Top & Flop * Martedì 20 agosto 2019

Top & Flop. Ogni notte, i protagonisti della giornata appena conclusa. Per capire meglio cosa ci attende l’indomani.

TOP E FLOP

GIUSEPPE CONTE

Perché Top

L’avvocato del popolo ha fatto un discorso di grande orgoglio e valenza istituzionale e costituzionale. Dimostrando rispetto per  il Parlamento: ha ascoltato tutte le repliche anche se aveva annunciato che si sarebbe dimesso. Ha attaccato Matteo Salvini, scaricandogli addosso la responsabilità della crisi. Bacchettando anche i Cinque Stelle, che lo hanno lasciato solo quando si è trattato di rispondere sul caso dei presunti fondi russi alla Lega. Infine, ha lanciato messaggi chiari sull’Europa, preparando il terreno ad una sua eventuale nomina a commissario europeo. Scaltro.

Giuseppe Conte
Perché Flop

Matteo Salvini è stato comunque il suo ministro dell’Interno, da lui difeso sulla vicenda della nave Diciotti. Sulla quale è stata negata l’autorizzazione a procedere. Ha dato la sensazione di un marito arrabbiato per aver scoperto il tradimento della moglie. E poi, più che al Paese, ha parlato al presidente della Repubblica. Il Conte del Grillo

MATTEO SALVINI

Perché Top

Non era semplice contrastare l’intera aula del Senato, tutta schierata contro di lui. Lo ha fatto scegliendo la strada di un comizio, non di un discorso al Parlamento. Ha toccato tutte le corde di una possibile campagna elettorale, arringando i suoi e scagliandosi soprattutto contro Matteo Renzi, il suo vero avversario. Soprattutto ha dimostrato di non temere elezioni anticipate. E’ l’unico. Coraggioso.

Perché Flop
Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Ha perso lucidità, inutile girarci intorno. Probabilmente per la vicenda dei presunti fondi russi alla Lega. Perché insomma, il Capitano è arrivato al 34% alle Europee e qualche settimana fa i sondaggi lo davano al 39%. Ha scambiato il consenso dei sondaggi con la sua forza in Parlamento, che resta quella del 17%. Si è assunto la responsabilità della caduta del primo Governo sovranista, ha resuscitato i Cinque Stelle. Ma soprattutto è crollato sotto l’offensiva di Matteo Renzi. Inoltre, rischia di mandare all’opposizione un Partito e una classe dirigente per diverso tempo. Con il rischio di perdere consensi oltre che potere. Dimenticando che la Lega è cresciuta proprio all’opposizione.

Si è addormentato a Vittorio Veneto, si è svegliato a Caporetto. Il pifferaio tragico.

LUIGI DI MAIO

Perché Top

Il capo politico dei Cinque Stelle ha adesso la possibilità di continuare ad essere l’azionista di maggioranza di un nuovo Governo. Chi l’avrebbe detto due settimane fa? Intanto evita le urne, autentico incubo per l’intero stato maggiore pentastellato. Non a caso Beppe Grillo ha riunito tutti i big del Movimento con questo imperativo categorico. Inoltre, nel nuovo Governo, Di Maio potrebbe avere il ruolo di ministro dell’Interno, quello di Salvini. Una ciliegina sulla torta. Al posto giusto al momento giusto. Suo malgrado. Forrest Gump.

Perché Flop

Il suicidio politico di Salvini non cancella comunque i fallimenti del Movimento Cinque Stelle al Governo. In 14 mesi consensi dimezzati: sei milioni di voti persi. E non cancella provvedimenti come il Reddito di cittadinanza (flop vero) o come il taglio dei contributi all’editoria. Infatti resta alla guida sotto la supervisione di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Capo dimezzato.

 MATTEO RENZI

Perché Top

È lui il vero vincitore di questa crisi di Ferragosto che ha messo al tappeto il Governo pentaleghista. Non ha sbagliato nulla, agendo con un tempismo perfetto. Oggi poi ha tranquillizzato perfino il segretario del Pd Nicola Zingaretti, dicendo che lui non farà parte dell’eventuale nuovo esecutivo. Un messaggio in codice pure ai Cinque Stelle di Grillo, Di Maio, Di Battista e Fico. Ma il capolavoro lo ha fatto demolendo l’immagine di uomo forte dell’altro Matteo, Salvini.

Renzi ride con Bonifazi Foto: © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Ha detto Renzi in aula: “Non è un colpo di Stato cambiare un governo, ma aprire questa crisi è stato un colpo di sole, questo è il Parlamento, non è il Papeete.  C’è da evitare l’aumento dell’Iva e serve un governo. Colleghi di M5S, non so se voteremo lo stesso governo, io non ne farò parte. So che è in arrivo una recessione, che tra Usa e Cina c’è un problema di dazi, che se l’Italia non si siede al tavolo europeo saranno problemi. Di fronte a questo prima vengono le istituzioni. Per questo daremo il nostro contributo perché a pagare la vostra sciagurata fine non siano le famiglie”.

Poi l’affondo su Salvini: “Comunque finisca la crisi, faccia chiarezza sulla Russia, quereli Savoini perché non può esistere democrazia occidentale nella quale c’è il sospetto della più grande tangente mai chiesta da chi lavorava con lei”. Primo della classe.

Perché Flop

Il difficile per lui viene adesso, quando cioè dovrà dimostrare disciplina di Partito e nervi saldi davanti ad un esecutivo che vedrà protagonisti comunque i Cinque Stelle. Renzi è un fuoriclasse, ma ha raccolto il massimo nelle vesti di Rottamatore. Quando si è trattato di mediare ha mostrato dei limiti. Ora la prova del nove. Sotto esame.

NICOLA ZINGARETTI

Perché Top

La nascita di un nuovo Governo che mandi a casa la Lega di Salvini dipende soprattutto da lui. Il segretario del Pd, però, ha fatto bene a non dare la sensazione di volere a tutti i costi una soluzione parlamentare.

Matteo Renzi e Nicola Zingaretti, Foto: © Imagoeconomica, Benvegnu’ Guaitoli

Anche oggi ha commentato così l’intervento di Conte: “Tutto quanto detto sul ministro Matteo Salvini dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte non può che essere condiviso. Ma attenzione anche ai rischi di auto-assoluzione. In questi 14 mesi è stato il presidente del Consiglio, anche del Ministro Salvini, e se tante cose denunciate sono vere perché ha atteso la sfiducia per denunciarle? E all’elenco delle cose fatte non può non seguire l’elenco dei disastri prodotti in economia, sul lavoro, sulla crescita, sullo sviluppo. Questo è il vero motivo del pantano nel quale l’Italia è finita. Per questo qualsiasi nuova fase politica non può non partire dal riconoscimento di questi limiti strutturali di quanto avvenuto in questi mesi”. Nervi d’acciaio.

NICOLA ZINGARETTI Foto: © Imagoeconomia, V.P. Gerace
Perché Flop 

La crisi non l’ha prodotta lui, ma Matteo Renzi. Un allenatore non è mai completamente contento quando la partita viene vinta da un singolo fuoriclasse e non dalla squadra. Nel Pd tutti i big soffrono la straripante personalità di Renzi. Ora il rischio è che Matteo Renzi faccia nascere il Governo istituzionale e poi avvii la scissione per formare un nuovo Partito. Magari seppellendo l’esecutivo giallorosso. Nicola Zingaretti lo sa ma non può farci nulla, se non provare a coinvolgere Renzi per davvero. Ma è complicato. Sul filo del rasoio.

SILVIO BERLUSCONI

Perché Top

Poche settimane fa era fuori gioco, ininfluente e perfino sotto attacco da parte di Giovanni Toti. Ha ribaltato completamente la situazione e ora può perfino infilarsi nella maggioranza Ursula. Immortale.

Perché Flop

Il problema di fondo resta: Forza Italia senza di lui non esiste, la classe dirigente non c’è. Esiste soltanto il cerchio magico. Dopo di me il diluvio.

ROMANO PRODI

Perché Top

La sua apertura ad un Governo tra Pd e Cinque Stelle ha avuto il merito di accelerare la situazione e di far chiudere la porta a Matteo Salvini. Infatti Beppe Grillo ha colto al volo l’assist del Professore. La zampata.

Perché Flop

Il sospetto è che Prodi sia voluto rientrare in campo pensando alle prossime elezioni del presidente della Repubblica. Non ha ancora digerito lo sgarbo dei 101 che gli hanno sbarrato la strada per il Quirinale. Ed erano tutti del Pd. Pro domo sua.

GIORGIA MELONI

Perché Top

Nel balletto dei cambi di posizione e delle autentiche abiure, Fratelli d’Italia è l’unico partito che è rimasto fermo al suo posto. Merito di Giorgia Meloni, che ora ha spazio e tempo per calibrare un centrodestra diverso. Perfino nei rapporti con la Lega. Capitana.

Perché Flop

Se non si va alle urne in tempi brevi il rischio è che l’asse sovranista e conservatore possa perdere la spinta propulsiva. Tornando su percentuali di qualche mese fa. Giorgia Meloni non dà la sensazione di poter essere lei a prendere in mano la situazione. Timida.

TRE METRI SOPRA IL CIELO

SERGIO MATTARELLA

Adesso è lui ad avere in mano il pallino della crisi. Sergio Mattarella avvierà le consultazioni, valuterà tutti gli spazi, consapevole di rappresentare non soltanto la Costituzione, ma soprattutto l’unico punto di riferimento dell’Italia nello scenario internazionale.

La partita ha sfaccettature delicate: evitare l’aumento dell’Iva, non far scattare le clausole di salvaguardia, tornare a sedere nei tavoli europei che contano, cambiare rotta sull’immigrazione, evitare attacchi dei mercati. E scongiurare soprattutto l’esercizio provvisorio del bilancio. Mattarella può intestarsi tutto questo. Non deve sbagliare nulla e lo sa. Ma se c’è uno che può riuscirci quello è lui. Quirinalizio e felpato.

MENZIONE SPECIALE

MIKE MANLEY

Mike Manley

L’amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobilies non ha mai attaccato il Governo pentaleghista. Neppure dopo l’introduzione dell’Ecobonus, una “mazzata” sull’intera industria dell’auto e in particolare di Fca. Mai una parola contro Matteo Salvino o Luigi Di Maio. Neppure su Giuseppe Conte. Non c’era bisogno di dirla però. Adesso Manley, però, sa una cosa: la politica industriale del Paese non può andare peggio di così. Gli è bastato restare seduto sulla riva del fiume. Rombo di motori.

UMBERTO BOSSI

Si è avverata la profezia del vecchio leone, di quello che la Lega l’ha fondata. Umberto Bossi aveva detto: “Ci avrei pensato 10 volte prima di allearmi con i 5 Stelle. Sono la vecchia sinistra extraparlamentare”. Senatùr per sempre.

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