Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 22 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 22 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 22 marzo 2023

TOP

MATTEO CAVALIERI

Matteo Cavalieri in Ucraina

Mettiamo che un tizio ad un certo punto della sua vita e in tempo perfetto per farli fruttare si ritrovi in tasca una laurea in Ingegneria Meccanica all’Università di Bologna nel 2013, un Master in Ingegneria e Scienza dei Materiali all’Università di Delft nel 2016 e un dottorato in Scienza dei materiali all’Università Politecnica Federale di Losanna nel 2021.

Mettiamo che questo tizio viva e lavori in Svizzera, uno dei paesi con gli stipendi più alti al mondo dove anche un mattonatore interinale bravino ma non bravissimo porta a casa di che vivere più che bene. Ecco, adesso mettiamo che questo tizio, dopo aver preso a lavorare in un posto dove le sue skill vengono valorizzate (e pagate) al massimo grado, un giorno faccia un viaggio in Uganda. E che lì si accorga, toccando con mano, che la Svizzera non è il mondo e che nel mondo ci sono posti dove conta sopravvivere, non vivere bene.

Matteo Cavalieri ha 31 anni, è di Santarcangelo di Romagna ma vive a Losanna e perciò era entrato nel guscio, setoso e tiepido, di quello che sarebbe dovuto essere nella logica del mondo come va oggi. Poi ad un certo punto l’ingegner Cavalieri ha incontrato Matteo, quello vero, e si è fatto convincere ad uscire dal guscio, guscio comodissimo ma con poca aria per polmoni che ne chiedevano di più e di più pura.

Oggi lui lavora per la Ong locale Heks-Eper, è in Ucraina ad aiutare ed ha la faccia serena di chi ha capito quale sia il suo posto nel mondo. Lo ha detto lui e lo ha detto benissimo, tra l’altro: “Una persona può stare ovunque nel mondo, ma il suo posto è uno solo, quello più vicino ai propri sogni“. A Matteo non piace vedere che la gente soffra, ed al Matteo di prima non era mai piaciuto anche solo sapere che ci fosse gente a soffrire. Solo che se lo doveva dire a voce alta, con il megafono vicino alla bocca dell’anima.

Lui ha ascoltato con le orecchie lavate da una vocazione primeva ed ha ubbidito a se stesso. “Quando sono tornato in Svizzera dopo quel viaggio, i primi mesi li ho sofferti tantissimo. Ero proprio disgustato. Ero passato da uno dei 5 Paesi più poveri del mondo a uno dei più ricchi. In Uganda ho visto una realtà con problemi talmente basilari da farmi pensare che potevo dare una mano“.

Perciò Matteo è andato, semplicemente è andato. E’ andato dove doveva stare, che non è l’Uganda o l’Ucraina oppure la Svizzera. E’ dove abitava la sua anima, in attesa che arrivasse la sua testa. Testa al centro della quale adesso si vede un grosso sorriso.

La rotta giusta.

FABIO CARLESSO

Un maledetto, banalissimo, batterio. Piccolo, piccolissimo, microscopico. Che potrebbe esserti entrato dentro in chissà quanti modi. L’organismo si difende, si innesca un’infiammazione: si chiama Meningite Fulminante. Fabio Carlesso (48 anni) di Sezze ci ha dovuto fare i conti nel 2019: gli è costato mani e piedi, li hanno dovuti amputare. La vita salva, gli arti perduti sul campo di battaglia contro la malattia.

Lui ha deciso di proseguire la lotta. E sfidare i segni lasciati dalla malattia. Ha lanciato un crowdfounding: una raccolta di fondi sul web per raccogliere i 60mila euro necessari a comprare due nuove mani bioniche di ultimissima generazione.

Li ha raccolti in meno di due settimane, grazie a 986 donazioni ricevute in 13 giorni per un totale di 60.145 euro. C’è stata una persona che ha versato duemila euro. Fabio ha già contattato le Officine Ortopediche Maria Adelaide di Torino, produttrice delle mani ultra tecnologiche Nexus: gliele consegneranno in due settimane.

Non si è arreso. Ha vinto la sua battaglia. Ha messo a nudo la vergogna tutta italiana di un nomenclatore (l’elenco delle protesi e dei supporti) fermo al 1999. Se Fabio avesse dovuto accontentarsi delle protesi fornite dalla Asl gli avrebbero impiantato delle mani di vecchia generazione, dove non si può muovere un dito alla volta ma solo tutti insieme per aprire e chiudere la mano. Quindi non si possono compiere azioni oltre quelle elementari. Ma questa è una sfida per il Governo. Fabio ha affrontato la sua.

Qua la mano e batti un cinque

FLOP

NELLO MUSUMECI

Nello Musumeci (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

A noi italiani piacciono da sempre i proclami “sboroni”, direbbe un emiliano. Ci piacciono perché contengono il germe di tutto quello che potremmo essere e che non saremo mai per antica consuetudine. Una consuetudine che ci porta a conoscere benissimo i nostri difetti ma senza riconoscerli al punto tale da mettere in casella delle cose da migliorare.

E quando si parla di opere pubbliche e di politici italiani l’acme della boria pubblicistica lo abbiamo raggiunto con l’arrivo dei superliberisti, di una classe politica cioè che, dietro input del capostipite arcoriano, ha sempre fatto finta di odiare gli slogan preferendo il “fare”. E facendo della mistica del “fare” il suo migliore slogan, un amore di ritorno, in pratica.

Nello Musumeci, ex governatore della Sicilia ed oggi ministro per la Protezione civile e la Politica del mare, è forse uno dei testimonial più fieri di questo strano modo di fare. “In Italia, investire sulle infrastrutture non è un costo è una spesa che poi determina ritorno sullo stesso territorio: noi dobbiamo adeguare il nostro sistema portuale alla movimentazione, dobbiamo configurarla rispetto a una concorrenza straniera che è sempre più spietata e sono convinto che il privato possa, in questo senso, giocare insieme al pubblico un ruolo importante”.

Tutto bello se non fosse che in Italia la burocrazia piega alle sue logiche anche le putrelle di adamantio. Poi la botta scout: “Dobbiamo essere meno litigiosi e più concreti. In questo senso, l’economia del mare credo che abbia negli ultimi anni dimostrazione di come si possa aumentare il Pil e il livello di occupazione e guardare il futuro con minore scetticismo e maggiore fiducia”.

L’ammissione finale è una mezza resa: “Il Pnrr scade nel 2026, pensare di realizzare una media o grande infrastruttura entro questo lasso di tempo, con le nostre leggi e con autorizzazioni ambientali, sarebbe soltanto una follia”.

Insomma, Musumeci proclama che dobbiamo svegliarci ma riconosce che siamo dipendenti dai sonniferi eppure spiega che dobbiamo andare a disintossicarci dal letargo decisionale.

Tutto molto bello. E banale. E praticabile. Magari con meno slogan.

Spottone.

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Il suo incubo si chiama Elly Schlein, non Giorgia Meloni. E sta agendo di conseguenza. Anziché fare opposizione ad un governo di destra sta facendo di tutto per contrastare il nuovo corso del Partito Democratico. In questo modo Giuseppe Conte sta perdendo un’altra occasione grandissima dopo quella perduta con le elezioni Regionali del Lazio: evitando l‘alleanza con i Dem ha regalato a Fratelli d’Italia un’elezione che i numeri davano per contendibile.

Ora il bis. Alle Camere il centrodestra può permettersi ogni divisione. E non mancano esempi, ogni giorno, di distinguo tra FdI, Lega e Forza Italia. Ma anzichè dare vita ad un’opposizione unita capace di azzannare la maggioranza ai polpacci, il Movimento 5 Stelle sta combattendo contro il possibile alleato. I numeri dicono che ad oggi le opposizioni sono divise in quattro: Pd, M5S, Sinistra e Terzo Polo (che ogni tanto vota con la maggioranza). Ma i testi delle prime tre forze sono assolutamente sovrapponibili.

L’impressione è che sia in atto un gioco a chi si smarca prima tra Terzo Polo e Pentastellati, pronti a surrogare Lega o Forza Italia qualora dovessero fare i capricci. A correre in supporto del vincitore anziché fare opposizione. Ciò per cui gli elettori hanno votato.

Come i capponi di Renzo.