Arrivare primi o vincere La differenza è notevole (di C. Trento)

Cavalcare la protesta ha gonfiato le vele di Cinque Stelle e Lega, ma ora si tratta di governare e il senso di responsabilità devono dimostrarlo tutti. E, più in generale, c’è differenza tra arrivare primi e... vincere. Il Centrodestra intanto ricomincia dalle spaccature. Ed il Pd dai suoi eterni limiti

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

La campagna elettorale continua e chissà per quanto tempo ancora andrà avanti.

Prevale la tattica, non la strategia. Movimento Cinque Stelle e Lega stanno pensando seriamente all’ipotesi di nuove elezioni, per provare a “cannibalizzare” Pd e Forza Italia. Il Partito Democratico si è messo sull’Aventino e continua a ripetere che in questa legislatura il suo posto è all’opposizione. Silvio Berlusconi, fondatore e leader di Forza Italia, ha già detto chiaramente che o nel centrodestra c’è pari dignità, oppure Matteo Salvini può fare quello che vuole ma senza il sostegno degli “azzurri”.

E il governo? Appare lontano anni luce, eppure il voto è servito proprio per eleggere deputati e senatori, in modo che fosse il Parlamento ad individuare una soluzione. Per il Paese. E l’Italia non è la Germania: i mercati non aspetteranno sei mesi.

Cavalcare la protesta ha gonfiato le vele di Cinque Stelle e Lega, ma ora si tratta di governare e il senso di responsabilità devono dimostrarlo tutti. E, più in generale, c’è differenza tra arrivare primi e… vincere.

Per quanto riguarda la Regione Lazio, in settimana è circolata l’ipotesi di dimissioni di massa per impedire a Nicola Zingaretti di iniziare la consiliatura. L’idea, come lui stesso ha ammesso, è stata di Sergio Pirozzi, sindaco di Amatrice e ora anche consigliere regionale. I Cinque Stelle, attraverso una presa di posizione di Roberta Lombardi, si sono sfilati immediatamente.

Comunque la si veda, Nicola Zingaretti è stato confermato dagli elettori presidente del Lazio. Seppure con l’anatra zoppa, cioè con la maggioranza consiliare che è nelle mani delle opposizioni. Al plurale, perché ce ne sono tre: centrodestra, Cinque Stelle e Pirozzi.

Possibile che tutti fanno un gran parlare di popolo sovrano, di rispetto della volontà dei cittadini, di dovere di assicurare la governabilità, ma poi prevalgono sempre le tentazioni delle scorciatoie?

Naturalmente è tutto legittimo, ma in politica è l’opportunità che fa la differenza. La logica del “tanto peggio, tanto meglio” ha il fiato cortissimo.

 

Il centrodestra ricomincia dalle spaccature

Neppure il tempo di archiviare politiche e regionali ed ecco i soliti limiti delle coalizioni. Il centrodestra a livello locale non può che ripartire dalle candidature per le comunali. Si voterà in 15 centri, tra i quali Ferentino, Anagni, Fiuggi.

Si faranno le primarie? Non sembra. Si discuterà in modo unitario mettendo intorno allo stesso tavolo Forza Italia, Fratelli d’Italia, Lega, Noi con l’Italia e civiche? Difficile.

E allora? Il metodo sembra essere quello consolidato: fughe in avanti per cercare di mettere spalle al muro tutti gli altri. Ma così non si va da nessuna parte. Intanto Forza Italia inizia una fase nuova e la presenza del senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone all’analisi del voto di domani è indicativa. Non è una questione di risultato elettorale e neppure di eletti e di sconfitti.

Il punto è che gli “azzurri” hanno perso il contatto con il territorio prima che con la base. E non giocano da squadra ormai da anni. Fazzone vuole recuperare tutto questo.

A Ceccano, Frosinone e Cassino hanno vinto strategie e singoli. Ma non il centrodestra come coalizione. Il primo passaggio non può essere che quello del riconoscimento di una leadership condivisa ed ampia. Mario Abbruzzese, Nicola Ottaviani, Antonello Iannarilli e tanti altri sono delle risorse imprescindibili di Forza Italia. Ma devono essere disposti a giocare anche nel ruolo di mediano oltre che di centravanti.

 

Gli eterni limiti dei Democrat sul territorio

Davvero nel Pd e nel centrosinistra c’è qualcuno che ritiene che basta il passo indietro di Matteo Renzi per rimettere tutto a posto?

Intanto quella di Renzi è ancora una leadership fondata sul successo delle primarie. Ma il punto vero è che il Pd ha perso voti ed elettori. E se non vengono recuperati questi ultimi, andrà anche peggio.

I Democrat non sono più presenti in quelli che dovevano essere i loro punti chiave: il lavoro, la scuola, i giovani, il disagio sociale. Ad ogni livello. In provincia di Frosinone, poi, c’è un problema nel problema. E cioé che la classe dirigente è sempre la stessa.

L’unica novità, stante l’annuncio di Francesco Scalia di voler restare come semplice militante, è quella della leadership dell’area di Lotti. Si parla di Antonio Pompeo.

Ma in Ciociaria il Pd non fa autocritica. Mai. Non dopo le sconfitte alle comunali (Cassino, Frosinone, Ceccano, Sora), non dopo le dimissioni di massa ad Anagni, non dopo le politiche, non dopo le tante persone che sono andate via. Non dopo i recenti campanelli d’allarme che stanno suonando ancora nel gruppo consiliare del capoluogo.

Dove, per esempio, non c’è più l’asse tra Angelo Pizzutelli e Alessandra Sardellitti. D’altronde per cinque anni si è atteso invano un summit per ricucire lo strappo tra Domenico Marzi e Michele Marini. Il Pd non impara dalle molteplici sconfitte a raffica.

 

Il centro storico e il ruolo del Consiglio

Da decenni si parla della necessità di rilanciare il centro storico di Frosinone. Saltando completamente il ragionamento principale: al centro storico mancano innanzitutto i residenti di un tempo. Sono andati via in tanti in questi anni. Perché il baricentro della città si è spostato. Non c’è più il Tribunale per esempio. Per non parlare della Banca d’Italia, di molti negozi e di tutto il resto.

Si è parlato di tutto e del contrario di tutto, ma in realtà la domanda è una sola: il consiglio comunale, nella sua interezza, può porre il tema del rilancio del centro storico all’ordine del giorno?

Così come non si capisce perché non si affronti in aula il tema di un Piano traffico nuovo e aggiornato.

Discutendo anche, magari, di un piano parcheggi. Più di qualcuno pone il tema della centralità del consiglio comunale.

Vero che le riforme degli ultimi decenni hanno in effetti aumentato le competenze della giunta. Però l’iniziativa politica è rimasta.

Magari è arrivato il momento di mettere sul piatto programmi e proposte. O no?

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