Top e Flop, i protagonisti di sabato 6 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 6 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di sabato 6 maggio 2023

TOP

GIANNI ALEMANNO

Gianni Alemanno. Foto © Benvegnu’ Guaitoli / Imagoeconomica

Piaccia o meno lui e la sua storia personale Gianni Alemanno ha deciso di fare una cosa che per certi versi non ha precedenti: dire no all’invio di armi in Ucraina da destra. Ed andare dritto contro quella parte del Partito che oggi della destra è punta di lancia al governo del paese.

Attenzione: di fatto non è una novità perché la galassia destrorsa è notoriamente non tutta schierata a favore delle linea iperatlantica di Giorgia Meloni. E gli stessi sondaggi sulla popolazione generale dicono lo stesso, ma è la prima volta che questo dissenso va a sistema. Come? Con la promozione di due referendum. Alemanno lo ha detto chiaramente: “Anche il nostro ‘Comitato Fermare la guerra’ e l’Associazione Magnitudo cominciano a raccogliere le firme per i due quesiti referendari per fermare l’invio di armi in Ucraina”.

E ancora, in purezza ed ecumenicità nell’attribuire le “colpe”: “È una scelta necessaria di fronte all’ostinazione della politica ufficiale, di destra e di sinistra, a compromettere sempre più l’Italia in una posizione di cobelligeranza contraria al nostro interesse nazionale e che contribuisce a fare del popolo ucraino il capro espiatorio di un conflitto tra contrapposte logiche imperialiste”. Alemanno si è reinventato portavoce del Comitato fermare la guerra. Comitato che ha un presidente in Massimo Arlechino ed in Nicola Colosimo il presidente dell’associazione “gemella” Magnitudo.

Pochi giorni fa la firma dell’ex sindaco di Roma e colonnello di An era avvenuta alla presentazione del libro “Donbass Stories” di Giorgio Bianchi. E Alemanno nel motivare la sua scelta ha fatto una cosa in cui i destrorsi sono diventati bravissimi: invocare la volontà popolare attraverso i sondaggi: “Tutti i sondaggi ci dicono che la maggioranza degli Italiani è contraria a continuare l’invio di armi in una guerra che nel caso migliore sarà un conflitto interminabile nel cuore dell’Europa, nel caso peggiore può essere l’innesco di una catastrofe senza precedenti“.

E che la cosa vada o meno a segno il dato è che Gianni Alemanno alla fine ha scelto la sua battaglia per tornare a fare parlare di lui.

Peace and fame

BUSCHINI & POMPEO

Mauro Buschini

Il dato spiccio ed operativo è che li hanno rimessi al loro posto. E cioè nel Pantheon personale del Partito Democratico della Provincia di Frosinone. Paradossale appariva la scelta di privarsi d’elementi con il loro curriculum ed il loro cursus honorum. Tanto per ripassare: uno è stato il primo Segretario provinciale del Pd, consigliere regionale, capogruppo, assessore, presidente del Consiglio Regionale; l’altro è stato sindaco di Comune tra i maggiori del territorio, presidente di Provincia due volte, presidente delle Province del Lazio, leader provinciale di una corrente del Partito, titolare di 15mila preferenze alle Regionali di febbraio.

Per questo era incomprensibile la scelta di estromettere dalla Direzione Provinciale di Partito Mauro Buschini ed Antonio Pompeo. Cosa alla quale ieri stesso, alla prima Direzione, il Segretario Luca Fantini ha posto riparo. Proponendo e facendoli dichiarare ‘invitati permanenti‘.

Posto che ora tutto è tornato nel suo ordine naturale delle cose, non va affatto bene. E che ci sia del torbido lo fa capire un’espressione usata dal Segretario nel suo intervento sul tema. (Intervento, sia detto, di spessore e su ben altri e più edificanti temi, come si può leggere in un altro articolo). Luca Fantini ha specificato che il Pd non ha bisogno che a sollevare il tema siano le veline passate ai giornalisti, per sapere e riconoscere lo spessore di Pompeo e Buschini.

Il riferimento è a Ciociaria Oggi e Alessioporcu.it che avevano sollevato la questione. Non dovevano? (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti di giovedì 4 maggio 2023)

Fonti vicine al Segretario (che sul tema rifiuta di commentare: “Mi rimetto a quanto scritto nella relazione”) giurano che sia Pompeo e sia Buschini erano stati informati da giorni che non sarebbero stati invitati alla Direzione Provinciale di ieri. Specificando che non potevano in quanto decaduti da Consigliere regionale e da presidente di Provincia. Ma al primo punto della Direzione ci sarebbe stato il loro passaggio ad “invitati permanenti. Cosa che puntualmente è avvenuta. E che loro sapevano.

Ma se loro lo sapevano, a chi conveniva far uscire che erano stati segati?

Nuovo Pd, vecchie abitudini.

FLOP

FEDERICO CAFIERO DE RAHO

Foto © Paola Onofri / Imagoeconomica

Gli inquirenti Ottimi Massimi dell’Antimafia hanno le stigmate ed hanno diritto a portarle. E’ un fatto talmente evidente che in Italia non ci si è mai del tutto completamente arresi ad una scuola di pensiero che, mettendosi il vestito buono del garantismo, li ha indicati da sempre come manettari truci.

Il dato però è un altro: senza i grandi requirenti delle varie Dna, Dia e Dda di seconda e terza generazione post Capaci noi saremmo decenni indietro nella lotta alle coppole storte. Chiarito questo però va anche detta una cosa altrettanto palese: che quando i requirenti in toga si mettono a fare gli opinionisti, i flabellatori del concetto e gli studiosi di politica la cosa scade.

Non c’è bisogno di fare esempi se non quello forse più calzante di un Nicola Gratteri che è un requirente a 24 carati ma che spesso tracima nell’opinionismo che si deve evitare a tutti i costi. Ecco perché Federico Cafiero De Raho gode della stima incondizionata del mondo dei faldoni e di quella subordinata del mainstream.

Per capire a cosa si allude basterà leggere le parole di un’altra persona che con la mafia ha avuti a che fare ma che non potrebbe mai averci a che fare come De Raho avrebbe voluto. Rita Dalla Chiesa ha detto: “Sono molto onorata di quello che ha detto Cafiero De Raho perché si vede che l’ha detto con affetto e lo ringrazio, detto da lui è una bella prova di fiducia nei miei confronti”.

Rita Dalla Chiesa (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

E ancora: “Ma io conosco i miei limiti, e per quanto sia tutta la vita che, bene o male, purtroppo mi devo occupare di mafia, se c’è una persona che io vedo per questo ruolo è mio fratello“. Il preambolo a scoppio ritardato era che l’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho in un’intervista al ‘Domani’ aveva indicato come un ‘buon presidente’ della commissione parlamentare Antimafia proprio Dalla Chiesa.

E l’ex toga è firmatario dell’istituzione della medesima, attenzione. Insomma, il senso è che per quanto terribili e impresse a fuoco vivo sulla pelle come quelle che porta Dalla Chiesa, non bastano le skill di un orrore familiare vissuto come martirio per governare un sistema complesso che ha giocoforza delle caratteristiche tecniche di altissimo livello.

La mafia non la combatti con i simboli di seconda mano ma con uomini e donne che sappiano cosa fare in ogni step di battaglie che sono specialistiche. E nessuno più di Cafiero De Raho dovrebbe saperlo.

Senza spot.

STEFANO MAGINI

Stefano Magini

Di gente che salta la linea del confine e passa nelle braccia di quello che fino a pochi centimetri prima era il nemico è piena l’aneddotica. Come il soldato di guardia che libra sul filo spinato con il moschetto ancora in spalla a Berlino Est. Fino all’etereo danzatore Michail Baryšnikov ispirando la pellicola ‘Il Sole a Mezzanotte‘ del 1985. O l’inarrivabile Mario Melloni alias Fortebraccio, penna di rara abrasività passato dal Popolo a l’Unità, cioè dalla Dc al Pci.

E ciascuna di quelle defezioni ha una storia, un’angoscia, una lunga e tanto sofferta maturazione interiore. Che porta ad abbandonare il nido nel quale si è cresciuti per abbracciare un mondo che non è solo diverso. È l’opposto. Per questo taluni, dopo avere defezionato, sono finiti al muro senza tanti complimenti: considerati spie.

Chissà qual è stata l’angoscia interiore che ha portato l’ex manager di Acea Ato 5 Stefano Magini a presentare la sua domanda per diventare dirigente della Sto, la Segreteria Tecnica Operativa che affianca i sindaci nel loro quotidiano confronto con il gestore dell’acqua e cioè Acea Ato 5.

Per capirci: i sindaci vengono presi dalla società civile, ci sono medici, avvocati, operai, avieri, volontari, in base alla volontà popolare sintetizzata dal voto. Non possono avere la preparazione necessaria per comprendere il famigerato coefficiente Delta che cambia la tariffa dell’acqua all’interno di un’equazione che metterebbe in difficoltà anche i matematici dell’Università di Cassino. Quindi a loro disposizione c’è la Sto, formata da tecnici che hanno la competenza per fornirgli le risposte di cui hanno bisogno. E prendere le loro decisioni nelle relazioni con Acea Ato 5.

L’assemblea dei sindaci Acea

Per essere chiari: prima dell’aumento delle tariffe dell’acqua c’è sempre un confronto alla pari tra le richiesta di Acea Ato 5 e quelle dei sindaci. Ed i sindaci per fare delle richieste hanno bisogno di un supporto tecnico. Glielo fornisce la Sto. Per andare di sintesi, nell’eterno gioco del gatto e del topo la Sto è quel valore che rimette alla pari, sul piano tecnico, i sindaci con il gestore.

Stefano Magini è stato amministratore di valore di Acea Ato5. E come in tutte le aziende dalle dimensioni di Acea però esiste un inizio ed una fine: che può dipendere da qualunque cosa. Lui è uno dei rari casi cui è stata concessa una seconda vita. Era stato il primo amministratore delegato ai tempi di Ranieri Mamalchi alla nascita di Ato5; poi entrambi erano stati fatti accomodare. Quindi Stefano Magini viene richiamato e spedito di corsa a Frosinone nel pieno della tempesta scatenata dai sindaci: avevano avviato l’iter di rescissione del contratto che li legava ad Acea. Ne ha tenuto le redini fino alle sue misteriose quanto improvvise dimissioni prima dell’arrivo del presidente Palmigiani. Chiaro chi è Stefano Magini?

Ecco. Si candida a governare la Sto. Come se Valerij Vasil’evič Gerasimov una mattina indossasse il soprabito al Cremlino e corresse a stringere la mano a Volodimir Zelenski per comandarne l’esercito. Acea Ato5 non commenta e non conferma: giura di saperne niente.

Il Transfuga.