Top e Flop, i protagonisti di mercoledì 3 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 3 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di mercoledì 3 maggio 2023

TOP

GENNARO SANGIULIANO

Gennaro Sangiuliano

Non è tipo da lodi sperticate ed il suo battage televisivo è più spesso impedimento che upgrade. Però in quanto a ruvida sincerità non lo batte quasi nessuno. Premessa per capire la chiave di lettura per emendare quello che apparentemente potrebbe sembrare uno sconcio: se vuoi mantenere alto e sano il patrimonio artistico e turistico di un sistema complesso non lo puoi dar via gratis.

La bellezza, la sua preservazione e la logistica della sua proposizione sono cose che costano perfino a chi ha due castelli medievali, una torre con annessi cornacchioni e quattro pietre druidiche da esibire, figurarsi poi se sei l’Italia che della bellezza artistica è la Banca Mondiale. Qualche esempio?

Per issarsi fino alla cima dell’Empire State Building di New York e godere della stessa vista che ebbe King Kong quando fece all’aviazione Usa quello che noi facciamo ai pappataci a luglio una famiglia di 4 persone deve spendere circa 125 dollari. Tanto costano un ascensore, una guida ed un affaccio. Per entrare nei Musei Vaticani quella stessa famiglia paga 18 euro pro capite e una volta entrata, magari dal trenino che arriva anche a Castel Gandolfo, dentro non ci trova i luoghi di un gorilla di 12 metri in gommapiuma, ma ci trova la Cappella Sistina.

Ecco perché Gennaro Sangiuliano ha fatto benissimo a dire da ministro della Cultura che “conservare e preservare come ci impone l’articolo 9 della Costituzione il nostro patrimonio artistico costa tantissimo”. Ed a metterla giù franca: “Quindi è bene che noi cominciamo moderatamente a far pagare le nostre bellezze. E’ giusto che questi beni vengano pagati”. Poi ha annunciato una cosa che ha fatto insorgere i soliti social in perenne credito di raziocinio: “L’esempio dell’ingresso a pagamento per il Pantheon sarà seguito anche per altri monumenti“.

Sanguliano ha poi indorato la pillola ma non serviva, se solo noi italiani avessimo un decimo dell’orgoglio dei sassoni: “Abbiamo un’estensione gratuita molto ampia e che dedichiamo una domenica gratuita di accesso a tutti i musei una volta al mese. Alle domeniche ho aggiunto tre date-simbolo della storia nazionale: il 25 Aprile, il 2 Giugno e il 4 Novembre. Riconosciamo una sorta di welfare dei musei molto ampia e estesa“.

Il prezzo ed il valore.

ANDREA AUGELLO

Andrea Augello e Francesco Storace ai tempi della Giunta Regionale (Foto: Carlo Carino © Imagoeconomica)

James Freeman Clarke è stato un teologo statunitense che si ritrovò a fare il ministro: fu tra quelli che lottarono per abolire la schiavitù. È sua la celebre distinzione tra il politico e lo statista, in base alla quale nello Stivale siamo pieni di abili chiacchieroni ed orfani di personaggi con una lunga capacità di visione. Uno dei suoi concetti base venne ripreso e reso celebre in Italia da Alcide De Gasperi: “Un politico è qualcuno che pensa alle prossime elezioni, mentre lo statista pensa alla generazione futura. Il politico pensa al successo del suo Partito, lo statista al bene del suo Paese”.

Andrea Augello, al quale è stato dato ieri l’addio terreno, ha avuto una capacità superiore a quella dello Statista. È stato capace di andare oltre la sua stessa esistenza e compiere l’ultimo atto politico nel corso del proprio funerale. Mentre era già composto nel guscio in legno, intorno a lui nella nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli è andata in scena la dimostrazione evidente che fascismo e comunismo sono due concetti sorpassati. Che vengono usati oggi in politica solo per fare confusione.

Lo ha fatto sollevando dall’incombenza dell’orazione funebre tutti i suoi tanti amici. Assegnandone il compito al papa comunista Goffredo Bettini ed alla leader che ha portato al governo la destra Giorgia Meloni. Che con i loro interventi hanno reso evidente l’anti storicità di quella contrapposizione.

Nessuno meglio di Francesco Merlo su Il Foglio ha avuto la capacità di dire che è solo comoda farsa. Scrivendo

“Come se Berlinguer e Almirante non si fossero mai parlati, quasi sessant’anni fa nel tentativo di mettere fine al terrorismo, come se Pajetta non avesse mai fatto omaggio alla salma del segretario del Msi nel 1988, come se Pertini non fosse andato a trovare Paolo Di Nella morente in ospedale nel 1983, come se Trombadori non avesse partecipato sul finire degli anni Ottanta a un dibattito alla Sapienza, organizzato da Gianni Alemanno, pronunciando parole sul “fuoco” che andava spento e andava sostituito dal confronto delle rispettive storie e delle rispetti- ve identità”.

Non si costruisce sull’odio. Ed a dirlo è stato in vita Andrea Augello, uomo formatosi nella fucina delle sezioni Msi; che ha impiegato la sua vita a far crescere la destra vincendo le elezioni nel Lazio. Ma in tanti non avevano voglia di ascoltarlo. Perché il teatrino faceva più pubblico e voti. Si è fatto ascoltare da morto.

In memoria di uno statista.

FLOP

ETTORE ROSATO

A torto o a ragione è stato sempre considerato il “Seneca” di Matteo Renzi, quello posato e razionale cioè che fredda i bollori cesaristi del “capo” e li mette a servizio di un buon senso. Un equilibrio, quello di Ettore Rosato, che a volte ha ottenuto il suo scopo ed altre, per semplice auto enunciazione. Magari non è andato a meta ma ha dato la certezza che al fianco dell’entropia renziana ci fosse una stanza dove riposare il cervello.

In occasione della prima vittoria elettorale di Elly Schlein con il suo Pd a Udine però Rosato non si è giocato la matta dell’equilibrio. Ma quella dell’orgoglio. Sarà stata colpa delle recenti scalmane del suo leader con Azione di Calenda. Sarà stato perché Rosato oggi deve giocare più all’autoconservazione che a fare il collante, ma il risultato è quello e non appare nitido in quanto ad acume.

Preambolo. Questo aprile che si chiude ha regalato al centro sinistra (o alla sinistra centro) la vittoria molto importante. Quella con cui è stato battuto il sindaco uscente della Lega, Pietro Fontanini ad Udine. E nei giorni a seguire il fatto, a suo modo epocale, si sono succeduti i commenti.

Fra quelli aveva preso piede, in maniera subdola ma benevola al contempo, la chiave di lettura di una vittoria ottenuta grazie al “campo larghissimo”. Un campo che ha visto insieme Terzo Polo, Pd, sinistra e M5S. Insomma, al di là del fatto che fosse evidentemente un’iperbole in cui i soggetti erano accomunati dal fine ma non dall’omogeneità ai blocchi di partenza, pareva un segnale buono per costruire anche a livello nazionale un “modello anti Meloni”, che funzionasse.

Tuttavia Ettore Rosato ha immediatamente chiarito: “Felice per la vittoria di Alberto Felice De Toni sindaco di Udine. Abbiamo costruito un bel progetto per la città e scelto il profilo giusto“. Poi l’ha calata ruvida: “Modello Udine? De Toni è stata una candidatura nostra del Terzo Polo su cui poi è venuto il Pd“. Poi al ballottaggio si è aggiunto il sostegno dei 5 Stelle. “Non è stata un’alleanza organica“.

E dicendo le cose giuste in punto di verità ha detto quelle sbagliate in punto di opportunità.

Ettore chiama Arcore.