Top e Flop, i protagonisti di sabato 10 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 10 giugno 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 10 giugno 2023.

TOP

CARLO CALENDA – MATTEO RENZI

Carlo Calenda e Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Già il fatto di vederli fare cose insieme appare consolatorio. Ma l’oggetto di ciò che insieme hanno fatto è oggettivamente una questione che sta molto oltre il ruolo di “colla” dopo le recentissime fratture tra i mondi che rappresentano. Matteo Renzi e Carlo Calenda sono separati in casa da oltre un mese e mezzo e forse stanno tastando il terreno di grandi temi mainstream per riprovarci sul piano politico. E che questo scopo recondito ci sia o meno poco cale, perché stavolta il tema è serio ed anche se i due – ed il loro Partiti – avessero il coltello nascosto dietro la schiena poco interessa.

Il dato è che Azione – Italia Viva ha presentato a Montecitorio una proposta di legge che verrà depositata a Camera e Senato. A cosa punta? Ad una cosa serissima, tenendo conto di oggetto e contesto: “È tesa a regolare l’accesso ai social dei minori“. Portavoce dell’iniziativa è stato quel Matteo Richetti che a volte sa essere più vescovo dei vescovi veri e che coniuga anima bellicosa con piglio democristiano. E li dosa benissimo.

Richetti lo ha fatto nel corso di una conferenza stampa con Carlo Calenda, Mara Carfagna, Elena Bonetti e Giulia Pastorella. Calenda ci ha messo del suo e vederlo forse per la prima volta meno utilitarista e più concettuale fa decisamente bene. E ha detto: “Oggi la situazione è molto allarmante. Le famiglie sono lasciate sole in una condizione in cui di fatto c’è un far west. L’81% degli adolescenti è su Instagram, l’iscrizione ai social comincia dai 11 anni, oltre la metà dei giovani utilizza lo smartphone per più di 3 ore al giorno”.

Cosa accade da anni con questi presupposti senza norma? “Gli effetti sono lo sviluppo della dipendenza, la depressione, la crescita dei disturbi dell’alimentazione e del sonno, il cyberbullismo. Una normativa ci sarebbe già: in Italia si potrebbe accedere ai social solo dai 14 anni in poi. Ma non c’è nessun tipo di controllo“.

Da qui il bisogno di lanciare un possibile legiferato: per “innalzare l’età per esprimere il consenso al trattamento dei dati per l’accesso ai social da 14 a 15 anni; di vietare l’accesso ai social ai minori di 13 anni e permetterne l’utilizzo tra i 13 e i 15 anni solo con il consenso dei genitori; di stabilire un processo di certificazione dell’età”. E non mancherebbero la batoste per chi violasse la possibile norma: “Sono previste anche sanzioni e ci si rifà al Regolamento Ue in merito che “prevede multe fino al 4% del fatturato globale“.

Sono cose che, dette da un twittatore seriale come Calenda e benedette da un postatore compulsivo come Renzi, fanno decisamente bene a chi li vorrebbe assieme, ma fanno benissimo a chi vorrebbe i social a portata di coscienze fornate e il meno vulnerabili possibile.

Insieme si può.

MAURO BUSCHINI

Mauro Buschini

Si è imposto il silenzio. Anche di fronte all’evidente assedio lanciato al suo ultimo fortino che profuma ancora di vernice appena passata sulle pareti. Hanno intenzione non solo di espugnarlo: ma di raderlo al suolo e riscrivere tutte le regole sulle base delle quali sono stati edificati gli Egato, gli enti per la gestione centralizzata dei rifiuti nelle singole province dove invece oggi ogni Comune si organizza ed appalta da solo. Mauro Buschini, il presidente dell’unico Egato dei rifiuti varato finora nel Lazio, nonostante le voci degli assedianti siano sotto alle finestre rimane fedele alla regola del silenzio.

Giusto o meno che sia, efficace o meno che si riveli: nella vita si vive anche e soprattutto di segnali che si mandano. Dicendo le cose giuste nel momento più appropriato. Mauro Buschini lo ha fatto quando era capogruppo del Partito Democratico nell’Aula della Regione: grazie a quei segnali e quelle parole, insieme a Daniele Leodori ha costruito il Patto d’Aula che per oltre un anno ha consentito a Nicola Zingaretti di governare tranquillo.

Poi è arrivato il momento degli assedi. Le nuove regole della comunicazione impongono di lasciarsi accerchiare dalle telecamere, rispondere, denunciare l’assedio e mandare un segnale sibillino agli avversari che li induca a levare le tende. Lui invece si è formato ad una scuola politica che ormai è chiusa: silenzio totale ed a parlare devono essere i fatti.

Francesco Rocca

Ad esempio, quando in Regione l’hanno messo in discussione: ha chiesto l’istituzione di una commissione che lo giudicasse presieduta dagli avversari e s’è fatto di lato; senza mai parlare fino al giorno in cui tutto è stato definito.

Gli Egato dei rifiuti non spariranno: li prevede una legge nazionale. Sparirà forse la norma che prevede un appalto unico uguale per tutto: dipende dalla volontà politica. Spariranno presidenti, CdA e strutture per assegnare tutto in capo ai presidenti delle Province: pure questo dipende dalla volontà politica.

Per il presidente epurando poco conta: Buschini si è calato nel nuovo ruolo di tecnico ricevuto in prestito dalla politica. Ed i tecnici non parlano. Efficace o meno che risulti. Ma sono le regole non scritte ad imporlo.

La strategia del silenzio.

FLOP

ELLY SCHLEIN – VINCENZO DE LUCA

Vincenzo De Luca (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Il Caso Ciani che ha tenuto banco in questi giorni ne ha sollevato un altro. Parallelo ma delicato come un premolare cariato e col nervo scoperto. È un tema delicato perché non mette solo in agenda la necessità del Pd di avviare la “fusione fredda” delle sue varie anime con spot politici di rappresentanza. Ma che pone sul tavolo l’inimicizia politica palese tra chi oggi il Pd lo guida e chi del Pd è anima autarchica ed irrinunciabile. (Leggi qui: La distanza tra Elly e l’ordinata rivoluzione del Lazio).

Elly Schlein e Vincenzo De Luca non si sopportano da sempre: la prima è ultra prog e massimalista e tiene a bada, non senza difficoltà, tutto il Partito. Il secondo è un dem conservatore, è satrapo potentissimo della Campania e per certi versi autarca della stessa. E tiene a briglia stretta tutto un mondo di cui il Pd ha bisogno, per numeri e per battage.

E dopo che la Schelin aveva silurato il figlio di De Luca, Piero, dal ruolo di vice capogruppo alla camera, per far spazio al cattolico Paolo Ciani, il fuoco alle poveri che già c’era è diventato rogo al sartiame e boato in sentina. Ha detto la Schlein: “Ci siamo impegnati a garantire il pluralismo nei gruppi e si è lavorato in questo senso“. Insomma, Piero De Luca non è stato vittima di una defenestrazione malevola e mirata, ma di un avvicendamento necessario e giusto.

Elly Schlein (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Nei gruppi parlamentari abbiamo due capi espressione della maggioranza, era giusto avere due vicari che non hanno votato me al congresso. Questo ha portato altre modifiche basate sul pluralismo, chi ha avuto risultati all’estero, chi con altre liste che si sono presentate con noi, in modo che tutti possano portare un contributo e essere valorizzati nel contributo che portano“.

E De Luca? La sua risposta aveva preso sostanza in un post al sapore mandorlato, lieve e letale di cianuro apparso come un velato riferimento: “In politica, come nella vita, non c’è nulla di più volgare dei radical-chic senza chic“.

E tra la prima che nell’invocare il turnover non ha saputo mascherare la soddisfazione per chi dallo stesso è stato colpito ed il secondo che butta giù il loop trito dello snobismo da salotto del suo stesso Partito ma non ne fuoriesce mai non si sa chi ha floppato di più. Peccato, perché messi assieme avrebbero fatto una coppia formidabile.

Insieme si poteva.

VIRGINIA RAGGI

Virginia Raggi (Foto: Andrea Giannetti / Imagoeconomica)

C’è una cosa peggiore dello sputare nel piatto. È sputare addosso agli altri commensali. Perché significa ignorare che si sta tutti intorno alla stessa tavola e che la minestra di cui ci si sta cibando è stata realizzata con il sacrificio di tutti. Sono regole di buona educazione che nella politica della Prima Repubblica erano sacroosante e non esistevano deroghe.

Infatti, quando s’è cominciato a non rispettarle, è cominciato il declino di un sistema che alla fine si è felicemente autoaffondato. Proiettandoci in quello attuale che del primo non ha né le fondamenta, né l’educazione: una specie di suk tribale. Nel quale durante il pasto è possibile accoltellare il commensale.

Solo così si spiega la nota con la quale ieri l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi ha sputazzato addosso a tutto il lavoro costruito nel Lazio per cinque anni dal Movimento 5 Stelle del quale lei stessa fa parte. Ignorando lo stop imposto per legge regionale ai termovalorizzatori, i nuovi parchi, le nuove norme dal sapore grillino che vigono tutt’oggi nella regione. (Leggi qui: Via alla cancellazione del passato nel M5s).

Il pretesto sono stati gli Egato, definiti ‘inutili poltronifici‘. Ben sapendo che dietro quella norma c’è anche il suo Partito. Perché il Piano Regionale dei Rifiuti nel Lazio è stato scritto con il contributo decisivo del M5S. La cosa sgradevole è che lo abbia fatto apposta. Per colpire la sua ex avversaria Roberta Lombardi: che di Nicola Zingaretti è stata alleata ma attenta difenditrice dell’identità e dei principi pentastellati.

Ora che lei ha lasciato la politica in ossequio alla norma sui due mandati è iniziata l’opera di demolizione del mito e delle opere. Nella Prima repubblica fu il segnale che era iniziata la fine.

Mai segare il ramo sul quale si sta seduti.