Top e Flop, i protagonisti di venerdì 4 agosto 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 4 agosto 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 4 agosto 2023.

TOP

NICOLA TONVERONACHI

Nicola Tonveronachi

L’uomo al timone del Centro Studi Enti Locali è lui, Nicola Tonveronachi. E’ un toscano pignolo e ligio alla mission del CSEL, Quale? Mettere su un team di professionisti impegnati a vario titolo sui molteplici aspetti che interessano gli Enti locali. E proprio un report del CSEL spiega che è calato “del 3% il numero delle opere incompiute sparse sul territorio italiano”. I dati-fonte per quell’analisi sono stati forniti dalle regioni.

E quei risultati dicono che al 31 dicembre 2022 erano 367 le opere in stallo, contro le 379 dell’anno precedente. Quanto ci vorrà in soldoni per portare a termine le incompiute? Più di 1,4 miliardi di euro.

E ci sono altre caratteristiche che, con il Pnrr in ballo, val la pena di analizzare. Nel report si registra una “netta prevalenza delle regioni del sud che di incompiute ne ospitano sette su 10 (262)”. E ancora: “Le opere incompiute localizzate nelle regioni del centro Italia sono 54 (15% del totale); 40 quelle del nord 40 (11%). E non c’è solo una distribuzione su scala di macro aree ed in capo ai governi di secondo livello. “Le restanti undici opere al palo sono di competenza delle amministrazioni centrali”:

Ma cosa si intende per “opere incompiute”? Sono “lavori il cui termine contrattualmente previsto per l’ultimazione è passato e che sono rimasti in stallo per problemi di non facile o immediata risoluzione”. Quali? I soliti: mancanza di fondi, cause tecniche, sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge. E poi: fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell’impresa appaltatrice.

E non è finita, come potrebbe esserlo senza la “risoluzione o recesso dal contratto e mancato interesse al completamento da parte della stazione appaltante, dell’ente aggiudicatore o di altro soggetto”. Si va “dalla costruzione di strade, impianti di depurazione e collettori fognari alla costruzione di palazzetti dello sport, piscine e campi da tennis o da calcetto”.

Ovvio che la situazione sia ancora serissima e che questo netto miglioramento sappia di fuffa, ma il fatto che qualcuno abbia censito dove mettere letteralmente mano è già un passo avanti. Di cui il ministro Matteo Salvini farebbe magari bene a tener conto.

Bene ma non benissimo.

CHIARA COLOSIMO

Chiara Colosimo (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Un’indecenza. Inventata dal Movimento 5 Stelle e subita pronamente dal Partito Democratico. Che alla fine ha scoperto sulla sua pelle la fondatezza del proverbio “Chi se fa la mazza ce se vatte”. Traduzione per i poco avvezzi alle origini agricole: chi fa le regole per imporle agli altri prima o poi ci dovrà sottostare. Non sono stati pochi i suoi candidati sputtanati dalla norma sugli Impresentabili. Cioè la legge che serve solo a dire che i candidati degli altri hanno la rogna, e anche qualcuno (ma solo qualcuno) dei propri.

Una legge farlocca. Che impone di presentare ad una apposita commissione, trenta giorni prima delle candidature, i nomi di chi si vuole schierare alle elezioni. Farlocca perché pure l’ultimo degli sprovveduti sa benissimo che le candidature si decidono nell’ultima manciata di minuti che precedono la scadenza dei termini. Trenta giorni prima della scadenza ci sono forse i moduli in bianco. Forse.

Allora perché l’hanno fatta? Per killerare l’avversario. Come si fa? Gli elenchi dei candidati si inviano quando le candidature sono certe, in questo modo la commissione può dire d’averle ricevute con trenta giorni di ritardo e non poter chiedere le informazioni su tutti. E le chiede solo su alcuni. Come li scelga non s’è mai capito.

Prendiamo le scorse Comunali di Frosinone. Con un’indecenza che sarebbe intollerabile anche nel più incivile dei Paesi, la commissione ha reso noti i nomi degli Impresentabili la sera prima della chiusura della campagna elettorale: poche ore prima del voto. Uno schifo. Che ha l’effetto di infangare solo alcuni, dandogli la patente di Impresentabile. E lasciando immacolati altri che erano nella stessa identica posizione.

In questo modo è stata azzoppata la candidatura a sindaco del dottor Mauro Vicano. Perché? Ha due procedimenti aperti: quando era presidente della Società Ambiente Frosinone, qualcuno a Roma forse ha sbagliato ad indicare il codice con cui venivano classificati alcuni rifiuti da lavorare. In attesa che venga accertato se è così o no lui resta iscritto tra gli indagati e per questo è stato messo alla gogna. Stessa storia per l’ex presidente della Provincia Giuseppe Patrizi: un dirigente ha fatto causa per essere stato spostato d’incarico e lui è sotto giudizio per abuso d’ufficio. (Leggi qui: L’indecenza dei 18 candidati ‘impresentabili’).

Oggi la presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo (Fratelli d’Italia) ha detto che così non si può andare avanti. E che il regolamento sugli Impresentabili verrà cambiato. Niente più show. Benissimo. Ma se vuole fare una cosa seria: cancelli proprio quella norma. Perché sono gli elettori a decidere se vogliono Cicciolina in Parlamento oppure no, a prescindere dai suoi procedimenti per ‘oltraggio al pudore‘. Votandola, dicono che quella legge bigotta va soppressa.

Ma così rischiamo di mandare in Aula anche Jack lo Squartatore? Falso. Esiste la norma sull’ineleggibilità. Questa sull’impresentabilità è un’indecenza.

Fine dello show.

FLOP

MATTEO RENZI

Matteo Renzi (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Ormai vive solo di cause e scritti, cause per lo più perse e scritti ottimi, ma che danno l’esatta cifra della distanza strategica che Matteo Renzi ha voluto mettere tra sé e la politica attiva. E siccome di Renzi si conosce ormai tutto, incluso il fatto che lui la politica ce l’ha nel sangue, la sua scelta appare tattica. Tattica e perdurante al punto da far sospettare che lui si sia solo “autocongelato” in attesa delle Europee che per lui saranno un mezzo canto del cigno.

Insomma, non si contesta a Renzi di essere e fare Renzi, ma di non esserlo più. E di avere deciso di non farlo non per “stanca” verso la politica, ma perché dalla politica lui in questa fase si aspetta solo scoppole. L’emorragia da Forza Italia verso il “quasi Terzo Polo” pare essere stata scongiurata, almeno per ora, dall’arrivo al timone di Antonio Tajani.

Italia Viva viva lo è solo in funzione dello stakanovismo di Ettore Rosato e al momento il partito è in stallo. Tanto in stallo che perfino un minimalista del consenso come Carlo Calenda può permettersi di ammaliare pezzi grossi come Alessio D’Amato e tirarli in barca.

Il direttore editoriale Renzi invece archivia un luglio-inizio agosto in cui ha deprecato molto ed agito poco. Ed nel quale ha analizzato tante cose ma senza andare a sintesi delle stesse secondo la sua proverbiale visione “praticona”. Si è agitato per lo scarso rilievo dato all’assoluzione dei suoi (vero). Poi si è schierato con buona parte di ciò su cui è già schierato il Guardasigilli Carlo Nordio, poi nulla più.

La sola cosa che gli è riuscita è stata perdere la causa contro un giornalista de La Verità che gli aveva dato del “bullo” e che non lo ha diffamato nel darglielo. Lo ha stabilito la giudice Susanna Zanda, che ha condannato Renzi a pagare 38.000 euro di spese. La giudice ha citato le prese di posizione della Corte europea sulla libertà di informazione.

Ed ha sentenziato: “Si può concludere che l’attributo ‘bullo’ quand’anche ripetuto e diffusamente impiegato verso uno stesso uomo politico non possa essere considerato diffamatorio”. Il dato è che la sola cosa che Renzi oggi tiene insieme sono i pezzi di una grandiosa stagione politica (comunque la si pensi), stagione che è talmente remota nel tempo da apparire quasi paleolitica.

Da bullo a bullone.

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