Top e Flop, i protagonisti di venerdì 5 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 5 maggio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 5 maggio 2023

TOP

MASSIMILIANO POMPIGNOLI

Massimiliano Pompignoli

Ha un ruolo chiave in un settore nevralgico e lo ha in una regione italiana che, piaccia o meno, è considerata un modello da imitare il più delle volte, anche da chi è di segno politico opposto. Massimiliano Pompignoli è presidente delle commissioni Bilancio ed Economia della Regione Emilia Romagna e assieme alla sua vice, Palma Costi, ha fatto quello che in realtà è il vero “core” del Pnrr, acronimo usato troppo spesso come gargarismo di questi tempi.

Ma cosa ha fatto? Ha messo a terra i soldi, come si suol dire, ed ha indirizzato oltre 30 milioni di euro contro la dispersione scolastica. Ma non solo: quel denaro andrà a sostegno alla formazione professionale, impegno per potenziare l’incontro tra offerta e domanda di lavoro. E ricerca di soluzioni al problema abitativo degli studenti universitari.

Qual è dunque il vero nodo della faccenda? Non solo e non tanto che oggi tutti i sistemi di governo sono impegnati a dimostrare che quella barca di soldi è utilizzabile, ma soprattutto che la stessa può essere condotta per rotte razionali e mirate e non per marosi di spesa ad ogni costo.

Ecco perché dopo la scelta di Pompignoli, Stefano Versari Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale, ha detto la sua con la serenità di chi sa che di quel denaro ne verrà fatto buon uso: “fra i punti fermi ci sarà la lotta alla dispersione scolastica, anche attraverso un ridimensionamento degli obiettivi formativi. Sarà fondamentale la formazione dei docenti”.

Altro obiettivo, a tal fine, è quello di creare in ogni ateneo dei centri che si occupino della formazione a cui si affiancherà la possibilità di iscriversi per l’abilitazione all’insegnamento prima di conseguire la laurea. Importante, infine, l’orientamento fin dall’infanzia per il riconoscimento delle proprie attitudini“.

I soldi andranno in questi mesi alle scuole emiliano-romagnole che hanno avuto “ampia autonomia di progettazione”. E piaccia o meno, è il caso di dire, anzi, di ripetere, che esiste un modello Emilia Romagna da seguire.

A terra.

LUCA DI STEFANO

Luca Di Stefano

È la sostanza a fare peso sulla bilancia. Questo Paese lo ha dimenticato: al punto che nel momento in cui viene chiamato a votare sceglie quello che fa sognare di più e la spara più grossa, non chi propone la sostanza. Ci si accontenta della fuffa e delle chiacchiere che precedono quel fatidico momento in cui la sostanza viene poggiata sul piatto ed un complicato sistema di molleggi indica con precisione più o meno accurata quanto pesa.

Abbiamo perso l’abitudine a pesare i fatti. Solo così si giustifica il silenzio intorno ai due pesantissimi fardelli poggiati nelle ore scorse sul piatto della bilancia. Uno lo ha portato il presidente della Provincia di Frosinone, l’altro lo ha portato il sindaco di Sora: in entrambi i casi Luca Di Stefano. Cioè proprio quello che con il suo silenzio aveva dato l’impressione di non voler fare nemmeno la fuffa. Invece faceva ed era tutta sostanza.

Ieri sera, prima di spegnere la luce e tornare a casa ha firmato il Decreto 40. È il documento che mette fine all’Era Pompeo nel palazzo della Provincia di Frosinone. Ha ridisegnato completamente il modello amministrativo: tagliato e cucito settori, creato nuove aree, spostato competenze, alleggerito poteri, individuato un modello più efficace ed adatto ai tempi. Soprattutto che risponda a lui e non ad un modello che ora appartiene al passato. (Leggi qui: La rivoluzione Di Stefano: via alla riorganizzazione).

Nelle ore precedenti il sindaco di Sora Luca Di Stefano aveva riunito i 33 sindaci dell’area a cavallo tra il Lazio e l’Abruzzo. Per mettere a terra i progetti del Prusst cioè il Piano di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile. Che roba è? Soldi che pochi sono stati capaci di utilizzare al punto che quel piano era finito nel dimenticatoio. Non sono stati usati perché i Comuni non avevano i tecnici e gli uffici in grado di affrontare un progetto di quelle dimensioni che va ad integrarsi con tutti gli altri centri.

Luca Di Stefano ha ottenuto dal ministero la riattivazione del Prusst ormai dimenticato, riunito i sindaci per comunicargli che la Provincia intende mettere a disposizione quello che a loro è mancato negli anni scorsi. Cioè il supporto tecnico ed organizzativo. E non solo. Sarà possibile allargare quel Prusst anche alle aree vicine che oggi non sono coinvolte.

Pensavo fosse fuffa e invece era sostanza.

DOMENICO CONDELLO

Il questore Domenico Condello (Foto © Stefano Strani)

Oltre alla sostanza delle cose c’è un altro concetto chiave che le accompagna. La loro percezione. Puoi anche non vederle: ma al tempo stesso puoi percepire con chiarezza che ci siano. Anche se non riesci a delinearne i contorni, indicarne gli spigoli. C’è un senso di presenza dello Stato che le recenti operazioni messe in campo dai carabinieri, dalla Polizia e dalla Guardia di Finanza sta mettendo in evidenza sul territorio della provincia di Frosinone. Al di là delle persone, al di là delle divise. Il segnale più recente sono due episodi di cronaca registrati nelle ultime settimane e che hanno visto protagonisti i poliziotti del questore Domenico Condello.

Due episodi che possono essere considerati agli antipodi: quello del pensionato stanco di versare denaro alla signorina che aveva reso più lieta una parte della sua vecchiaia; quello del medico prosciugato dai prestiti ad usura. C’è un comune denominatore in queste storie scritte dai poliziotti della Squadra Mobile del questore Domenico Condello e nelle altre scritte con analogo merito dai carabinieri del colonnello Alfonso Pannone o dai finanzieri del colonnello Cosimo Tripoli. C’è la consapevolezza delle vittime di poter contare su quelle caserme e quegli uomini in divisa. Un tempo si chiamava: senso della presenza dello Stato.

È quel senso che portò il dottor Giancarlo Caselli, al suo primo giorno di servizio a Palermo proprio nelle ore in cui veniva arrestato Totò Riina, ad andare dal boss e presentarsi dicendo: “Buongiorno, io sono il procuratore della Repubblica e rappresento lo Stato, se ha qualcosa da dire questo è il momento”.

È un senso di presenza che negli ultimi anni si era affievolito. Non solo sul territorio. E non per demerito di procuratori, sostituti, carabinieri, poliziotti e finanzieri. Ma perché anche la Giustizia è finita nel tritacarne che in questi anni ha macinato tutte le certezze ed i valori sui quali un Paese si fonda. Un macinino mosso da mani interessate che avevano tutto il vantaggio nel demolire ogni riferimento del cittadino. Per proporne altri e nuovi. Il risultato sono stati i banchi a rotelle e purtroppo non sono stati l’esempio peggiore.

La riscoperta della fiducia negli uomini in divisa che rappresentano lo Stato è un segnale fondamentale. Perché è da lì che parte la tenuta del Paese. Dal fatto che uomini si fidino di altri uomini con indosso i segni distintivi di ciò che li rappresenta tutti. Ne avevamo perso le tracce.

Lo Stato c’è.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Giuseppe Conte (Foto: Giulia Palmigiani © Imagoeconomica)

Presente quando si commette un errore, magari non voluto o sanabile, e il mondo si riempie di persone che invece di aspettare che la cosa decanti si mettono immediatamente la toga da Pm accusatore e mannaro? Ecco, anche a far la tara alle dinamiche politiche che certe condotte un po’ le prevedono, Giuseppe Conte quella toga ce l’ha praticamente sempre messa sulle spalle.

Forse indispettito dalle sue ultime dichiarazioni “morbide” contro la premier Giorgia Meloni per le quali alcuni suoi pasdaran lo avevano accusato di piacionismo politico, il leader del M5s ha caricato sul recente smacco dell’esecutivo alla Camera sul Def. E non ha sparato certo a salve:Il Parlamento rilascia l’attestato di incapacità alla maggioranza Meloni. E’ davvero grave“.

Ancora, in tacca di mira secca: “Una maggioranza che ha già gettato la spugna sul Pnrr, ha dichiarato di non riuscire a spendere tutti i soldi. E oggi non riesce neppure ad approvare lo scostamento di bilancio. Stiamo parlando del Def, il documento economico più importante“.

Poi da Pm Conte passa giudice terzo e spiega: “Gli abbiamo detto: se siete incapaci, abbiate l’orgoglio e la responsabilità di farvi da parte. Noi abbiamo proposto soluzioni e idee, abbiamo gestito tanti scostamenti di bilancio e di grandi importi durante la pandemia, sappiamo come fare. Abbiamo portato soldi del Pnrr, abbiamo le ricette per mettere in sicurezza il Paese“.

Insomma, il sunto è che il Governo è caduto e si è rialzato sul Def e le opposizioni lo hanno criticato non perché lo scostamento fosse carente già prima ed a prescindere, ma perché alla prova d’aula non avrebbe retto subito neanche a contare le schiere amiche. Che è un po’ come dire che un errore è tale in quanto a consenso e non a merito.

Giuseppe Conte dà sempre più spesso l’impressione di essere invasato da un demone che con il governo c’entra poco. E che lo fa vivere di frenesia cercando di mettersi sempre dieci metri avanti al Pd di Elly Schlein. Questo in modo da dimostrare che anche a contare il nuovo corso del Nazareno la vera opposizione la fa solo lui. Solo che nel fare questo a volte pecca di aggressività gratuita e inciampa nel manicheismo dei suoi stessi giudizi.

Specie se poi in Parlamento quello che prima aveva zoppicato in seconda battuta cammina spedito.

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