Top e Flop, i protagonisti di venerdì 7 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 7 aprile 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende nella giornata di venerdì 7 aprile 2023

TOP

LORENZO MARIANI

Lorenzo Mariani (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

Mbda è il colosso europeo dei missili, un gruppo che nel settore trucido ma mai come di questi tempi importante come quello delle tecnologie per la difesa è leader su un padio che lo vede cedere punti solo ai titani Usa Lockheed Martin e Raytheon. Ha sede alle porte di Parigi ed è forse la sola speranza che Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron tornino a guardarsi senza augurarsi reciprocamente la pellagra.

Ci partecipano società come Airbus e BAE Systems. E Leonardo. Nel 2020, MBDA ha realizzato ricavi per 3,6 miliardi di euro e ordini per 3,3 miliardi di euro, ha un portafoglio di ordini di 16,6 miliardi di euro e dopo la guerra della Russia all’Ucraina ha visto quelle cifre salire come la pressione di Aldo Fabrizi dopo una carbonara. Tutto questo per dire che quando si parla di nomine del governo Meloni in seno alle partecipate si sta prendendo in esame roba delicatissima, non solo in punto di scacchiera politico, ma anche e soprattutto di volume di affari.

Ecco perché il nome di Lorenzo Mariani è nome grosso e sussurratissimo in questi giorni. Mariani è l’uomo di punta di Mbda e potrebbe passare alla guida di Leonardo giocandosi la matta di una skill massima che lo farebbe vincere sull’altro nome in borsino, quello dell’ex ministro del governo Draghi Roberto Cingolani.

Ex ministro che, in quanto creatura draghiana, piace molto alla Meloni che di Draghi ormai segue anche la dieta. Comunque vada a finire quello di Mariani è un nome che, non foss’altro per questo valzer di nomine, è balzato agli onori della cronaca in maniera prepotente.

Lui, che è manager di grana finissima e come tutti quelli della categoria, non ha gradito molto, ma le quotazioni di Mbda si. E i mercati lo sanno.

Lanciato come un razzo.

LUCA DI STEFANO

C’è un altro Luca Di Stefano a governare la provincia di Frosinone. Quello precedente (non) visto per tre mesi s’è eclissato ed al suo posto ne è apparso un altro che è l’esatto opposto del primo. In poco più di ventiquattrore ha piazzato il colpo della vicepresidenza dell’Unione Province Italiane, battuto i pugni sul tavolo della Sto chiedendone l’immediato e totale commissariamento alla Regione Lazio. E si prepara a disegnare la sua squadra di governo dopo avere fatto tana a chi diceva di essere pronto a sostenerlo davvero ma in realtà diceva solo di volerlo fare.

Non c’è stata una sostituzione di persona. Nè un colpo o una scossa elettrica di quelle che fanno vedere nei film e subito dopo il protagonista cambia indole come Paolo di Tarso sulla via di Damasco. No, qui c’è altro. Il primo Luca Di Stefano visto in Provincia serviva a capire, studiare un ambiente e degli schemi costruiti dal suo predecessore Antonio Pompeo. Serviva a lasciar uscire dal guscio tante situazioni. Che il secondo ha iniziato dall’altro giorno ad affrontare. (Leggi qui Acqua, Di Stefano chiede commissariamento Sto. E qui: Il capolavoro tattico che porta Romoli – Di Stefano sul tetto dell’Upi).

Un po’ come quel cardinale che si finse moribondo, fintanto che il sacro collegio decise di eleggerlo Papa per prendere tempo, con la certezza che sarebbe durato poco e senza toccare nulla. Invece, un secondo dopo la proclamazione, si alzò dal letto e diede il via ad un pontificato ben incisivo.

Se è così, non è diabolico: è erede della strategia democristiana. Il che lo rende doppiamente pericoloso. Per chi voglia mettercisi in mezzo.

Un democristiano a piazza Gramsci.

FLOP

EDMONDO CIRIELLI

Edmondo Cirielli (Foto: Paola Onofri © Imagoeconomica)

Il nome di Edmondo Cirielli nella storia repubblicana è già impresso, marchiato col fuoco nel bronzo di una nazione che fa più leggi di quante non ne rispetti. Era partito con una norma che puntava a piallare la prescrizione ma poi, dopo che il Parlamento l’aveva resa meno urticante, decise che non voleva che portasse più il suo nome.

E in questi giorni Cirielli è tornato “à la page”. Lo ha fatto su una questione che si trascina dalla seconda metà di marzo nel mainstream. E Cirielli l’ha detta come solo Cirielli poteva dirla. Così: “Le donne che vanno in carcere per reati gravi con sentenza passata in giudicato devono perdere la patria potestà sui figli“. Oggi Edmondo è viceministro degli Esteri e politicamente sta in quota FdI ed è entrato a gamba tesissima sul duello fra Pd e Lega-maggioranza.

Quale duello? Quello in ordine all’articolo 146 del Codice, quello che prende in esame lo status e i diritti delle madri detenute. Il portavoce della linea di governo è Matteo Salvini che le vorrebbe detenute in strutture apposite ma comunque detenute, il controcanto era stato di Debora Serracchiani che aveva ululato alla “nemesi” dell’esecutivo sui bambini. Poi una pioggia di emendamenti aveva annacquato la faccenda e si era passati ai “coltelli dialettici” fra schieramenti.

Ma se da un lato la questione sta investendo “solo” il dato della carcerabilità o meno delle donne incinte o con un figlio che abbia meno di un anno in ordine al regime di detenzione, roba già spinosissima di suo, Cirielli ha voluto strafare, anzi, “stradire”. Ed è andato a toccare una cosa su cui Il Diritto ha fissato paletti alti come sequoie.

E il dato non è che non poteva o doveva dirlo, ma che forse di dirlo non c’era necessità alcuna. A contare che neanche sullo step tecnico non c’è ancora accordo. Cirielli ha fatto come i dj che, in discoteca e con la musica già altissima durante una rissa, invece di abbassare il volume lo ha alzato. Così ci si dà più botte.

Upgrade inutile.

INVITALIA

(Foto © Imagoeconomica)

La cura è efficace se è tempestiva. Vale in medicina, più ancora in economia. E prescrivere una cura sapendo che poi non verrà applicata è uno dei peggiori delitti che si possano compiere. Perché è una presa in giro: illude il paziente, dà inutili speranze a chi gli sta attorno, impedisce la ricerca di altre cure. È quello che sta facendo Invitalia, l’agenzia nazionale per lo sviluppo dell’impresa e per l’attrazione degli investimenti.

Doveva assegnare 10 milioni di euro ad alcune imprese ciociare, ritenute capaci con i loro progetti di trainare lo sviluppo nel loro comparto ed aumentare l’occupazione. Il bando viene gestito da invitalia nel 2019 e chiuso nell’aprile di quell’anno. A maggio viene approntata la graduatoria. I soldi? Ancora oggi, a distanza di quattro anni, non s’è visto un centesimo.

Tredici i progetti presentati. Il migliore risulta quello collegato alle Terme di Pompeo a Ferentino: investimenti per 4,3 milioni di euro, contributi Invitalia richiesti per 3,2 milioni, subito 12 assunzioni. Negli anni è venuto meno il progetto della Rem Energia per la produzione di sostanze chimiche destinate all’agricoltura ed è entrata quella di Bioanagni con un investimento di 12,3 milioni ed un contributo richiesto di 8,9 ed 11 nuovi assunti.

Non ammesse le proposte di sviluppo turistico di due colossi: la società proprietaria del Grand Hotel Palazzo della Fonte (unico 5 Stelle Lusso in provincia) e la società del Silva Splendid che ha una delle spa più celebrate in Italia. Fuori anche il progetto per il polo del freddo per il Centro e Sud d’Italia che venne presentato a suo tempo da Pacaro oggi assorbita da New Cold.

Nessuno discute sulla regolarità della graduatoria: ma l’evidenza impone una domanda. Ed è: ma se non creano occupazione questi, allora chi lo fa lo sviluppo? Se non sono solidi questi chi lo è?”. E soprattutto: se la graduatoria l’avete fatta, cosa aspettate a tirare fuori i soldi che dovevano essere pompati nel circuito economico del territorio ormai quattro anni fa?

Soluzioni fantasma.

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