I tubi che tengono vivo Daniele e quelli che corrono per finire come lui

Senza Ricevuta di Ritorno. La ‘Raccomandata’ del direttore su un fatto del giorno. Assembramenti davanti alla Asl per essere vaccinati. Arrivano i carabinieri. E scopri che è la gente che arriva prima: perché non sa cosa sia un appuntamento

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Daniele Delpin è un imprenditore: ha poco più di cinquant’anni ed una decina di giorni fa gli hanno diagnosticato il Covid. Lo ha aggredito in maniera violenta, tanto da mandarlo nell’ospedale San Jacopo di Pistoia. Il virus gli ha attaccato entrambi i polmoni, consumandoli in fretta, rendendogli sempre più difficile respirare. È stato necessario attaccarlo all’ossigeno.

Una foto postata sulla sua bacheca Facebook lo ritrae avvolto dai tubi. Quelli piccoli. Che ti entrano nel naso e ti aiutano a respirare, togliendoti quella sensazione di affogare anche se non c’è acqua che ti circonda e ti avvolge. Non deve essere una bella sensazione la fame d’aria. Soprattutto se hai cinquant’anni appena, sei nel pieno delle forze, fino a pochi giorni prima hai portato avanti un’attività ben avviata.

Daniele Delpin

Per la prima volta Daniele ha visto il bivio tra la vita e la morte a non troppa distanza da lui. Non credi mai di dover morire, nemmeno se lo metti in bilancio. Così, Daniele, ha preso lo smartphone e sistemato le ultime faccende: un abbraccio agli amici che non hai avuto il tempo di salutare, una carezza a chi ora rischi di non poter più sfiorare.

Non succede niente” ha scritto quasi per darsi coraggio il 25 febbraio scorso. Già ma se poi succede? Se succede che la situazione non migliora e quel bivio lo devi imboccare? “Ma se succedesse vorrei salutare tutti prima. E dire che ce l’ho messa tutta per essere una brava persona con tutti i miei limiti e difetti. Mi scuso con chi non ci sono riuscito. Ora ha da passà a nuttata”.

‘A nuttata ha passata ma nunn’è bastat’. Così nei giorni successivi Daniele continua a non respirare bene. Sempre peggio. Appare in un secondo selfie: questa volta è a pancia in giù, sempre aggrappato ai tubi che lo avvolgono e questa volta sono più grandi. “Sono ancora in terapia intensiva, questi polmoni ancora non vogliono ripartire da soli. Non mollo”.

La gente, presentandosi in anticipo, crea gli assembramenti

A Frosinone invece si continua a correre per finire su quel letto. Continuando a fregarsene delle norme per prevenire il contagio. Come stanno facendo quelli che invece di rispettare l’orario dell’appuntamento per la vaccinazione si presentano due ore prima alla Asl e creano la folla. Non sanno cosa sia un appuntamento, non sono abituati a rispettarlo, sono abituati che se vai prima ti servono prima.

Sono dovuti intervenire i carabinieri per dirgli che ci si presenta all’ora scritta sul foglio e non prima.

Come loro corrono verso il letto di rianimazione anche gli accompagnatori di tanti anziani: alla Asl ogni mezzo metro c’è scritto che gli accompagnatori non possono entrare nell’area vaccinale. Invece stanno tutti dentro.

Meglio non parlare dei riti tribali che dopo avere ammazzato il maiale prevedono di mangiare tutti dallo stesso piatto e bere tutti il vino dallo stesso bicchiere. Chiaro perché siamo zona rossa?

I numeri di oggi non lasciano spazio ad interpretazioni. In tutta la provincia di Frosinone sono rimasti liberi 3 posti letto in Terapia Intensiva e 2 in Sub Intensiva. Se continuiamo così non resteranno vuoti ancora per molto. Non a caso, a Cassino hanno già dovuto trasformare un intero reparto e da Geriatria è diventata un’altra ala del Covid Hospital. (Leggi qui Covid, scintille Ottaviani – D’Amato su letti e vaccini).

Tanti auguri Daniele. la tua è un’altra storia.

Senza Ricevuta di Ritorno.

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