Turriziani contro le politiche sullo smog: “Colpa dei riscaldamenti, non di auto e aziende”

Foto: © Stefano Strani

Il nuovo affondo degli industriali alla politica. Le iniziative contro lo smog? Colpiscono i bersagli sbagliati. Ispra e Arpa dicono che la colpa è delle caldaie, non di auto e ciminiere. I numeri. Le conferme dalle altre Regioni. Che hanno attuato un protocollo. Nel Lazio è rimasto sulla carta

L’obiettivo è giusto. Ma la strategia è sbagliata. Gli industriali scendono in campo un’altra volta per correggere la politica. Lo avevano già fatto il mese scorso: mettendo a nudo il nulla realizzato per la bonifica della Valle del Sacco, denunciando le ripercussioni nello sviluppo industriale e per i posti di lavoro. Ora il secondo intervento: firmato ancora una volta a nome della categoria dal presidente di Unindustria Giovanni Turriziani.

Devastante per la politica. Esatamente come nel primo intervento. Giovanni Turriziani oggi ha detto che si sta sbagliando la strategia con cui combattere lo smog nell’aria di Frosinone. Una strategia non soltanto errata ma oltretutto dannosa. Perché sta prendendo di mira i bersagli che non sono i responsabili dei veleni. Per Turriziani la colpa non è tanto delle auto, nemmeno tanto delle industrie. Ma delle migliaia di caldaie dei riscaldamenti del tutto obsolete o fuori controllo.

Le caldaie responsabili dello smog più delle auto se non controllate. Foto © Can Stock Photo / gajdamak

Non è una difesa d’ufficio del comparto industriale. Lo dicono i numeri. A partire da quelli dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Arpa Lazio rileva che nella centralina di Frosinone scalo sono stati registrati 50 sforamenti dei limiti di smog nel periodo dal 1° gennaio al 4 dicembre di quest’anno. Nello stesso periodo del 2005 (dal 1° gennaio al 4 dicembre 2005) i superamenti registrati erano stati 102. Mentre lo scorso anno se ne contavano 60, sempre al 4 dicembre. 

Funziona tutto ma…

Unindustria legge questi dati come il risultato positivo degli sforzi messi in campo negli ultimi anni. Hanno prodotto importanti risultati, fornendo un quadro della qualità dell’aria in costante miglioramento. 

Il trend viene confermato dai dati forniti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Ispra nell’ultimo “Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano” circa lo stato della qualità dell’aria di 120 città italiane, riconosce un risultato eccellente per Frosinone. In pratica, il quadro delle emissioni in aria nel Comune di Frosinone è radicalmente cambiato dal 2005 al 2015, ultimo anno analizzato.

Nel complesso c’è stata una riduzione del 27% delle tonnellate di PM10 emesse nei 10 anni considerati. Ma…

C’è stata una significativa evoluzione del “contributo delle diverse fonti di emissione“. Significa che qualcuno ha smesso di inquinare, qualcuno ha ridotto di molto lo smog lanciato in aria, altri non hanno fatto nulla.

Chi avvelena non la nostra aria

Il contributo del trasporto su strada, ad esempio, si è ridotto passando dal 41.5% nel 2005 al 27.7% nel 2015. I camion e gli autobus hanno abbattuto le polveri prodotte dai loro motori. Merito dei nuovi modelli e delle normative europee più stringenti.

Lo smog emesso dalle ciminiere è stabile all’11% Foto © Can Stock Photo / ekays

Al contrario, il riscaldamento domestico ha visto un importante incremento delle proprie emissioni. Le caldaie ed i camini sono passati dal 29.3% al 56.6%, diventando, di gran lunga, la fonte di emissione più impattante quando si parla di PM10.

Il ruolo dell’industria, invece, resta dov’era: ferma all’11% circa. Perché una parte ha cessato l’attività e quindi ha smesso di produrre fumi. Chi ha aperto è stato vincolato ad una normativa severissima ed ha apportato poca roba. Le nuove regole hanno introdotto sistemi di filtraggio più moderni ed efficaci che sono stati adottati da tutti quelli che sono rimasti. Alla fine i numeri si compensano.

Turriziani, basta slogan

I dati diffusi da Ispra – commenta il Presidente Giovanni Turrizianidevono spingere tutti ad inquadrare in modo corretto un tema che è stato oggetto di facili slogan. I Comuni possono applicare tutti i blocchi del traffico, così come gli enti preposti potranno bloccare ogni autorizzazione industriale, ma senza adottare misure per le emissioni prodotte dal riscaldamento domestico, a cominciare dalle caldaie a biomassa, i dati non potranno mai migliorare al di sotto di una certa soglia massima. Per migliorare ancora servono altre misure che non riguardino l’industria o la circolazione”.

Un altra conferma arriva dalle Regioni del Nord d’Italia. Si sono mosse in questa direzione il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Lombardia ed il Piemonte. Già nel 2017 hanno siglato un Accordo di Programma con il quale si sono impegnate ad adottare misure straordinarie per migliorare la qualità dell’aria nel Bacino Padano.

Dopo le parole, i fatti

Giovanni Turriziani, Foto: © Stefano Strani

C’è una differenza sostanziale con il nostto territorio. Giovanni Turriziani la mette in evidenza. “Agli impegni presi, le Regioni firmatarie hanno fatto seguire i fatti. Hanno modificato i rispettivi Piani di risanamento della qualità dell’aria. In pratica hanno applicato le misure previste nell’Accordo“. Lombardia ed Emilia Romagna, ad esempio, hanno imposto il divieto, a partire dal 2020, di continuare ad utilizzare caldaie e stufe a biomassa con una classe emissiva inferiore a “3 stelle”. Sempre la Regione Lombardia ha poi emanato una deliberazione disponendo il divieto totale di combustione di residui vegetali nei territori al di sotto dei 300 metri, per tutelare, appunto, la qualità dell’aria”.

Anche la Regione Lazio, lo scorso anno, ha stipulato con il Ministero dell’Ambiente un Accordo di programma. Si è impegnata ad adottare misure specifiche per contenere le emissioni anche dalle caldaie e dalle stufe presenti nelle case. “Ad oggi, però, siamo ancora in attesa degli atti formali che recepiranno e renderanno prescrittivi gli impegni presi“. Di fatti, a differenza delle Regioni del Nord è rimasto tutto sulla carta.

Giovanni Turriziani dice che “Sarebbe opportuno che, nel Lazio ed in particolar modo nella nostra valle, l’operatività di alcune misure venga anticipata. Innanzitutto quelle che riguarderanno il divieto di utilizzo delle caldaie a biomassa più impattanti. Andrebbe anticipata rispetto al 2022, termine attualmente previsto dall’accordo“.