Top & Flop * Giovedì 8 agosto 2019

Top & Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP

SERGIO MATTARELLA

Il Capo dello Stato è l’unico punto fermo della Repubblica italiana in questo momento, l’unica garanzia per l’Unione Europea, l’unico argine ad una schizofrenia derivante dall’assalto all’arma bianca della Lega e l’inadeguatezza totale dei Cinque Stelle.

Sarà lui a decidere tempi, modi e date di questa crisi. E intanto ha piazzato due “chicche”. Controfirmando il decreto sicurezza bis, ha comunque “segnalato” che le sanzioni alle Ong sono irragionevoli e che in ogni caso il soccorso in mare va garantito. Per far capire a Salvini che c’è un limite a tutto. Quindi, sta già pensando ad un Governo diverso da quello attuale per gestire le elezioni anticipate. Un Governo che resterebbe in carica anche se bocciato alle Camere. Questo per evitare che il sostanziale candidato premier di una coalizione (Salvini) ricopra anche il ruolo di ministro dell’Interno in campagna elettorale.

Gigantesco. Con lode.

MATTEO SALVINI

Il leader della Lega non ha sbagliato una mossa: dopo aver umiliato i Cinque Stelle per almeno sei mesi su tutto, a Sabaudia ha annunciato che “qualcosa si è rotto”. (leggi qui «Qualcosa si è rotto»: Salvini accompagna alla porta i 5S. Di Maio: «Abbiamo scelto da tempo») Una sorta di commiato sulle note della Turandot di Puccini.

Il ministro dell’Interno meno presente della storia al Viminale ha continuato ad essere in campagna elettorale sempre e comunque. E quando ha capito che la vicenda dei presunti fondi russi alla Lega poteva effettivamente metterlo in difficoltà, ha accelerato. Oggi non ha lasciato subordinate: c’è solo il voto anticipato. Vuole un altro Governo, vuole un altro ruolo, quello di presidente del consiglio. Ha cannibalizzato il centrodestra e distrutto i Cinque Stelle. Adesso manca l’ultimo miglio, ma lui non si fermerà.

Panzer division.

LA “BESTIA” DEL CAPITANO

Federica Mochi sull’AdnKronos lo ha descritto così: “C’è chi lo chiama “dottor Stranamore”. Chi, più semplicemente, “il domatore di consensi”. Una ne pensa e cento ne fa, Luca Morisi, 45 anni, mantovano e uomo ombra di Matteo Salvini.

Digital philosopher. Social-megafono, mi occupo quasi 24×7 della comunicazione per il Capitano. #goSalvinigo” scrive lui su Twitter, dove vanta 13mila follower. Numeri irrilevanti in confronto a quelli del Capitano, che in pochi mesi ha tagliato il traguardo di 3 milioni e mezzo solo su Facebook. Tutto merito, neanche a dirlo, di Morisi, spin doctor del ministro dell’Interno e guru 24h24 della propaganda social di Salvini. Luca Morisi è il capo della Bestia del Capitano, l’apparato di comunicazione del leader del Carroccio. Una struttura impressionante, che non sbaglia un colpo, che monitora la situazione sui social ogni secondo.

Nelle ultime settimane sono stati gli uomini e le donne a servizio di Morisi a preparare nei dettagli la scenografia della crisi. “Animali”.

SILVIO BERLUSCONI

La zampata del Cavaliere è arrivata puntuale come le tasse. Nel momento in cui ha capito che si sarebbe consumato lo strappo tra Lega e Cinque Stelle, aprendo la strada a possibili elezioni anticipate, Berlusconi ha piazzato il colpo di genio: vietata la doppia tessera. (leggi qui La furia di Berlusconi: Abbruzzese e Ciacciarelli fuori da Forza Italia. Ma è esodo.). Chi va con Giovanni Toti è fuori dal Partito. I sondaggi dicono che Lega e Fratelli d’Italia potrebbero farcela da soli per quanto riguarda la maggioranza parlamentare, ma che con Forza Italia il centrodestra supererebbe il 50%. Berlusconi combatterà fino alla fine. Intanto ha messo all’angolo Giovanni Toti.

Diabolico.

GIORGIA MELONI

L’ex ragazza prodigio di Alleanza Nazionale di strada ne ha fatta davvero tanta. I Fratelli d’Italia stanno crescendo. Lei ieri, nel momento in cui il Governo è franato, ha parlato di Paese, non di coalizione. Certamente si candida a diventare l’alleato strategico di Salvini (come Bettino Craxi lo fu della Democrazia Cristiana), ma non ha voluto dare neppure l’impressione di voler andare a rimorchio del Carroccio. Alle regionali ha già “piazzato” diversi presidenti.

Alle politiche si farà sentire. Eccome se si farà sentire.

Lady di ferro.

NICOLA ZINGARETTI

Nicola Zingaretti Foto: © Imagoeconomica, Pasquale Carbone

Non ha dovuto fare molto perché Lega e Cinque Stelle si sono “suicidati”. Però a volte il silenzio è fondamentale. Specialmente in un Partito, come i Democrat, nel quale si litiga pure quando gli avversari vanno sotto in Parlamento. Il segretario nazionale sa che Matteo Renzi controlla i gruppi parlamentari. Ha voluto evitare di svegliare il cane che dorme. Se poi la crisi dovesse avere uno sbocco parlamentare, allora chissà Zingaretti potrebbe giocarsi una carta diversa. Nel none del superiore interesse del Paese.

C’è il veto di Renzi su alleanze con i Cinque Stelle? Tutto si può superare. Anche perché Renzi , con nuove elezioni, difficilmente controllerebbe ancora i gruppi parlamentari.

Prudente.

ALESSANDRO DE ANGELIS

Si è confermato il notista politico numero uno del panorama giornalistico italiano. Ha scritto sull’Huffington Post: “Lo scalpo (dei Cinque Stelle) o il voto. È questo il senso della giornata, tra le più irrituali, tese, sgrammaticate della storia recente, con una crisi minacciata a Camere chiuse e, praticamente, a vacanze iniziate. Che certifica che il governo, per come l’abbiamo conosciuto finora, non c’è più. Ecco, “qualcosa si è rotto”, dice Salvini nel suo comizio serale a Sabaudia attorno a cui ha costruito una suspense ai limiti del terrorismo psicologico. Dunque, o si cambia o la “parola torna agli italiani”.

Questo lo ha scritto ieri sera. Una pennellata d’autore che ha anticipato quello che sarebbe successo oggi. Se vuoi capire davvero la politica, non puoi non leggere Alessandro De Angelis.

Raffaello.

FLOP

GIUSEPPE CONTE

Nel giorno del suo 55° compleanno si è sentito dire da Matteo Salvini che deve andare il prima possibile in Parlamento. Oltre che al Quirinale. Non riuscirà a gestire la crisi, per il vizio che sta all’origine di questo Governo.

Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Nato da un contratto e non da un accordo, gestito dai due vicepremier, senza alcun tipo di prospettiva vera. Il professore universitario ha accettato sapendo bene che non avrebbe avuto spazi di manovra. Ma ha commesso l’errore decisivo quando ha cambiato parere sulla Tav. Lasciando scoperto Di Maio e dando a Salvini la sponda parlamentare per “seppellire” un esecutivo mai nato.

Premier per caso. E ancora per poco.

LUIGI DI MAIO

Una sconfitta politica di queste proporzioni non si ricorda nella storia della Repubblica Italiana. E neppure in quella del Regno sabaudo. E’ andato al Governo alla guida di quello che il 4 marzo 2018 è stato il primo partito, con quasi il 33%. Il doppio della Lega. Va via con i sondaggi che danno il Movimento Cinque Stelle al 17% e soprattutto sfilacciato, distrutto, marginale e ininfluente. Ha ceduto sempre e su tutta la linea a Matteo Salvini, è franato su tutte le battaglie del Movimento. E il reddito di cittadinanza è stato un disastro, soprattutto nella gestione.

Catastrofico.

ROCCO CASALINO

Quando il gioco si fa duro, non è lui a giocare. L’ex concorrente del Grande Fratello era stato dipinto dai fedelissimi “talebani” come il guru della comunicazione, come quello che non sbaglia una mossa. Invece di mosse ne ha sbagliate tante, a cominciare da quando è andato lui a guidare la comunicazione del presidente del consiglio Giuseppe Conte. Non aveva una caratura istituzionale di quel tipo. Non passerà alla storia e neppure alla cronaca.

Grande fardello.

GRILLO-CASALEGGIO

Nel momento di massima difficoltà del Movimento sono letteralmente spariti. Come i capi non dovrebbero mai fare. Hanno lasciato Luigi Di Maio al suo destino. Ma nello stesso tempo hanno lasciato soli i vari Alessandro Di Battista, Roberto Fico e Paola Taverna. Dando la sensazione che il Movimento non aveva nessuna “riserva” di lusso in panchina. La resa dei Cinque Stelle alla Lega è la resa della loro filosofia politica. E rimarca ancora di più come l’unico vero leader era Gianroberto Casaleggio.

Beppe Grillo e Davide Casaleggio sono quelli “dell’abbiamo vinto e hanno perso”.

Armiamoci e andate.

GIOVANNI TOTI

Silvio Berlusconi lo ha spiazzato con il no alla doppia tessera. Nel caso di elezioni anticipate il Governatore della Liguria, al massimo, potrà ambire, ad avere una decina di candidature blindate in quota Lega o Fratelli d’Italia. Il fatto di non essere neppure uscito da Forza Italia ha perfino scoraggiato le truppe. Potrebbe perdere qualche “pezzo”.

Ininfluente.

CASELLATI-FICO

Se il presidente della Repubblica non li avesse convocati al Quirinale, nessuno si sarebbe ricordato che in Italia esistono ancora le cariche di presidente del Senato e della Camera. Ruoli ricoperti, in passato, da gente come Giovanni Spadolini o Nilde Iotti. Roberta Casellati (Forza Italia) e Roberto Fico (Cinque Stelle) non hanno lasciato traccia.

La ricreazione è finita.

CALENDA-RENZI

La premessa è fondamentale. Possono ribaltare il flop nei prossimi mesi. Intanto però hanno sbagliato tutte le mosse di queste ultime ore. Matteo Renzi ha dato la sensazione di avere un accordo con Matteo Salvini.

Probabilmente l’ex rottamatore farà un suo partito di centro, ma dovrà sgomitare per un luogo politico spazzato via dall’esuberanza della Lega. Inoltre, la fine di questa legislatura gli toglierebbe l’unica cosa che gli è rimasta: il controllo dei gruppi parlamentari. Carlo Calenda ha ribadito che esistono due pd, che non si parlano. Quello di Zingaretti e quello di Renzi. E lui che fa? Magari prova a darsi una mossa?

Sofisti.