Tutto come da copione: il vertice Pd-M5S si blocca

Foto © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Lo stop alla trattativa M5S-Pd per un accordo che nessuno dei big vuole. Rinviata la direzione Pd. Di Maio: "Pd confuso, senza si a Conte inutile vedersi". Calenda: "Spettacolo indecoroso". Bonifazi: "Meglio il voto"

Tutto come da copione: il Pd di Nicola Zingaretti non smania per fare l’accordo con il Movimento 5 Stelle e preferirebbe andare alle urne, ma mezzo Partito gli chiede il contrario; il M5S di Luigi Di Maio non smania per fare l’accordo con il Partito Democratico e vorrebbe tornare tra le braccia del vecchio alleato, ma una parte autorevole del Partito gli chiede di fare il contrario. La Lega di Matteo Salvini voleva andare alle urne, non gli è riuscita subito: una parte del Partito smania per tornare indietro ed una parte per andare al voto.

Morale della favola: l’incontro di oggi alle ore 11 tra Pd e M5S non si tiene. Almeno per ora: perché l’orizzonte cambia di continuo in questa pazza crisi d’agosto.

A stoppare la trattativa è stato Luigi Di Maio. Il pretesto è che «Senza un sì ufficiale a Conte è inutile vedersi, sono stanco dei giochini». Il capo politico del MoVimento lo ha detto in nottata una volta terminato l’incontro a Palazzo Chigi. (leggi qui Verso il governo M5S – Pd. Zingaretti resta in Regione) Nel pomeriggio inizia nel secondo giro di consultazioni al Quirinale, Pd e Cinque Stelle verranno sentiti dal Capo dello Stato domani nel tardo pomeriggio. Hanno tempo fino a quel momento per trovare una soluzione. Oppure si andrà al voto.

La situazione è in salita. Come testimonia la dichiarazione ufficiale dettata poco fa dal Movimento 5 Stelle.

In una fase cosi delicata per il Paese non c’è tempo da perdere. Noi stiamo lavorando intensamente per dare risposte immediate ai cittadini. E dobbiamo sbrigarci perché il tempo stringe.

Nel Partito Democratico, però, hanno ancora le idee confuse. Predicano discontinuità ma ci parlano solo di incarichi e di ministeri, non si è parlato ne di temi ne di legge di bilancio. 

Così non va proprio bene. 

Ieri dopo 4 ore di incontro non si è arrivati a nulla. Così non si può lavorare. O si cambia atteggiamento o è difficile. 

Rivedremo il Pd quando nei loro organi di partito avranno dato l’ok all’incarico a Conte. 

Nessun altro incontro fino a quando non avranno chiarito ufficialmente la loro posizione su Giuseppe Conte. Se si vuole il voto lo si dica apertamente. 

Il M5S è la prima forza politica in Parlamento, lo ricordiamo a tutti.

War Room alle 16

Il Pd non si fa impressionare. E rinvia la Direzione che doveva confrontarsi sugli sviluppi della crisi di governo. la riunione era prevista per le ore 18 di oggi. È stata aggiornata a domattina alle 10.

Poi l’attacco frontale. «L’accordo di governo rischia di saltare per le ambizioni personali di Luigi Di Maio che vuole fare il Ministro dell’Interno e il Vicepremier. Su questo non sente ragioni e va avanti a colpi di di ultimatum».

In un comunicato, il Pd annuncia che alle 16 riunirà il suo gabinetto di guerra. Un solo tema al centro dell’incontro: “Decisioni conseguenti alla crisi di governo, anche a seguito della cancellazione, da parte della presidenza del Consiglio, dell’incontro previsto questa mattina”.

Il Pd fa sapere che il seguito dell’incontro notturno tra il segretario nazionale Pd Nicola Zingaretti con il suo vice Andrea Orlando, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ed il capo politico del M5S Luigi Di Maio è stato annullato con una telefonata da Palazzo Chigi. Il capogruppo a Montecitorio Graziano Delrio dice “Il dialogo è stato bruscamente interrotto e non capiamo perché, speriamo di riprendere”.

Bonifazi: Di Maio al Viminale? Meglio il voto

I malumori ci sono anche nelle file Dem. «Sono uno serio e responsabile. Credo al Governo Istituzionale. E mi va bene anche Conte. Ma se devo accettare Di Maio al Viminale, per me si può andare a votare subito» ha scritto su twitter il senatore renziano Francesco Bonifazi.

È contrariato l’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda. Anche lui affida ai social la sua amarezza. «Sono stato zitto fino all’inizio delle consultazioni. Ma ora basta. Lo spettacolo è indecoroso. Oggi iniziano e noi stiamo prendendo da giorni schiaffi da Di Maio e soci. C’è un democratico rimasto che si ribelli ai diktat su Conte e a un negoziato che non ha toccato un tema vero?». Il riferimento è a temi come l’Ilva, il futuro di Alitalia, il reddito di Cittadinanza, i progetti Tap e Tav. 

 

Rotondi: così si sciolgono le Camere

Per il vicepresidente dei deputati di Forza Italia Gianfranco Rotondi «Il presidente Mattarella sta vivendo una condizione decisamente particolare. Coloro che criticavano l’interventismo politico del presidente Giorgio Napolitano oggi dicono che Sergio Mattarella dovrebbe osare di più. Mi pare assurdo».

La previsione del deputato è che «Il capo dello Stato, non dovesse ricevere sufficienti assicurazioni per una soluzione positiva della crisi, non avrà alcun timore a sciogliere il Parlamento e ad andare a nuove elezioni. Chi pensa di mollare a lui la patata bollente della crisi lo conosce poco».

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