Tre ciociari creano l’acquaponica: il web li finanzia, pure il grande chef

Pesci e piante: un binomio per produrre da soli ciò che si mangia. Una tecnica, l’Acquaponica, che utilizzavano gli antichi aztechi e su cui ha scommesso anche il maestro della pasticceria italiana Iginio Massari, puntando su una società tutta ciociara.

Anche il re della pasticceria italiana ne è rimasto conquistato, e se ci si ferma un attimo a riflettere non è neanche una sorpresa. Perché il maestro Iginio Massari è da sempre attento alle innovazioni: ha dei laboratori supertecnologici, dotati di strumenti ricercati, in quello che in rete è diventato il “decalogo del pasticciere” spiega che non bisogna lasciarsi sfuggire le più spericolate mode e le nuove tendenze della società, puntando su materie prime di qualità e processi di lavorazione all’avanguardia. Non deve stupire quindi che anche lui abbia scommesso sull’Acquaponica e sulle sue potenzialità: un settore per molti sconosciuto, che abbina la crescita di specie vegetali, in particolare ortaggi, erbe aromatiche od officinali, all’allevamento ittico.

Massari, considerato in Italia il “pasticciere per antonomasia” è uno di quelli che ha dato il suo contributo per aiutare a crescere un progetto innovativo che ha un cuore tutto ciociaro. Si chiama Ponics ed è l’idea che stanno portando avanti tra amici di Arpino, Sora e Ferentino: Simone Caporale, Massimo Spani e Marco Mastrangeli.

Puntano a soddisfare le esigenze di quei consumatori attenti alla tracciabilità e alla sicurezza degli alimenti, senza dimenticare la sostenibilità ambientale: insomma, cibo sano, sicuro, senza sprecare acqua. Caporale è il fondatore: in Ciociaria ci vive da anni, quasi venti, dopo aver girato un po’ tutta l’Italia, da Nord a Sud. Laureato in Scienze economiche e bancarie, manager di molte aziende nel territorio, ha incontrato nel suo cammino i cofondatori della s.r.l: insieme hanno deciso si scommettere sulla agritech, la tecnologia applicata all’agroalimentare. 

Sede a Roma, cervelli in Ciociaria; con un piede nella Capitale ed uno in provincia di Frosinone anche la società Profima che ha incubato Ponics. Un progetto innovativo sotto ogni punto di vista: per la mission, per i prodotti che si vogliono promuovere, per il modo che è stato scelto per raccogliere fondi, ovvero il crowdfounding. Scommettendo sulla piattaforma StarsUp: è così che i fondatori hanno raccolto 152mila euro, coinvolgendo nel progetto in tutto 38 ‘soci‘, tra cui appunto Iginio Massari.

È lo stesso Caporale a rivelarlo, spiegando che lo chef è anche un cliente, perché nelle sue cucine ha dei prodotti della Ponics. Il meccanismo, spiegato in termini molto molto semplici, consiste nell’utilizzare l’acqua degli acquari, in cui ci sono anche le deiezioni dei pesci, per coltivare piante in modo assolutamente naturale. Quell’acqua contiene una sorta di concime biologico e lì vengono immerse le radici delle piante (sempre in acqua oppure in fasi alternate acqua/aria), che assorbono i nutrimenti necessari alla crescita e la depurano. Acqua pulita che torna ai pesci.

È un sistema circolare. Ponics punta quindi a diffondere un lifestyle, una nuova cultura ambientale, che minimizzi gli sprechi, unendo tutto al design italiano. L’idea è quella di poter avere degli orti verticali in casa, anche quindi se non si abita in campagna. E più a lungo termine il progetto punta ancora più in alto: orti urbani, per i fruttivendoli del futuro, in modo che anche in città si possano gustare prodotti a chilometri zero, dal produttore (verticale) al consumatore. 

Gli immobili in città possono così diventare degli impianti di produzione agroalimentare acquaponici, con un occhio attento al design. Pensate per esempio al famoso bosco verticale di Milano: magari però non con piante ornamentali ma con pomodori, zucchine o melanzane. Per produrre ciò che si mangia da soli. 

In molti ci hanno già scommesso. E il progetto di Ponics, con un cuore ciociaro, va avanti.

(LDB)