Top e Flop, i protagonisti di sabato 25 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 25 marzo 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 25 marzo 2023.

TOP

GRAZIANO DELRIO

(I CATTOLICI DEL PD 1)

Graziano Delrio

Il primo a sollevare la questione era stato il “guru” di quelli che di Nazareni ne riconoscono due, il primo in indirizzo ed un secondo nel cuore, in cielo, terra ed ogni luogo. Pierluigi Castagnetti, da ex segretario del Partito Democratico e da presidente de “I Popolari”, teme che l’era Schlein possa coincidere con una diaspora dei cattolici dal Partito. Il nodo si era posto da subito ed era nodo grande ed irrisolto, un po’ come quello di Gordia che Alessandro, tipo spiccio, alla fine decise di tagliare con la spada inaugurando un nuovo modo di sciogliere.

Tuttavia la neo Segretaria, al di là della linea di base, osanna il pluralismo e da questo punto di vista il mondo cattolico dem potrebbe sentirsi tranquillizzato. Chetato ma non de tutto, diciamo. E la voce prima di quei “silenti timori” è stata quella di Graziano Delrio, che non è solo il padre delle macchinose Città Metropolitane, ma anche un cattolico con la tessera del Pd. Roba difficile, di questi tempi.

E se Castagnetti aveva sentenziato certo che “c’è posto per i cattolici nel Pd di Schlein” pare dopo una telefonata a tema proprio con la Segretaria, Delrio ha paura. Ma è una persona intelligente ed equilibrata, perciò le sue paura le ha scodellata in maniera soft e possibilista.

Ai cronisti Delrio aveva detto che si, “c’è preoccupazione fra i cattolici, è inutile negarlo. Ma non devono esserci pregiudizi“. Poi ha colto la palla al balzo per far capire che nel Pd a trazione nuova ci sono più secchiate di colla che crepe: “Su molti temi come sanità pubblica e salario minimo le battaglie sono condivise. Su altri temi ci sono discussioni da fare nel merito“.

Che significa? Che Delrio ha capito benissimo che questo non è affatto il momento di giocarsi la matta della quinta colonna, e parlando di una vaga ma tangibile “preoccupazione” ha fatto capire che una questione da risolvere c’è e come. Ma non è pregiudiziale di omogeneità all’incedere del Partito, non subito almeno.

E così facendo ha messo al sicuro due cose: la fede che porta in petto e la fiducia che porta in testa. Senza derogare, per adesso, né dall’una né dall’altra. E restando in casa “sua” a vedere se nelle sue mura c’è ancora una famiglia.

Ha letto San Tommaso.

MATILDE CELENTANO

(QUELLI CHE ATTENDONO 1)

Matilde Celentano, Vincenzo Zaccheo ed Andrea Marchiella

La politica è anche attesa. Del momento giusto, delle condizioni ideali, del vento nella direzione favorevole. Un attesa che è alla fine per Matilde Celentano.

Matilde Celentano è un medico con la passione per la politica. Che esercita da anni, riscuotendo successo: più volte è stata Consigliere comunale di Latina e più si una volta il suo nome è stato preso in considerazione per la guida della città. Ma finora non è mai stato il momento giusto, non c’erano le condizioni politiche ideali per costruire intorno a lei una candidatura unitaria, il vento non girava nella direzione favorevole.

Un patto al tavolo del centrodestra regionale ha stabilito che sarà Fratelli d’Italia ad esprimere il candidato sindaco di Latina. Ed il nome che ancora per qualche ora sarà in pectore è proprio il suo. Il momento è arrivato.

E che a taluni degli alleati lei sia gradita come la sottilissima polvere di sabbia sbattuta sugli occhi da una raffica di vento tanto forte quanto improvvisa, è un’evidenza. Ma c’è poco da fare: quel vento stavolta soffia sulle vele della Celentano e sugli occhi dei suoi avversari interni: soffia in favore di Fratelli d’Italia e del genere femminile. Questa volta, lei ha smesso di aspettare.

Il suo momento.

FLOP

PAOLA DE MICHELI

(I CATTOLICI DEL PD 2)

Paola De Micheli. Foto © Leonardo Puccini / Imagoeconomica

I cattolici del Pd si dividono in due categorie: quelli che hanno paura ma sono fiduciosi che la loro paura sia eccessiva e quelli che hanno paura e sono certi di avere ragione nell’averne. Paola De Micheli appartiene fiera a questa seconda categoria. Chiariamola subito: probabilmente e per come stanno andando le cose da un punto di vista meramente politico nel giusti ci sta lei. Ma ci sono elementi che forse avrebbero dovuto tenere più a freno la lingua della stessa, almeno nella fase embrionale del nuovo Partito Democratico che vuole Elly Schlein.

Nulla di tacitatorio, silente in maniera forzosa e prevaricatore, per carità, solo una questione di tattica. Tattica che mette la De Micheli su un piano molto diverso da quello del suo “compagno di fede” Graziano Delrio, che pure di remore sul tema ne ha e ne ha espresse.

La De Micheli ha parlato del pluralismo dentro il Pd. Cioè è partita dal nervo scoperto. E lo ha usato come termine di raffronto per incastrare la questione dei cattolici nel Pd dritta in mezzo ai denti dell’attualità, come un filaccio di prosciutto maledetto che non va via.

L’idea che l’unità nel pluralismo sia possibile significa dare dignità alle idee di tutti”. Poi l’affondo, netto e impossibile da ignorare: “Il disagio non va sottovalutato, soprattutto quello del mondo cattolico“. Vero è che Elly Schlein nel suo primo discorso da segretaria davanti all’assemblea nazionale Dem non ha introdotto elementi potenzialmente divisivi.

Ha solo messo alcuni punti più in avanti delle cose lucide della cristalliera: lo Ius Soli, ha rilanciato il ddl Zan, i diritti dei figli di coppie omogenitoriali, i diritti Lgbt+ in generale. Ecco, quando la De Micheli, a poche settimane dal nuovo corso, ha parlato di “disagio”.

Cioè ha gettato il primo seme di una disomogeneità che rimanda non solo al diritto di essere diversi, ma anche al fatto che se Stefano Bonaccini è stato chetato con la Presidenza lei, da ex candidata a quello che oggi è Schlein, si ritiene battitrice libera. E non ha intenzione di fare sconti.

Primo segnale.

GABRIELE PICANO

Gabriele Picano

L’avvocato Gabriele Picano è tra quelli che attendono. In silenzio. Aspettano che la politica ne riconosca il valore e gli attribuisca quella collocazione al servizio delle collettività, adeguata alle sue esperienze. Mobilitato nel momento dell’impegno, alle recenti Regionali si è spremuto oltre ogni attesa: contribuendo a raggiungere il risultato ottenuto da Fratelli d’Italia. Ora è in quiescenza: quello stato di sospensione reversibile dei processi vitali fondamentali che è valida anche in politica. Attende.

Il suo nome è in cima alla lista dei papabili commissari dell’Istituto Case Popolari di Frosinone. Ma non potrà esserne certo fino ai primi giorni di maggio: i commissariamenti possono avvenire solo un mese e mezzo dopo l’insediamento della Giunta. Fino ad allora: zero certezze, come insegna il caso dell’ex vicesindaco di Frosinone Fabio Tagliaferri, silurato il giorno prima della nomina ad assessore regionale del Lazio.

La nomina di Picano sarebbe un ulteriore segnale all’ala storica di FdI in provincia di Frosinone, lasciata senza assessorati e senza presidenze di Commissione: l’avvocato cassinate infatti appartiene alla nuova generazione di FdI e non a quella formatasi nei Giovanili con la fiamma.

Proprio per questo, la sua sarà un’attesa logorante. Perché la scelta spesso va al di là del merito. Ma passa per gli equilibri. Ed ai Fratelli dell’altra confessione non parrà vero un nuovo centro al primo tiro con un siluro ben assestato. Tanto quanto alla Lega. Da cui la scelta dovrebbe passare: quantomeno per ricevere un segnale di gradimento, dal momento che l’assessore regionale al ramo è il loro.

E nel frattempo lui aspetta

Sulla graticola.

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