Top e Flop, i protagonisti di sabato 20 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 20 maggio 2023

TOP

GIANCARLO GIORGETTI

Giancarlo Giorgetti

Per spendersi si sta spendendo, e tanto pure. In più pare che lo stia facendo in punta di pallottoliere ma con le idee molto chiare su come bisognerà rispondere ai solleciti sul Mes. Giancarlo Giorgetti ha le stigmate del ministero dell’Economia con un governo che alla stessa sta provando a dare un nuovo tratto realizzativo. Perciò su di lui cadono inevitabilmente gli strali di quanti pensano che la “vision” del governo Meloni su un tema così delicato sia azzardata ed a volte discrasica da elementi di buon senso basico.

E tuttavia Giorgetti non ha patito particolari affanni nel tenere la barra dritta su quell’orizzonte e in queste ore sta facendo un altro tipo di salti mortali. Quali? Quelli per dare risposte concrete ed immediate a Bruxelles con il Mes. Non si è mai del tutto arrestato infatti il pressing sull’Italia in ordine alla ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità.

Il motivo è evidente: con quel passaggio finale Roma darebbe disco vedere all’entrata in vigore del trattato che amplierebbe la potenza di fuoco del Fondo di Risoluzione Unico. In questo modo e da un punto di vista collegiale l’area euro sarebbe meno fragile di fronte ad una eventuale crisi bancaria su vasta scala.

Il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe aveva giocato di fino e l’aveva buttata in retorica democratica ma con l’intento esattamente opposto. E aveva detto: “Rispettiamo pienamente il fatto che singoli Paesi possano decidere di non avvalersi della capacità aggiuntiva del Fondo di Risoluzione Unico” che verrebbe assicurata dalla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità. Ma la riforma riguarda “il rafforzamento delle reti di sicurezza” nell’economia dell’area euro “anche per altri governi“.

E Giorgetti che ha recepito come Bruxelles parli a nuora affinché suocera intenda. Si sta facendo carico di portare la spinosa questione all’attenzione di un esecutivo che sul tema non ha neanche bisogno delle opposizioni parlamentari, da quanto è divisivo già in seno al team di governo.

Non avrà vita facile a Palazzo Chigi, ma se gli riesce avrà vita facilissima negli ambienti europei che oggi di Roma, piaccia o meno, sono i controllori.

Eroico.

GIOVANNI ZONFRILLI

La Regione Lazio illuminata di viola

A diciotto anni ha capito cose che molti magistrati dell’Antimafia hanno compreso solo dopo decenni di morti ammazzati. E cioè che il silenzio uccide. L’isolamento è l’anticamera della sconfitta. Proprio per questo Giovanni Zonfrilli ha voluto che la sua malattia fosse pubblica ed evidente il più possibile. Affinché la ricerca si renda conto di quanto mercato soddisferebbe una nuova cura.

Giovanni ha 18 anni ed è di Pontecorvo. Soffre fin dall’infanzia di una malattia che non è visibile dall’esterno. Ma per questo non è meno fastidiosa. È affetto da M.i.c.i., la malattia infiammatoria cronica dell’intestino. Che oltre a creare disagi fisici limita le relazioni sociali: perché da fuori nessuno se ne rende conto ed il paziente si trova spesso ad essere un malato invisibile.

Per rendere visibile la malattia, Giovanni ha chiesto di illuminare di viola le facciate di alcuni palazzi: in modo da mandare un messaggio di vicinanza a tutti coloro che soffrono di questa patologia. Ed al mondo della ricerca scientifica e farmaceutica. Il primo a rispondere si è stato il sindaco di Pontecorvo che ha illuminato la scalinata della loggetta in piazzale Porta Pia.

Il colpo grosso lo ha fatto nelle ore scorse. Lo ha chiamato Acea comunicandogli che avrebbe illuminato di viola la facciata della sede della Regione Lazio. Cosa puntualmente avvenuta nella nottata scorsa.

Una luce che rompe il silenzio.

FLOP

GIAMPAOLO ROSSI

Giampaolo Rossi (Foto © Imagoeconomica)

Della vicenda delle nomine Rai si è detto tutto ed il contrario di tutto. E per effetto delle decisioni discutibili del governo Meloni in ordine ad assetti, programmi e personaggi mainstream, il tema è rimasto caldissimo. Lo è rimasto con un effetto molto particolare, quale?

Quello per cui ovviamente ogni figura del “dopo-Fuertes” viene analizzata con più pignoleria di un girino in un laboratorio di biologia. Ed è per questo motivo che la figura del Direttore generale Giampaolo Rossi ha goduto di un’attenzione particolare. Con un altro effetto domino: da un lato si è cercato di capire cosa potrebbe fare in futuro e dall’altro per capirlo si è scavato nel suo passato.

Ecco, anche a fare la tara alla precondizione di dover scoprire ad ogni costo tare, qualcosina c’è ed è più obiettiva di quanto non suggerisca il contesto “investigativo”. Il dato è che il nuovo Ad Sergio ha confermato di voler affidare il ruolo di direttore generale della Rai a Giampaolo Rossi e che Rossi, bontà sua, lo ha avuto.

Ci sono media che, come L’Espresso, lo hanno definito “l’ideologo no vax di Giorgia Meloni”. Rossi non è nuovo alla Rai: ci lavorava tra il 2004 e il 2012 come direttore di Rai Net. E’ un uomo a tutto tondo di Fratelli d’Italia ed a suo tempo fu il Pr politico della festa invernale del Partito chiamata Natale dei conservatori. Rossi si era concesso anche il lusso di un Manifesto conservatore: fu quello a traino del quale si consumò l’ecatombe amministrativa del programma politico di Enrico Michetti candidato sindaco di Roma per la coalizione di destra nel 2021.

Dalle colonne de Il Giornale poi si era distinto per alcune uscite analitiche non proprio eccelse. Qualche esempio? Le attiviste per i diritti delle donne divennero in punta di calamo “femministe vomitate da una caricatura… cianfrusaglie travestite da donne”. Aveva parlato della “feccia di questo Paese” usando come stereotipi “il nigeriano e il buonista”.

E su di loro si era augurato che qualcuno li mettesse “nella condizione di non nuocere”. Fatta la tara al furor di un periodo in cui ogni iscritto di FdI ne diceva tante e tali che oggi a riesumarle non dovrebbe presiedere neanche una riunione di condominio il personaggio resta in odor di legittimo dubbio, non tecnico, ci mancherebbe, lì è skillato forte.

E adesso, ove fosse, spetterà a lui dissipare quelle ombre, perché la Rai è e resta una cosa molto seria.

Giocatela bene, mister.

MAURO BUSCHINI

Ci sono cose che nascono male. E crescono peggio. Nelle quali, anche se fai la tua parte nel migliore dei modi non c’è possibilità di cambiare la situazione. L’introduzione degli Egato nel Lazio è una di queste. Istituiti a cavallo delle elezioni Regionali vinte dal centrosinistra sono stati visti dal centrodestra come un salvagente per gli ex Consiglieri da sistemare. Possibile.

Ma c’è un dato incontrovertibile. Ed è che gli Egato non esistono solo nel Lazio e non sono stati un’invenzione del centrosinistra regionale. Certo, farli proprio a due passi dalle candidature ha legittimato il sospetto. Talmente palpabile che lo stesso centrosinistra alla guida della Regione ha deciso di congelare tutto. Nel frattempo però era stato varato quello di Frosinone. Che ha iniziato ad operare. Serviva per salvaguardare l’ex presidente d’Aula Mauro Buschini? Possibile.

L’iter di annullamento in autotutela varato dalla Regione Lazio nelle ore scorse è il segno di una guerra politica. Nella quale gli Egato sono solo una piccola battaglia di retrovia. Il vero scontro è sul Piano Regionale dei Rifiuti. E per dire le cose con chiarezza: il sacchetto che ogni sera le mogli ci ordinano di andare a portare fuori è il primo asset economico del Lazio, seguito a stretto giro dalla spesa sanitaria. Lì ci sono i soldi. Tanti. tantissimi.

Ridisegnare il Piano Regionale dei Rifiuti significa stabilire nuovi equilibri economici. In questi anni le immondizie del Lazio hanno viaggiato per migliaia di chilometri sui camion per poi finire sotto terra. Il centrodestra potrà decidere se mantenere lo stesso schema oppure stabilire che è meglio trasformare quei rifiuti in nuova materia prima. O bruciarli così come sono e ricavarne corrente elettrica. Ma il segnale con l’autotutela sull’Egato di Frosinone è evidente: inizia l’assalto a quel Modello e c’è l’intenzione di ragionarlo daccapo.

Buschini è solo un pezzo del percorso. L’autotutela non nasce perché stia lavorando male: poteva essere il migliore presidente di Egato in Italia nulla sarebbe cambiato. Resta da capire se oltre al fuoco avversario, su di lui ci sia anche un po’ di fuoco amico. I silenzi talvolta sono fragorosi.

Vittima designata.