Top & Flop * Lunedì 12 agosto 2019

Top & Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

Anche stasera un top e flop diverso, scandito dalla crisi politica di ferragosto, nella quale i protagonisti sono, al tempo stesso, Dottor Jeckyll e Mister Hyde. Perché nessuno ha la chiave per risolvere questo momento complicato, difficilissimo, delicatissimo. La conferenza dei capigruppo al Senato non ha risolto il problema della calendarizzazione della crisi. (leggi qui Scontro sui tempi in Senato, aula convocata domani alle 18)

Domani toccherà all’aula esprimersi, in un clima incandescente che anticipa il dibattito sulla sfiducia. Ma intanto la decisione di Elisabetta Casellati dice che il centrodestra si è ricompattato. Ma potrebbe non bastare se Cinque Stelle, Partito Democratico, Leu e sinistra dovessero votare insieme.

TOP E FLOP

MATTEO SALVINI

Foto: © Imagoeconomica

Top. Il Capitano è scatenato. Vuole votare subito e ha fatto coincidere la partenza del tour estivo nel sud (roccaforte dei Cinque Stelle) con l’inizio di una campagna elettorale che sarà lunghissima. Comunque. Intanto vuole spingere per far sfiduciare Giuseppe Conte il 14 agosto, per dare un segnale forte e chiaro che non c’è alternativa al ritorno alle urne. Per questo ha scatenato la “Bestia del Capitano” Luca Morisi. Una chiamata alle armi sui social per chiedere il voto subito. Inoltre ha ricompattato il centrodestra.

Flop. Ma proprio tutto questo attivismo tradisce anche una certa inquietudine. Perché domani sulla calendarizzazione del voto di sfiducia a Conte, Pd, Cinque Stelle, Leu e sinistra potrebbero fare le prove generali per una eventuale maggioranza alternativa.

Salvini griderebbe all’inciucio, ma intanto dovrebbe fare i conti con uno scenario inatteso e imprevedibile. Perché se la mozione di sfiducia si dovesse votare il 19 o il 20 agosto, magari dopo quella presentata dal Pd proprio contro Salvini, allora Giuseppe Conte potrebbe perfino restare presidente del consiglio. E a quel punto per il Capitano sarebbe una Waterloo.

Lui però, come sempre, ha preferito il lascia o raddoppia. Il tormento e l’estasi.

MATTEO RENZI

Top. La classe non é acqua e l’ex Rottamatore sotto questo punto di vista è come quando giocava ancora… Roberto Baggio. Ha dimostrato di governare i gruppi parlamentari e di voler ancora essere lui il segretario del Pd. Non ha chiesto niente a nessuno, è andato avanti sparigliando il mazzo di carte come soltanto il Silvio Berlusconi di un tempo sapeva fare. E ha soprattutto spaventato l’altro Matteo. Salvini. Perché in realtà è pronto perfino alla scissione pur di far nascere un nuovo governo di legislatura. Altro che un anno. L’obiettivo di Renzi è tenere la Lega fuori dal Governo (senza ministeri e senza tutto il resto) per anni.

Flop. Ma, c’è un ma… grande come il tallone di Achille. Un piano del genere passa attraverso l’accordo con i Cinque Stelle di Beppe Grillo. I nemici storici e odiati. Quelli che lo stesso Renzi ha spinto verso la Lega dopo essere andato da Fabio Fazio a bocciare platealmente le manovre di Maurizio Martina. Alla fine questo potrebbe pesare non poco. Gigante fragile.

NICOLA ZINGARETTI

Nicola Zingaretti @Instagram

Top. Beh insomma, non fa piacere a nessuno che nel proprio Partito ci sia chi, come Matteo Renzi, non ne riconosce la leadership. Quanto sta succedendo in queste ore fa emergere i limiti di un partito nel quale non si capisce mai chi davvero comanda: Walter Veltroni o Massimo D’Alema? Pierluigi Bersani o Matteo Renzi? Lo stesso Matteo Renzi o Enrico Letta? E ora: l’eterno Matteo Renzi o Nicola Zingaretti? Il segretario nazionale del Pd non vuole un governo che faccia la manovra, perché ritiene che questo potrebbe far crescere ulteriormente Salvini.

Flop. Però poteva gestirla diversamente, considerando che alla Regione Lazio lui con i Cinque Stelle un certo “feeling” ce l’ha. In ogni caso sta lavorando ad una piattaforma di sintesi. Intanto sulla calendarizzazione della crisi, votare insieme a Renzi non avrebbe effetti sull’unità del partito. In secondo luogo questo gli consentirebbe di prendere tempo e capire il da farsi. Una scissione adesso sarebbe una tragedia per il Pd. Un capo deve anche saper mediare. Nicola Zingaretti lo sa fare, è tignoso, non vuole abdicare da capo. Se proprio non può controllare Renzi, allora potrebbe limitarsi a farlo scatenare. Renzi. Nella polvere e sull’altare. Andata e ritorno.

LUIGI DI MAIO

LUIGI DI MAIO Foto: © Imagoeconomica, Alessia Mastropietro

Top. Ha una capacità di “incassare” che neppure Vito Antuofermo quando restò in piedi al cospetto di Marvin Hagler, che continuava a colpirlo sul volto tumefatto senza però riuscire a mandarlo al tappeto. E infatti Antuofermo restò in piedi. Gonfio, ma in piedi. Per Luigi Di Maio la stessa cosa: ha perso tutte le battaglie con Matteo Salvini, eppure è ancora lì. La base del Movimento Cinque Stelle non lo ama e la sua visione “istituzionale” ha snaturato il partito del vaffa.

Flop. Ma nessuno ne mette in discussione la leadership politica. Non Beppe Grillo, non Davide Casaleggio, non Alessandro Di Battista, non Roberto Fico. Ci sarà un motivo. Alla fine, se dovesse andare a dama la manovra con Matteo Renzi, per Gigino Di Maio sarebbe un’inversione di tendenza e di trend. Ha una fisionomia politica democristiana, di chi abbraccia il proprio nemico e di chi sa che l’importante è restare in piedi. Basta modellare la posizione a seconda degli eventi. Concavo e convesso.

SILVIO BERLUSCONI

Top. Ha costretto Matteo Salvini a dire, su Il Giornale (cioè a casa sua), che si riparte dal centrodestra. Significa che Forza Italia vuole ottenere almeno una sessantina di collegi blindati tra Camera e Senato. Un risultato inimmaginabile per un partito che viaggia stabilmente sotto l’8% dei sondaggi. Però, come al solito, gioca su almeno due tavoli. Gli analisti politici che contano giurano che in queste ore Matteo Renzi ha contattato Gianni Letta per cercare di capire quanti parlamentari “azzurri” sarebbero disposti a fare nascere un governo di tregua istituzionale. E’ un elemento che Berlusconi conosce benissimo, perché lui sui trasversalismi ha fatto la differenza in Parlamento.

Flop. Ma è proprio l’antitesi tra visione di prospettiva e piccolo cabotaggio a rappresentare un “terno al lotto”. Se esce, sbanchi. Ma se non esce, perdi e basta. Sognando De Gasperi ma anche un po’ Scilipoti.