Tutti divisi alla festa grande di Pompeo

Cosa è accaduto davvero durante l'iniziativa di Antonio Pompeo. Che segna l'avvio del suo percorso verso la candidatura in Regione. Il Pd era tutto presente. Ma ognuno in un punto diverso. A segnare le tensioni che ancora oggi attraversano il Partito. E c'è pure chi non è andato. La missione di Leodori per la ricucitura. E riportare l'unità in vista del voto

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

L’istantanea che fotografa il malessere del Partito Democratico è scattata nel parco delle Terme di Pompeo a Ferentino. Serve il grandangolo per catturare i volti di tutti: ma l’immagine che restituisce quello scatto è un trattato di politica.

Il coordinatore della maggioranza in Regione Mauro Buschini è seduto a due sedie di distanza dal leader Francesco De Angelis. Entrambi sono nel settore opposto a quello in cui siede il consigliere regionale Sara Battisti che sta accanto al Segretario provinciale Luca Fantini e non al Segretario Regionale Bruno Astorre. A distanza più o meno uguale da tutti c’è l’ex presidente nazionale Matteo Orfini che oggi è il deputato delle province di Frosinone e Latina. Sul palco, di fronte a tutti loro e a poco meno d’un miglio di ospiti ci sono il presidente della Provincia Antonio Pompeo ed il vice presidente della Regione Lazio Daniele Leodori.

Non sono i tempi di Leonid Il’ič Brežnev e nemmeno quelli di Jurij Vladimirovič Andropov, non è il tempo delle parate sulla Piazza Rossa di Mosca con i cremlinologi a decifrare le dinamiche dell’impenetrabile Partito Comunista Sovietico. Oggi a Ferentino ognuno si siede dove gli pare. Ma quell’immagine spiega la situazione meglio di qualunque parola.

Sul palco

Sul palco c’è Antonio Pompeo che traccia il bilancio dei suoi dieci anni alla guida di Ferentino e dei due mandati da Presidente della Provincia di Frosinone. Entrambi sono agli sgoccioli. Lui si dimetterà nelle prossime settimane tagliando il cordone cn qualche settimana d’anticipo. Lo farà per candidarsi al Consiglio Regionale del Lazio: non lo dice per rispetto del Partito, la decisione deve prenderla la Direzione provinciale e poi essere ratificata da quella Regionale. Ma è un dato di fatto.

Con lui c’è Daniele Leodori: non è ancora il candidato Governatore del Lazio. La decisione deve essere presa dalla Direzione Regionale e poi ratificata dal Nazionale. Ma da dieci mesi sta girando in lungo ed in largo la regione: intesse alleanze sui territori, dialoga con i sindaci, una fetta dalle radici centriste del centrodestra è pronta a saltare la staccionata e seguirlo con una civica se il candidato sarà lui. Ormai non è più l’uomo di Area Dem ma è il candidato dei territori, dei sindaci, delle città. Al Nazionale hanno paura di un Pd che parte dalla base: è il vero rischio per la candidatura di Leodori.

Sul palco ci sono anche due testimonial. Vengono a benedire la (disponibilità alla) candidatura del leader provinciale di Base Riformista, l’area degli ex renziani rimasti nel Partito Democratico. Sono il sindaco di Firenze Dario Nardella ed il presidente della Provincia di Ravenna nonché sindaco della città emiliana e numero uno dell’Unione Province d’Italia Michele De Pascale

Le seconde file

Nelle seconde file ci sono una quindicina di sindaci più i consiglieri e gli assessori di altrettanti Comuni e forse di più. C’è l’ex Segretario Provinciale Simone Costanzo oggi sindaco di Coreno Ausonio, c’è il sindaco di Castelnuovo Parano Oreste De Bellis con i colleghi di Serrone, Piglio e Sgurgola. Con loro siede l’ex presidente del Cosilam Marco Delle Cese.

Ci sono i non allineati come il sindaco civico di Sora Luca Di Stefano che ha un vicesindaco Pd. E che viene indicato in questa fase come l’ideale punto di sintesi per la successione a Pompeo: perché rappresenta quel mondo al quale i Dem vogliono aprirsi per tornare ad essere competitivi; e perché è del tutto estraneo alle correnti del Partito.

C’è il sindaco di Isola del Liri Massimiliano Quadrini che insofferente ad un Pd nel quale non trovava spazi se n’è andato nel polo centrista formato da Azione e Italia Viva.

Il fronte di Cassino

Buschini, Stefanelli, De Angelis

Non c’è il sindaco di Cassino Enzo Salera. Ha mandato il suo fidato consigliere Edilio Terranova con l’assessore Maria Concetta Tamburrini. Soprattutto il capogruppo Gino Ranaldi. L’assenza di Enzo Salera è un chiaro segnale ad Antonio Pompeo, a Francesco De Angelis ed al Pd così com’è oggi. Perché? Salera ha spinto sull’acceleratore ed eletto Gino Ranaldi in Provincia, De Angelis e Pompeo l’hanno lasciato senza un cencio di incarico: per far capire a Salera che nel Pd non ha peso.

Il sindaco di Cassino sta aspettando il momento giusto per restituire la cortesia: è stato l’unico a non voler sottoscrivere la candidatura di Francesco De Angelis alla Camera, l’unico ad esultare con un comunicato per la rinuncia fatta dal leader dopo il movimentato dopocena di Frosinone finito sulle cronache. Ora sta aspettando al varco anche Pompeo.

Non è un caso che Daniele Leodori ieri sera fosse anche a Cassino per l’inaugurazione della nuova piazza con tanto di fontane artistiche che hanno iniziato a dare un’anima urbanistica al freddo razionalismo della città. Una piazza realizzata con i fondi della Regione Lazio, per la quale Enzo Salera ha ringraziato solo il vice presidente Leodori facendo capire che nessun altro ne ha il merito. Checché ne dicano i comunicati stampa.

Le prime file

Daniele Leodori è andato a Cassino anche per ricucire tra Enzo Salera ed il resto del mondo Dem. Sa benissimo che la forza del Pd sta nelle sue differenze e nelle mille sensibilità al suo interno. Ma se non vengono governate rischiano di diventare lacerazioni. Ed in questo momento storico è esattamente quello di cui il partito non sente il bisogno.

Un altro tentativo di governare le differenze interne lo aveva compiuto nei mesi scorsi Francesco De Angelis, rasserenando il clima nella sua componente ultra maggioritaria Pensare Democratico. L’apoteosi erano state le centinaia di persone riunite a Villa Ecetra a Patrica pochi giorni dopo la piena assoluzione del sindaco di Allumiere chiesta direttamente dai magistrati dell’accusa. Era la dimostrazione che né la Regione Lazio né il suo presidente d’Aula Mauro Buschini avevano compiuto illegalità.

Quel giorno Francesco De Angelis aveva abbracciato pubblicamente Mauro Buschini. Da libro Cuore le parole di Sara Battisti che con lui cinque anni fa aveva vinto le regionali unendo le rispettive forze e preferenze. La Cronaca nei mesi successivi ha rivelato che quel giorno invece è accaduto di tutto dietro le quinte. Perché Buschini aveva invitato a Patrica Daniele Leodori. Mentre l’ordine dato da Roma a De Angelis era di spostare le truppe sull’ex presidente della Provincia Enrico Gasbarra.

La via per l’unità

Nardella, Astorre e Pompeo

Nasce lì la frammentazione della prima fila all’evento di Antonio Pompeo. E dalla violenta discussione durante la cena diventata celebre per il finale chiassoso, sul quale è stato montato un teatro mediatico nel quale il Pd ha pagato il biglietto.

Buschini a quella cena non c’era: era la vittima sacrificale, riveleranno poi gli eventi. Buschini è convinto che dietro al ventilatore che per mesi lo ha riempito di fango sulla storia di Allumiere ci fosse anche gente vicina al Pd. Battisti è convinta che a montare il teatro sulla cena alla quale lei era presente ci sia stata gente del Pd: l’ha detto al Corriere della Sera ed ha chiesto una discussione al Regionale. Francesco De Angelis sa che torti e ragioni non stanno mai da una sola parte. Come in tutte le buone famiglie.

La via d’uscita può essere una sola: ognuno corre per sé, ognuno crea la sua alleanza; se Buschini e Battisti sapranno ricucire ripeteranno il tandem; se Pompeo saprà costruire l’alleanza che prospettava con Battisti sarà una partita diversa; ognuno dovrà giocare la sua partita. Se ne salverà uno solo in caso di sconfitta del centrosinistra alle prossime Regionali, si salveranno tutti in caso di vittoria. Perché? Daniele Leodori e Bruno Astorre hanno stabilito che i posti saranno tre: due in Aula ed uno in Giunta.