Tradimenti, ribaltoni e… parricidi nella politica ciociara

CORRADO TRENTO
Ciociaria Editoriale Oggi

 

 

Il parricidio psicologico fa parte dello sviluppo normale di un individuo secondo alcune teorie psicoanalitiche. Per diventare adulti c’è bisogno di mettere in discussione regole e autorità della figura paterna. Un conflitto doloroso ma inevitabile. In politica succede spesso la stessa cosa, anche perché difficilmente chi detiene il “vapore” lo cede. In politica ci sono pure tradimenti, separazioni, divorzi. Anche in provincia di Frosinone. Basta ripercorrere alcuni episodi che hanno fatto…cronaca.

 

Fanelli – Ottaviani
A Frosinone, nel 1995, Paolo Fanelli fu il primo sindaco ad essere eletto direttamente dai cittadini. Sostenuto dall’allora Casa delle Libertà, al ballottaggio riuscì a battere Gianfranco Schietroma (centrosinistra) grazie al sostegno del Movimento Costituente di Nicola Ottaviani e Massimo Roscia. Dopo pochi mesi la frattura clamorosa con i leader dell’allora centrodestra, il senatore Romano Misserville e l’onorevole Riccardo Mastrangeli. I gruppi dei partiti si frantumarono e Ottaviani diede vita al Polo Costituente, blindando Fanelli. Ma niente è per sempre. Due anni dopo l’idillio si spezza ed è proprio Nicola Ottaviani ad attivare le dimissioni di massa che mandano a casa Fanelli. Naturalmente le accuse di tradimento politico sono reciproche.

 

Scalia – Gentile
Correva l’anno 1999 quando si doveva votare per le provinciali. Il presidente in carica era Loreto Gentile, espressione del Ppi. Ma con un colpo di mano degno della vicenda Letta-Renzi, un giovane e rampante segretario del Partito Popolare, Francesco Scalia, sparigliò le carte e alla fine fu lui a candidarsi e vincere. Iniziando il primo dei due mandati a Palazzo Iacobucci in piazza Gramsci. Loreto Gentile non disse una parola. Neppure a Scalia. Per molto tempo. Francesco Scalia non si fermò lì comunque: nella Democrazia Cristiana i primi passi li aveva mossi sotto lo sguardo attento dell’allora senatore Lino Diana, indiscusso leader dello Scudocrociato ma anche dei Popolari poi. Ad un certo punto, però, Scalia si staccò politicamente da Diana. Alla fine è stato proprio Scalia a prendere il posto di Lino Diana in un cursus honorum speculare: Regione prima e Parlamento dopo. Da ricordare anche, in tempi più recenti, il divorzio politico tra Francesco Scalia e Simone Costanzo, inseparabili per un lunghissimo periodo.

 

Pallone – Iannarilli
Nel centrodestra il divorzio politico più clamoroso è stato quello tra Antonello Iannarilli e Alfredo Pallone. Li chiamavano Sandokan e Yanez per la loro capacità di integrarsi nonostante le differenze. Per decenni, prima in Forza Italia e poi nel Pdl, hanno scalato tutte le posizioni possibili: Regione, Parlamento, Europarlamento. Poi però ad un certo punto la rottura. In tempi ancora più recenti il divorzio politico tra lo stesso Alfredo Pallone e Mario Abbruzzese all’interno di Forza Italia. Con il primo, Pallone, che ad un certo punto ha preso le distanze dagli “azzurri”, contribuendo alla fondazione dell’Ncd. Sembravano inseparabili, invece era…un calesse.

 

Foglietta – Ruspandini
Sempre nel centrodestra, come non ricordare il blitz portato avanti con successo da Fabio De Angelis e Massimo Ruspandini ai danni di Alessandro Foglietta nel 2009? Si votava alla Provincia e il Pdl era il partito unico del centrodestra (nato con la logica del predellino). Alessandro Foglietta, per anni incontrastato leader provinciale di Alleanza Nazionale, decide di sostenere il Terzo Polo di Domenico Marzi. Ma due “ragazzi terribili”, Fabio De Angelis e Massimo Ruspandini, gli mettono i bastoni fra le ruote e sono loro a portare “il popolo di Alleanza nazionale” dalla parte di Iannarilli. Una mossa decisiva per la vittoria finale. Oggi, per gli strani scherzi di un destino “cinico e baro”, Ruspandini e Foglietta si ritrovano insieme in Fratelli d’Italia.

 

Spilabotte – De Angelis
Chi invece si è affrancata dal padre politico è la senatrice Maria Spilabotte. A Francesco De Angelis deve molto, ma ad un certo punto ha preso la sua strada. Da sola. Senza litigare, senza forzature. Ma in modo determinato. Adesso a Roma “balla da sola”. E vuole continuare a farlo

 

Quelli che (ancora) non hanno perdonato
Ci sono alcuni episodi che rappresentano ancora delle ferite aperte dal punto di vista politico. Perché molto recenti.

Anno 2012, elezioni comunali di Frosinone. Il sindaco uscente è Michele Marini, ma il centrosinistra si divide e in campo scende anche Memmo Marzi, primo cittadino per nove anni. Qui il groviglio dei tradimenti (che ognuno rinfaccia all’altro) è inestricabile: Marini era stato per nove anni il “vice” di Marzi. I due da allora non si guardano neppure in faccia.

Con Marzi va anche Fabrizio Cristofari, allora segretario cittadino del Partito Democratico. Michele Marini non lo perdona e anzi giura vendetta. Ancora oggi quel problema non è stato superato.

C’è però un altro effetto collaterale: la spaccatura insanabile tra Michele Marini e i Socialisti di Gianfranco Schietroma. Lo scambio di accuse è al vetriolo. Nessuno chiede scusa. I rancori si moltiplicano.

Sarà un caso, ma da quel momento il centrosinistra comincia ad inanellare una serie lunghissima di sconfitte politiche.

Alle provinciali del 2014 un’altra situazione da “arsenico e vecchi merletti”. Il Partito Democratico esplode e si lacera. Francesco Scalia candida alla presidenza Antonio Pompeo e conclude un accordo con il Nuovo Centrodestra di Alfredo Pallone. Francesco De Angelis reagisce a muso duro, mette in campo il leader socialista Gianfranco Schietroma e avvia una trattativa per raggiungere un’intesa con Forza Italia. In quel di Gaeta il segretario provinciale del Pd Simone Costanzo e il leader “azzurro” Mario Abbruzzese raggiungono un accordo. Ma a poche ore dalla chiusura delle liste il ribaltone: Forza Italia si accorda con Scalia e Pompeo. Schietroma ritira la candidatura e al suo posto De Angelis non può far altro che designare Enrico Pittiglio.

Nel Partito Democratico volano gli stracci. Alle elezioni, con il voto ponderato, Pittiglio si batte come un leone, ma alla fine vince Pompeo. Ci vorranno due anni per ricucire (e nemmeno completamente) uno strappo profondo. Si sentono tutti traditi, come in una commedia di Goldoni. E il sipario non è ancora stato abbassato.

Lo spettacolo è destinato a continuare.
 

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