In morte di un prete (di Igor Traboni)

 

di Igor TRABONI
Capo Redattore Il Giornale d’Italia

 

 

No, non lo conoscevo bene don Angelo: però aveva sempre un saluto, un ‘come va?‘, un sorriso. E ora scopro che i parrocchiani lo chiamavano proprio ‘il prete del sorriso‘.

Lo hanno trovato morto, a neppure 50 anni, riverso su una sedia nel suo ufficio. E lo immagino lì dentro, solo, fino a sera a compilare certificati, a far quadrare i conti delle bollette – le sue ma soprattutto di chissà quanti fedeli – dopo una giornata spesa senza soste, dall’alba.

Per formazione, per indole e ora anche un po’ “per lavoro”, ho conosciuto e conosco decine e decine di sacerdoti. Con molti, un’amicizia sincera. Che significa anche entrare nelle loro case, nei loro problemi. Non ho trovato mai una reggia, mai portafogli pieni (quando ce l’hanno, un portafogli…). Anzi, con tanti ho contato anche i pochi spiccioli della bussola. 1 o 2 centesimi, perfino qualche bottone, gettoni telefonici e quelli per le macchine da scontro.

E’ un affidarsi sempre alla Provvidenza, che non delude mai.

Li ho visti e li vedo fare lavori nelle chiese, e la gente mormorare che spendono soldi, “ma tanti loro li hanno“. Già, dovrebbero farle crollare le vecchie chiese, o dire alla gente di portarsi le sedie da casa. O una stufetta. Perché se rifai il riscaldamento “lo possono fare, hanno i soldi“.

Soldi che poi però neppure hanno per pagare le bollette. E allora organizzano una festa, una lotteria “così fanno altri soldi“.

E invece alla tomba qualche tempo fa ho accompagnato un prete che non si trovavano un paio di scarpe non dico nuove, ma almeno decenti, da mettergli. Morto in inverno, con le scarpe estive ai piedi.

Ma ai figli dei parrocchiani senza lavoro, le scarpe nuove non mancavano mai. E ci pensava lui. “Per forza, tanto i preti sono pedofili“.

Ecco, non vi mando al diavolo perché neppure il diavolo vi aprirebbe la porta.

E comunque, don Angelo, scusa se non abbiamo mai parlato un po’ di più. E se non ti ho sorriso come sorridevi tu.

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