Top & Flop * Giovedì 22 agosto 2019

Top & Flop. Il fattore tempo ed i due forni: ma adesso fuori i secondi. Le parole chiave di questa giornata politica sono tre: tempo, forno e parlamentari.

Il tempo è quello che Sergio Mattarella ha concesso alle forze politiche (Cinque Stelle e Pd) per trovare un accordo politico serio. Il Capo dello Stato, senza nascondere una certa irritazione, ha detto che effettuerà un secondo giro di consultazioni a partire da martedì prossimo.

Quindi significa che Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio hanno quattro giorni per siglare un’intesa seria. In mancanza della quale ci saranno molto probabilmente nuove elezioni. Non ad ottobre a questo punto, ma a novembre. Ma il fattore tempo sta anche richiamo che Mattarella ha fatto ai Partiti affinché si faccia presto.

Poi c’è il forno. Ognuno ne ha due: accordo con Pd o Lega per i Cinque Stelle, elezioni o marcia indietro per il Carroccio, Governo con i pentastellati o ricorso alle urne per il Pd. In queste condizioni è impossibile dare per scontato uno scenario piuttosto che un altro. Quindi i singoli parlamentari, che poi sono quelli che voteranno alla Camera e al Senato. Nei Cinque Stelle in diversi non sono convinti dall’ipotesi di alleanza con il Pd. Tipo il senatore Gianluigi Paragone. E anche nei Democrat c’è una distanza abissale, per esempio, tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.

A questo punto però inizia il periodo clou. Entrano in campo i big. A cominciare da Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti: dovranno incontrarsi. Sul ring salgono i pesi massimi. Fuori i secondi!

TOP 

SERGIO MATTARELLA

Sergio Mattarella. Foto Francesco Ammendola – Quirinale

Il presidente della Repubblica si è presentato ai microfoni scuro in volto. Ribadendo, Costituzione alla mano, che o si forma un Governo sostenuto da una solida e credibile maggioranza parlamentare, oppure c’è spazio soltanto per il voto. Lo ha fatto dopo aver sottolineato la delicatezza e la gravità del momento politico e del contesto economico.  Ha concesso quattro giorni a Pd e Cinque Stelle per presentarsi con un programma serio e con un accordo vero.

Poi sarà lui a suonare la campana. Nervi d’acciaio nonostante una evidente irritazione.

NICOLA ZINGARETTI

Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

È riuscito a far aprire una trattativa politica con i Cinque Stelle alle sue condizioni. Non prima di aver deliberatamente seminato il panico nelle file renziane per la sottolineatura di tre punti che, secondo i pasdaran dell’ex Rottamatore, non erano nell’accordo siglato in direzione. Lo ha fatto per sottolineare che il segretario è lui. Ma soprattutto Zingaretti ha portato il confronto sulla priorità dell’economia. Va fatta prima del varo del Governo, perché davvero occorre sterilizzare l’attivazione delle clausole di salvaguardia e l’aumento dell’Iva.

Altrimenti sarebbe la catastrofe per il Paese. Compagno segretario.

MARTA CARTABIA

Marta Cartabia

Classe 1963, originaria di San Giorgio su Legnano, Marta Cartabia è stata nominata giudice costituzionale nel 2011 da Giorgio Napolitano e dal 12 novembre del 2014 è vicepresidente della Corte Costituzionale. È la terza donna nella storia di Palazzo della Consulta dopo Fernanda Contri e Maria Rita Saulle e il suo incarico scadrà nel 2020. Potrebbe essere la prima donna Presidente del Consiglio in Italia. Il suo nome circola vorticosamente in queste ore.

Scrive il Corriere della Sera: “Il nome di Marta Cartabia, in passato vicina agli ambienti di Comunione e Liberazione, era già stato evocato nel maggio 2018 come possibile ministro tecnico del Governo Cottarelli che non è mai nato”. Marta Cartabia potrebbe rappresentare il punto di caduta di un’intesa complessa tra Pd e Cinque Stelle. Autorevole.

FLOP

MATTEO SALVINI

Intendiamoci bene: il Capitano non è finito e se si andasse alle elezioni anticipate avrebbe centrato il traguardo. Fra l’altro i sondaggi continuano a darlo largamente favorito. Inoltre il fatto di non padroneggiare la tattica parlamentare lo ha penalizzato nel confronto al Senato, ma rappresenta una spinta enorme nel gradimento della gente normale.

MATTEO SALVINI Foto: © Imagoeconomica, Paolo Lo Debole

Il fatto però è che in due settimane Salvini appare esausto e politicamente invecchiato anche nella comunicazione: sembra impaurito, incerto, continua a lasciare varchi aperti per la ripresa di un rapporto con i Cinque Stelle. Ondeggia. Oggi potrebbe ancora postare una sua immagine con pane e nutella? Probabilmente no. Infatti le strategie della “Bestia salviniana” (il suo formidabile apparato di comunicazione social) sono destinate a cambiare.

Dove è finito l’uomo forte del Carroccio e della politica italiana?

Azzoppato.

LUIGI DI MAIO

Ha ragione il presidente della Repubblica francese Macron: il vero e grande sconfitto di questa crisi è il capo politico dei Cinque Stelle. Ma cosa c’entra Di Maio con i Cinque Stelle? Si muove, si comporta, parla e pensa come un democristiano di quarta fascia.

Oggi al Quirinale ha voluto stupire con effetti speciali: dieci punti non negoziabili e malcelato tentativo di dire che non teme le urne. In realtà è terrorizzato. Fra l’altro sembra non accorgersi che la sua presenza nel futuro esecutivo rappresenta un problema enorme, soprattutto in prospettiva. Non soltanto per il Pd, ma anche per i Cinque Stelle, che lui ha preso al 33% e ha portato al 17%. Particolare non trascurabile.

Nelle sue dichiarazioni, inoltre, non c’è stata quella netta chiusura alla Lega che i Democrat avevano chiesto. Infatti pochi minuti dopo, per sottolineare quel concetto, è stato necessario l’utilizzo di “fonti governative dei Cinque Stelle”. Probabilmente Rocco Casalino.

La realtà è che Luigi Di Maio resta al suo posto soltanto perché Beppe Grillo e Davide Casaleggio sanno che sostituirlo ora avrebbe come unico effetto quello di far saltare definitivamente l’immagine unitaria dei Cinque Stelle. Infine, il taglio dei parlamentari: il Pd dirà sì, magari nell’ambito di una riforma costituzionale più ampia. Non specificando la data. Forse fra due anni. Perché sì non significa quando.

Ercolino sempre in piedi. Ma per fare cosa?

VIRGINIA RAGGI

Virginia Raggi

Da giorni resta in silenzio su una svolta politica che potrebbe rappresentare una prospettiva di crescita anche per la sua Amministrazione. Oggi, dopo aver ascoltato i dieci punti elencati da Luigi Di Maio, l’unica cosa che ha saputo dire è che tra quei dieci punti non c’è Roma. (leggi qui L’incomprensibile silenzio di Virginia) Ma arriverà mai il giorno in cui la sindaca dirà quello che lei può fare per Roma senza aspettare sempre il soccorso del partito, di altre istituzioni, della Regione Lazio o del Governo?

Banale.