere il fortino come l’ultimo giapponese dell’isola. E sapere che lei è una che andava per mari sconosciuti quando gli altri a malapena prendevano il canotto per il giretto della cala fa un po’ tristezza.

No, Emma proprio no.