Tutte le volte che l’angelo ci tocca

Elia era un grandissimo profeta. Ma all'improvviso nessuno volle più ascoltarlo. E lui si lasciò andare. Fino a quando un angelo... Ma chi sono gli angeli? Che ci parlano e ci sfiorano ogni volta che c'è bisogno. Possiamo ignorarli e fare di testa nostra. ma il loro compito è parlarci

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

«…ecco che un angelo lo toccò e gli disse: «Àlzati, mangia!» (Re 19, 5)

Quante volte siamo stati toccati come Elia: il grande profeta ha subito tante delusioni, pensa di non essere più in grado di compiere la sua missione. È disperato, rassegnato, vuole farla finita. Nessuno gli crede più anche se lui ha sconfitto tutti i profeti di Baal, lui da solo contro tutti.

La gente ha scelto divinità più convenienti: pensa al denaro piuttosto che a Dio.  I soldati del re lo cercano per ucciderlo. Decide allora di lasciarsi morire, quand’ecco sente che qualcuno gli tocca una spalla: “Dai, mangia”. E poi il giorno dopo, mentre la disperazione e la depressione riprendono a farsi strada nel suo animo, ancora quella mano che lo tocca e gli dice di alzarsi.

È sufficiente fermarsi un poco per ricordarsi le volte in cui anche la nostra spalla è stata toccata. Una parola di incoraggiamento, un invito a riprovarci. Quelli sono gli angeli che ci vengono mandati: sono i messaggeri, a volte inconsapevoli, con i quali Dio ci rimette in cammino, ci evita di fare stupidaggini, ci ferma la mano un momento prima di commettere una sciocchezza.

Liberi di dire No all’angelo

Certo, possiamo anche non dargli retta. Possiamo comportarci come Pinocchio e spiaccicare sul muro la nostra coscienza, con il duro martello della nostra protervia. Possiamo cacciare via l’angelo che ci tocca la spalla: è lo splendore della nostra libertà, capace di rifiutare anche il bene, di renderci giudici unici della nostra sorte.

E proprio di fronte all’abisso grandioso del libero arbitrio che Dio ci offre la sua misericordia, in tanti modi, in tante occasioni. Consapevole di come il nostro Io sia capace di ingannarci, di farci impazzire  in un delirio di onnipotenza che ci impedisce di pensare, di ragionare, di tornare in noi stessi.

L’evangelista Luca sintetizza tutto questo nell’immagine del figlio cosiddetto prodigo che pensa alla casa in cui vive ad una prigione e se ne allontana fin quando le dure vicissitudini dell’esistenza lo costringono a tornare in sé.

Ecco gli angeli fanno questo, ci toccano e ci parlano, ci fanno tornare in noi stessi.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).