Top & Flop * Lunedì 19 agosto 2019

Top & Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP 

MARIA ELENA BOSCHI

Ha affidato la replica a Matteo Salvini essenzialmente ad una foto che la ritrae in bikini (mozzafiato), abbronzata e con le amiche. Maria Elena Boschi, francamente, tutto sembra meno che una mummia.

Maria Elena Boschi e le amiche

Ha detto: “Salvini dice che io sono una mummia che vuole tornare al Governo. Io al Governo con Toninelli e Di Maio non ci vado, non sono Salvini. Al massimo voto la fiducia a un Governo Istituzionale che evita l’aumento dell’Iva e che riporta l’Italia a giocare un ruolo in Europa. Quanto al fatto di essere una mummia ho come l’impressione che #CapitanFracassa sia nervoso. Il caldo fa male: in questi casi bisogna bere molto e evitare di uscire nelle ore più calde. Come direbbe lui, “bacioni” dal mio sarcofago”.

Poi ancora: “Capitan Fracassa ci sta facendo uno spot pazzesco e neanche lo capisce. Per noi prima di tutto viene il Paese, non le ambizioni personali”.

Matteo Salvini aveva detto: “Farò di tutto per evitare che gli italiani anneghino in un governo di sinistra, di gente di sinistra bocciata a tutte le ultime elezioni. Sarebbe una vergogna. Qui gli unici traditori sarebbero coloro che dovessero tradire il voto popolare per riesumare mummie alla Renzi e alla Boschi”. Maria Elena Boschi ha scelto l’ironia, mettendo in luce però come sia stato Matteo Renzi a dare scacco matto al leader della Lega in questa pazza crisi di Ferragosto.

Il bikini è stata una trovata geniale. Sapore di mare.

GIANNI LETTA

È riemerso nel momento clou, quando il “cerchio magico” di Silvio Berlusconi ha mostrato tutti i limiti di chi vive di luce riflessa e non sa far altro che applaudire il Capo per avere un ruolo. Lui, Gianni Letta, non ne ha bisogno.

Con Silvio Berlusconi c’è stato dall’inizio, nella buona e nella cattiva sorte. Discutendo e dissentendo quando è stato il caso. La lealtà è cosa diversa dalle cieca obbedienza.

Letta e Berlusconi

L’Huffington Post ha scritto: “Nel grande risiko della crisi istituzionale più folle della storia della Repubblica italiana rispunta un attore che è stato protagonista della scena degli ultimi 25 anni: Gianni Letta. Da giorni il fidatissimo consigliere del Cavaliere di Arcore, nonché regista di ogni cosa che riguardi i palazzi della politica, ogni qualvolta si ritrova davanti a Silvio Berlusconi ripete con insistenza: “Silvio ragiona, se il Governo che nascerà sarà istituzionale per quale motivo noi non dovremmo appoggiarlo?”.

L’attivismo di Letta è felpato. Ogni sua mossa, seppur sotto traccia, va in una sola direzione: isolare Matteo Salvini e costruire un ponte con quell’ala renziana del Pd che invoca la nascita di un esecutivo istituzionale”. 

E qualche indizio sta arrivando. Matteo Renzi sta letteralmente imperversando nelle reti del Biscione e ha lodato Silvio Berlusconi, definendolo uomo delle istituzioni. L’obiettivo di Gianni Letta è lo stesso di sempre: isolare Matteo Salvini e sganciare Forza Italia dalla Lega. Lo spirito è rimasto quello del patto del Nazareno: il “contatto” tra l’ala renziana del Pd e Berlusconi. Ma c’è anche un altro motivo: evitare che parlamentari di Forza Italia possano appoggiare comunque un Governo istituzionale.

Gianni Letta vuole che l’operazione se la intesti Berlusconi, evitando ulteriori strappi. Cardinale e vaticanista.

FLOP

LA LEGA

L’unica spiegazione è che sia un sosia. Perché davvero riesce difficile credere che Matteo Salvini abbia potuto pronunciare le seguenti parole: “Come andrà martedì? Voglio ascoltare le parole del presidente del Consiglio, senza pregiudizi. Certo se il modo è quello delle scorse settimane, allora la via maestra è chiara. In questi giorni abbiamo un rapporto epistolare, ma è ancora il mio presidente del Consiglio. Magari martedì mi stupisce. Se mi dice applichiamo la flat tax domattina… Il mio telefonino è sempre acceso. Le mie dimissioni? Non do la soddisfazione a compagni di lasciare il ministero dell’Interno. Difenderò l’Italia e i suoi confini con le unghie e con i denti. Non mi stupirei se, nei prossimi giorni, ricevessi una richiesta di processo“.

A proposito della nuova presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, Salvini ha spiegato: “Mi deve convincere con i fatti, le prime avvisaglie non sono il massimo, poi io posso anche cambiare idea”. Cioè è pronto smentire sé stesso pur di non aprire la crisi di governo.

Ricapitoliamo: potrebbe non votare la mozione di sfiducia che lui stesso ha presentato a Giuseppe Conte, voterebbe il taglio di 345 parlamentari piegandosi a Di Maio e “abiurando” il credo della Lega, accetterebbe Luigi Di Maio presidente del consiglio e Giuseppe Conte commissario dell’Italia in Europa. Ci manca solo che dica di essere disposto a cambiare idea sull’immigrazione. Ma davvero ha un senso restare al Governo in questo modo?

Ma quello che stupisce di più è che nella Lega nessuno abbia cercato una posizione alternativa, abbia provato una mediazione diversa. Oppure abbia detto chiaro e tondo che è meglio stare all’opposizione che cedere su tutta la linea. Meno di tre mesi fa la Lega ha ottenuto più del 34% alle europee. Poi il suicidio politico di Matteo Salvini nel silenzio tombale di un Partito che non esprime molto oltre il Capitano. Retromarcia su Roma.

CARLO CALENDA

È entrato nel Partito Democratico dopo la tragica sconfitta del 4 marzo 2018. Adesso minaccia di uscire per fondare un nuovo partito (ma con chi?) nel caso il Pd trovasse un accordo con i Cinque Stelle per mandare all’opposizione e “sgonfiare” politicamente Matteo Salvini, l’avversario principale del centrosinistra.

Carlo Calenda

In più l’europarlamentare Carlo Calenda scommette sul fatto che in futuro sarà Matteo Renzi a far cadere il Governo pentademocratico. Ammesso che nasca davvero. Perché la crisi non si è ancora aperta formalmente, Giuseppe Conte non si è dimesso. E Marco Minniti avverte che potrebbe esserci un colpo di coda in un eventuale ritorno di fiamma politico tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio.

Carlo Calenda dà la sensazione di voler fare il bastian contrario a prescindere, cercando di stupire per forza gli interlocutori. Soprattutto se si chiamano Matteo Renzi e Nicola Zingaretti. Rischia di sbagliare tutti i tempi, in entrata e in uscita. Poteva provare a mediare e magari intestarsi una volta tanto una vittoria politica vera.

Invece no, ha scelto la strada dello strappo preventivo. Perdente di successo.