Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 15 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 15 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 15 marzo 2023.

TOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

La sua analisi coincide alle sue aspettative e non è affatto detto che in questo ci siano il male dell’utilitarismo o l’approssimazione delle strategie facili in lavagna. Quale analisi?

Quella che Giuseppe Conte, a mente fredda e con piglio cartesiano, ha dato dell’arrivo di Elly Schlein alla guida del Nazareno. Arrivo che non è stato scatto ordinario in casella di avvicendamento, ma irruzione, slavina sullo scenario politico italiano con effetto domino in tutte le opposizioni. Movimento Cinque Stelle incluso.

Per Conte la Schlein avrà molto da fare “perché conosciamo molto bene le correnti del Pd, il modo in cui è strutturato un partito di antica tradizione“. Che significa? Che quello del leader pentastellato è un augurio a ché la neo Segretaria getti le basi pratiche per avvicinare le posizioni Dem a quelle di una minoranza belluina come il M5s.

E dove starebbe il guadagno, a contare che quel PD andrebbe ad erodere ruolo e consensi al Movimento? “Vogliamo continuare con una forte opposizione costruttiva. Non abbandoneremo un atteggiamento costruttivo con risposte concrete a un governo che fin qui si è dimostrato molto inadeguato“.

Esattamente in quella difficile equazione nella quale Conte sta provando ad equalizzare due incognite: tenere i consensi del M5s comunque alti approfittando del fatto che nei Dem non tutto della line massimalista di Schlein verrà fatto passare. Ed usare quello che sindacabilmente verrà fatto passare per dare nerbo alle battaglie del M5s. Il tutto con appoggi ausiliari impensabili con il degradato rapporto fra lui ed Enrico Letta, in primis il salario minimo.

Giuseppe Conte sta giocando su due tavoli e per ora lo sta facendo bene, dimostrando quanto meno che la sua ormai da tempo non è più l’effimera parabola di un “cenerentolo” spedito da Grillo a istituzionalizzare senza far danno la sua ormai “quasi ex” creatura.

Giuseppi muove cavallo.

CARLO NORDIO

Il Guardasigilli Carlo Nordio

Lo hanno messo al Governo esattamente per quello. E lui si è applicato con rigore e passione. Andando forse oltre le aspettative della premier Giorgia Meloni: che piazzando Carlo Nordio alla Giustizia immaginava di avere un rispettato interlocutore con il bizzoso mondo della magistratura, capace di fare la sintesi con le richieste di riforma che fermentano tra le toghe, guadagnandone sintonia e consenso.

Ma talvolta quelli troppo bravi vanno troppo presto al punto e con troppa precisione. Dimenticando che in questo Paese tutti si lamentano della confusione ma poi è al suo interno che trovano la libertà per fare un po’ come gli pare. È per questo che la riforma della Giustizia messa a punto dall’ex magistrato Carlo Nordio sta cominciando a togliere il sonno a più di qualcuno dei suoi colleghi.

Le indagini? Segrete fino al dibattimento. Le intercettazioni? Idem, quando due persone parlano di una terza, la trascrizione non sarà consentita. La carcerazione preventiva? Da riformare. Fine dell’infallibilità per i magistrati, alcuni dei quali si sono da tempo accomodati sull’Olimpo accanto alla dea Dike. E invece “Una giustizia seria è quella che si dota di strumenti utili per non aver paura di giudicare anche se stessa”. Un freno alle indagini avviate in base ai titoli che si possono ottenere: “Un giudice non deve giudicare i fenomeni. Non deve giudicare quelli politici e tantomeno quelli sanitari” con chiaro riferimento all’indagine sul Covid.

Di più ancora: le indagini sui sindaci ed i loro funzionari assorbono una marea di energie e quasi sempre si concludono con una perdita di tempo; non a caso, prima erano competenza dei Comitati Regionali di Controllo sugli Atti degli Enti Locali. Per il ministro: “Se noi abolissimo il reato dell’abuso di ufficio, il 99% degli amministratori comunali ci farebbe un monumento”.

Sta talmente avanti che nel momento in cui un Palazzo di Giustizia come quello di Prato rispetta tutte queste norme di civiltà giuridica ed archivia la posizione del governatore Dem della Toscana senza che nessuno avesse mai saputo che era indagato e tirargli addosso un po’ di palle di fango, sono stati proprio i consiglieri regionali FdI a lamentarsi.

Anche la metà già va bene.

FLOP

ENRICO BORGHI

Enrico Borghi

Claudio Borghi ha sostenuto Stefano Bonaccini alle Primarie, adesso ligiamente sostiene Elly Schlein che su Bonaccini ha prevalso. Ma non tutto ciò che Schlein rappresenta lo convince: un classico insomma.

Classico su cui però aleggia l’ombra di venia di un’altra cosa che non convince Bonaccini: il neo magnetismo del M5s contiano nei confronti del nuovo Pd “massimalista.

Ecco, lì Borghi un po’ sbaglia e i semi contraddittori del suo errore sono a nido nell’humus delle sue stesse parole. Per Borghi il Pd ‘è il punto di riferimento dell’alternativa alla destra“. Il che nelle sue intenzioni dialettiche e nella sua visione esclude un’endiade di ruolo con i pentastellati.

Borghi non ritiene infatti che con Schlein, Conte possa tornare ad essere ‘punto di riferimento fortissimo per i progressisti‘. Per il dem la segretaria ha esordito bene ad inizio mese nel richiedere le dimissioni di Matteo Piantedosi ma mette il dito nella piaga, quella per cui certe scelte forti vanno non solo proclamare ma argomentate. “Chi ha vinto ha il dovere di attuare una linea politica e di costruire le ragioni dell’unità nel rispetto del pluralismo, tenendo conto della peculiarità di questo voto distinto tra iscritti ed elettori. Confido che questo avverrà“.

Insomma, il senatore riformista è ancora “contro” e la sconfitta interna ancora gli brucia, tuttavia proprio non ce la fa a dirlo chiaramente. E si sta perdendo in iperboli a metà fra accettazione forzosa e critica bizantina, esattamente gli ingredienti costitutivi delle sconfitte ataviche di un Partito dalla dialettica troppo cerchiobottista e pieno di “bande” che si contendono il territorio.

Schlein ha rappresentato un sentimento largamente diffuso nel nostro Partito e nei gruppi parlamentari. Ma non ci si può fermare alla richiesta delle dimissioni di Piantedosi“. Il sunto è che Borghi dice cose giustissime e condivisibili ma lo fa con la timidezza infida dello stackeholder, non con la fermezza del sodale ma non troppo. E così facendo toglie forza a ciò che dice.

Più coraggio.

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini e Claudio Durigon (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

La cinematografia ne è piena. Hans Petter Moland poi ha voluto dirlo non solo per immagini ma è andato al sodo già direttamente nel titolo: Out Stealing Horses – Il passato ritorna. E non sempre è comodo. Soprattutto quando pensavi che tutti lo avessero dimenticato, confidando poi in un popolo come quello italiano: che legge pochissimo, capisce poco di ciò che legge, il più lo interpreta come meglio gli conviene.

Invece in questi anni ha preso sempre più forma la memoria digitale, una sorta di coscienza del web. È da lì che saltano fuori le frasi pronunciate appena nel luglio scorso da Matteo Salvini, in quei giorni autorevole sostenitore del Governo guidato da Mario Draghi che però attaccava a giorni alterni per logorarlo e prepararsi alle elezioni. In quei torridi giorni a cavallo con l’agosto più caldo nell’epoca recente, il quotidiano Repubblica pubblicò una delle sue inchieste giornalistiche. Documentando ciò che a chiacchiere era evidente: dietro alla massiccia spinta dei profughi dalla Libia c’erano i micidiali sgherri filorussi della Wagner.

Matteo Salvini all’epoca ebbe a commentare: “La colpa è di Pd e Lamorgese“. Balle insomma. Oggi che però al Governo c’è lui con Giorgia Meloni, i suoi colleghi ministri Crosetto (Difesa) e Tajani (Esteri) sono giunti alla stessa conclusione di Repubblica.

Le questioni sono due. O Matteo Salvini è un incompetente messo a fare il ministro solo perché lo ha chiesto il Partito di cui è leader, nonostante sia evidente che non abbia un quadro affatto chiaro della situazione internazionale intorno all’Italia. Oppure ha chiarissima la situazione, ma a luglio l’ha sfruttata solo per mettere in difficoltà gli avversari. In entrambi i casi, la figura che rimedia è la stessa. Non sarà un problema: gli italiani non leggono, se leggono ne comprendono poco, il più dele volte capiscono ciò che voglio.

Non sputare in aria…